Il mais biologico ha ampi spazi di crescita in Italia.
«Serve però più ricerca, innovazione e soprattutto efficaci azioni di trasferimento tecnologico attraverso prove dimostrative in campo».
Lo ha affermato Nicola Gherardi Ravalli Modoni, presidente della Fondazione per l’agricoltura F.lli Navarra aprendo il convegno «Linee tecniche, innovazione e mercato del mais biologico in Italia» il 5 novembre presso la sede della Fondazione a Gualdo (Fe). Un evento che ha tenuto a battesimo il lancio della piattaforma BioDemoFarm per il mais biologico made in Italy organizzata da Federbio Servizi assieme a Fondazione Navarra, azienda AgriSfera di Ravenna e azienda sperimentale Podere Stuard nel parmense.
«La piattaforma – ha riferito Nicola Stanzani, direttore di FederBio Servizi – mette in rete le prove di campo di 4 aziende dimostrative (una quarta struttura è in allestimento in Lombardia ndr) per indentificare, nelle diverse aree vocate, la migliore combinazioni di mezzi tecnici per una gestione di precisione del mais in biologico». I protocolli di coltivazione sono già stabiliti e nel corso del 2022, a partire già da aprile, saranno organizzate le giornate dimostrative per fare toccare con mano l’innovazione tecnica.
Opportunità ancora non del tutto espresse
L’iniziativa BioDemoFarm intende infatti rispondere all'esigenza crescente degli operatori delle filiere biologiche di individuare le migliori innovazioni tecniche, tecnologiche e organizzative disponibili sul mercato e di potervi accedere in modo mirato e personalizzato. Raccogliendo così nel migliore dei modi le opportunità commerciali potenziali ancora non del tutto espresse da parte di questa coltura.
«Le superfici coltivate a mais bio – ha messo in evidenza Riccardo Meo di Ismea - hanno registrato negli ultimi 12 anni una crescita del 125% arrivando nel 2019 a quasi 19mila ettari, circa il 3% dell’intera superficie nazionale destinata a questa coltura». Si tratta soprattutto di mais da granella (più di 15mila ettari), mentre il mais da foraggio registra maggiori ritardi. Nel 2020 si è registrata una lieve flessione e l’incidenza del mais rispetto agli altri cereali bio è tornata così al punto di partenza: era il 4% 10 anni fa, è il 5% adesso.
«Una flessione che può essere l’effetto collaterale - ha spiegato Meo - dell’impennata che sta caratterizzando, nel periodo di post lockdown, i listini delle materie agricole.
Il differenziale di prezzo del mais bio rispetto al convenzionale è infatti calato dal +65% del 2020 al +38% del 2021». Un differenziale che rimane in territorio comunque ampiamente positivo in favore del bio. Una minore volatilità rispetto alle variabili del commercio internazionale che in anni “normali” non potrà che rilevarsi un vantaggio.
Contratti multifiliera
Soprattutto se si riesce a recuperare lo squilibrio sempre più evidente tra il prezzo del mais bio all’origine e quello di prodotti derivati come i sostituti del pane (ad esempio le “gallette”) o i prodotti per la prima colazione, in forte crescita tra la fascia di consumatori più attenti alla salute e all’ambiente. «Una maggiore fetta di valore aggiunto – ha stigmatizzato Stanzani - per i produttori agricoli potrebbe essere recuperata con l’auspicabile attivazione di contratti multifiliera per valorizzare l’origine di un mais bio 100% made in Italy». Negli Stati Uniti è successo qualcosa di simile: la superficie di mais biologico è aumentata in cinque anni di oltre il 55%, arrivando a 309mila ettari, principalmente per effetto di una domanda strutturata da parte delle aziende lattiero casearie biologiche.
Ottimizzare la tecnica colturale
Ma per alimentare una filiera del genere con un opportuno volume di materia prima agricola nazionale occorre, per l’appunto, ottimizzare la tecnica colturale.
«Il mais – ha spiegato Daniele Fichera di FederBio Servizi - è una delle colture che può registrare i maggiori cali di resa nel bio, soprattutto se non si è in grado di soddisfare le esigenze di unità fertilizzanti azotata nei periodi critici». I percorsi tecnici che possono fare fronte a queste esigenze vanno messi a punto, soprattutto nel biologico, in una logica di rotazione colturale.
Nell’ esempio illustrato da Fichera, tratto da uno studio svolto collaborazione con il Dip. di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell'Università di Agraria di Bologna, il mais è inserito in una successione quinquennale con soia, frumento tenero, orzo, girasole e sovesci autunnali. Tra tutte le colture considerate il mais è quella che presenta, in questa rotazione, i costi produttivi più alti (circa 2.400 euro tra materiali, meccanizzazione e manodopera sugli 8300 complessivi del quinquennio), ma anche la Plv più elevata.
I partner tecnici
Un valore che all’interno di BioDemoFarm può decisamente migliorare grazie al contributo di partner tecnici come Kws.
- A Gualdo Roberto Cecchinato, Sales manager di questa realtà, ha infatti illustrato i vantaggi di una gamma di varietà studiate e certificate per il bio di cui alcune resistenti rispetto alle fusariosi e al possibile sviluppo di fumonisine.
- Roberto Guidotti di Cai Agromeccanici ha descritto l’evoluzione dei mezzi meccanici a movimento indotto che consentono una gestione del terreno e della flora infestante più sostenibile.
- Stefano Gardenghi di Timac Agro ha spiegato i momenti più opportuni per sostenere la coltura con una gamma di fertilizzanti biologici granulari.
- Sara Guerrini di Novamont ha descritto quelli che sono ormai 20 anni di prove di utilizzo della pacciamatura biodegradabile nella maiscoltura biologica.
- Per superare gli stress idrici, fattori spesso limitanti per questa coltura, Marco Bortolamei di Irritec ha spiegato l’utilità dell’ala interrata per la subirrigazione.
- Massimo Benuzzi di Biogard- Cbc Europa i bioagrofarmaci più efficaci contro insetti e malattie dle mais.
- Matteo Lanza e Maurizio Poletti di Scaligera Drone Solutions hanno infine raccontato l’espansione della tecnica dei lanci del parassitoide Trichogramma contro la piralide del mais con i droni.
La conoscenza fa crescere l'economia dei territori
«La sfida che abbiamo davanti – ha concluso Gherardi Ravalli Modoni – è impegnativa: l’Unione europea ha tracciato l’obiettivo di raggiungere il 25% di superfici europee biologiche entro il 2030 come parte integrante di una strategia come la Farm to Fork che vuole favorire lo sviluppo di un modo di produrre meno impattante sul clima».
«Non ci possiamo tirare indietro, l’esperienza della Fondazione Navarra dimostra che la diffusione della conoscenza è il modo più efficace per fare crescere in maniera sostenibile, facendo perno sull’agricoltura, l’economia dei territori».