La Valle dei Laghi per le sue caratteristiche di una ricca biodiversità si presta in modo particolare per la produzione di uva e mele con il metodo biologico. Sfruttando queste caratteristiche i cugini Marco e Stefano Pisoni, fin dal 2008 hanno certificato come biologica la loro azienda viti-frutticola a Pergolese, frazione di Lasino (Tn). Inoltre, il vino frutto dell’uva prodotta (che è la coltura predominate con nove ettari dedicati sugli 11 totali della tenuta), viene tutto incantinato, invecchiato, imbottigliato e commercializzato direttamente dai Pisoni. Questo ha permesso negli anni di registrare un notevole cambiamento dell’interesse dei consumatori a questi prodotti ottenuti con metodo sostenibile per eccellenza qual è appunto il biologico. Ma loro sono andati oltre, arrivando fino al biodinamico.
Meno volumi ma il reddito c'è
«Certo l’approccio alla coltivazione è completamente diverso dall’integrato – precisano i cugini – ci vuole molta più attenzione, sia per i costanti controlli in campagna che per i trattamenti che devono assicurare sempre la copertura preventiva solo con rame e zolfo. Poi ogni anno è diverso dal precedente – sottolineano i Pisoni – ma abbiamo dimostrato che produrre bio è conveniente innanzi tutto per la nostra salute poi per l’ambiente e non ultimo anche per la sostenibilità economica. Pur producendo fra il 30 e il 50% in meno come volumi, il biologico riesce a dare un reddito e ettaro paragonabile con quello dell’integrato. Oggi il consumatore più attento non ha problemi a spendere qualcosa in più per un vino biologico». Ecco, il tema della qualità: «Il vino bio ha delle caratteristiche decisamente migliori – afferma Stefano Pisoni – è un vino più buono, più salubre più pulito».
Vendite salve con l'online
«Sul piano commerciale – informa Marco Pisoni – causa pandemia la situazione è cambiata decisamente, basta fiere e visite a clienti, la maggior parte delle vendite, salvo quelle fatte in azienda che corrispondono al 25% circa, avvengono in digitale. Anche sui mercati esteri grazie al digitale riusciamo ad entrare anche noi piccoli, le vendite all’estero sono passate in pochi anni dal 20 al 40%. Ottimo l’interesse nei Paesi del Nord Europa, ma anche negli Stati Uniti abbiamo dei clienti molto interessanti al vino biologico».
E le prospettive future? «Per il futuro siamo ottimisti – confessano convinti i Pisoni – la realizzazione in zona del biodistretto “Valle Laghi” è stata una scelta molto importante e noi come azienda la sosteniamo con convinzione. Questo, anche perché dietro questo concetto c’è una scelta di vita più sostenibile che coinvolge tutte le attività economiche presenti all’interno del biodistretto, sicuramente grande interesse c’è nel settore turistico. Per questo, siamo convinti che il biologico sarà il futuro della nostra valle. Crediamo anche che man mano che aumenterà la sensibilità dei consumatori anche gli spazi commerciali sono destinati a dilatarsi».
La sfida continua
Ma come mai vi siete spinti verso il biodinamico? «Abbiamo riscontrato che è possibile coltivare con il metodo biodinamico, certo questo comporta il fatto di rendere ancor più resistente e in perfetto equilibrio il vigneto. Niente forzature con concimi chimici, grande attenzione alla biodiversità, la mancanza di questa favorisce una maggior virulenza delle malattie, abbondare con le siepi e con l’alternanza fra vigneti e frutteti, evitare il più possibile la compattazione del terreno e la cimatura della vite. In questo modo la foglia della vite diventa più resistente alle malattie».
Anche i due ettari di frutteto sono coltivati con il metodo biologico e va dato atto al Consorzio Frutta Valli Sarca di aver imboccato dopo anni di tentennamenti la strada della valorizzazione delle mele biologiche. «Ma la frutticoltura bio è più problematica – concludono – per questo siamo convinti che la strada da percorrere sia quella delle varietà resistenti».
Vini Pisoni, la scheda
Titolari della Vini Pisoni sono i due cugini Marco e Stefano Pisoni. Superficie complessiva dell’azienda certificata biologica dal 2008 è di 11 ettari, nove coltivati a vigneto metà con uve a bacca rossa, Rebo in particolare, e meta a bacca bianca: l’autoctono Nosiola uva base per il Vino Santo e lo Chardonnay sia come vino fermo che come base per il Trento Doc. La produzione complessiva annua di bottiglie è fra le 70 e le 80mila. Di particolare pregio fra i vini bianchi sono il Vino Santo e fra i rossi il Reboro.
Nei due ettari di frutteto l’unica varietà di mele coltivata è la Topas, cultivar resistente alle principali crittogame. Ma l’azienda grazie alla collaborazione dei ricercatori della Fondazione Edmund Mach, hanno introdotto anche una linea di produzione di prodotti di bellezza che hanno come base i sottoprodotti della vigna: dai piccoli germogli appena spuntati, ai vinaccioli.