Soia sempre più strategica.
Soprattutto quella bio.
I prezzi infatti volano, sostenuti dalle incertezze innescate dalla crisi geopolitica. Ma anche dalle certezze di una domanda attenta ai temi della sostenibilità e dell’origine e che, per i trasformati certificati bio, rifiuta le varietà ogm di provenienza americana. E se non basta il mercato, ci pensa la Pac a mantenere un occhio di riguardo nei confronti di una coltura azotofissatrice, fondamentale per la sostenibilità delle rotazioni agrarie.
L’occhio di riguardo di Bruxelles
Per dare coerenza al piano proteine allestito dall’Unione europea (la dipendenza del Vecchio continente dall’import è superiore al 75%), nel pacco della prossima Politica agricola comunitaria post 2022 i soicoltori troveranno infatti la sorpresa di un aumento consistente degli aiuti accoppiati, con un massimale nazionale che viene più che triplicato (da 9,2 a 31,9 milioni di €), per un pagamento stimato di 120 €/ha e l’ulteriore vantaggio di non avere più limitazioni di superfici. L’aiuto potrà essere cioè corrisposto, anche alle aziende che coltivano soia fuori dal triangolo vocato del triveneto, determinando un atteso incremento delle superfici. Attenzione però ad impiegare al meglio la corretta tecnica colturale, soprattutto in regime di agricoltura biologica.
Il trend commerciale
«La soia – spiega Michele Galazzo, responsabile tecnico di Agricola Grains – è decisamente una leguminosa interessante per le rotazioni bio, sia sotto l’aspetto commerciale che agronomico». La realtà con sede ad Arre (Pd), leader nello stoccaggio e trasformazione di cereali, proteiche e semi oleosi bio, è al centro di iniziative di filiera per valorizzare anche l’utilizzo agroindustriale della soia bio. «Negli ultimi anni – continua Galazzo – il favorevole trend commerciale ha consentito di posizionare questa coltura tra le più redditizie per gli imprenditori agricoli». «Ciò grazie alla crescente richiesta dei prodotti derivanti dalla trasformazione del seme, quindi sia di panelli destinati agli utilizzi feed che di olio per il food».
Il comparto agroindustriale si basa infatti fortemente su questa fonte proteica, destinata ancora per molto tempo a interpretare un ruolo rilevante nel nostro settore.
La corretta tecnica
Agronomicamente la soia si presta molto bene alla gestione biologica. «Occorre però rispettare – mette in guardia Galazzo – alcuni accorgimenti tecnici per ottenere ottimi risultati di produzione». Un’attenzione che va curata sin dal primo step.
Nella scelta varietale conviene infatti dare precedenza ai gruppi di maturazione 1- (uno meno, ciclo medio precoce) che risultano i più adatti per la coltivazione bio, presentando un buon compromesso tra le esigenze di maturazione e di produzione (umidità ottimale per la raccolta e buona quantità produttiva).
Dai percorsi tecnici messi a punto da Agricola Grains emerge che nella semina conviene adottare una densità pari a 75 cm tra le righe stringendo sulla riga fino a 3 cm per consentire una più efficace gestione delle malerbe con la sarchiatura senza sacrificare le rese, che rimangano di un buon livello se si adottano varietà che ramificano e di conseguenza presentano una maggiore attitudine a produrre. Coniugando in questo modo sostenibilità ambientale ed economica.
Il fattore acqua
Falsa semina, strigliatura e sarchiatura con dispositivi adatti ad una lavorazione molto vicina alla coltura principale (lavorazione sulla fila) sono azioni fondamentali che l’agricoltore deve attuare per questa coltura a ciclo primaverile-estivo.
L’elemento che può risultare più limitante è la disponibilità idrica, soprattutto nella fase di prefioritura e di formazione dei baccelli, fasi colturali estremamente delicate per la futura produzione.
Tali esigenze implicano che l’azienda che vuole gestire questa leguminosa debba essere strutturata per effettuare opportune irrigazioni durante queste fasi critiche.