Siglato ieri 8 novembre a Ecomondo l'accordo sulle biosolutions tra Assobiotec-Federchimica e la European biosolutions coalition.
Così l'Italia diventa membro del partenariato internazionale tra Danimarca, Svizzera, Austria e Olanda, che chiede all'Unione Europea di superare le barriere normative che ostacolano la diffusione delle biotecnologie.
«Le biosolutions sono la chiave per promuovere uno sviluppo sostenibile del settore agroalimentare e industriale», hanno dichiarato Sofie Carsten Nielsen, direttrice European Biosolutions Coalition ed Elena Sgaravatti, vicepresidente di Federchimica Assobiotec. «Assobiotec-Federchimica aderisce alla European Biosolution Coalition per contribuire alla caduta delle tante barriere culturali e normative che stanno lasciando l’Europa ai margini della biorevolution, sulla quale si sta costruendo il futuro del Pianeta», ha detto Sgaravatti.
I partner della coalizione
La European biosolutions coalition è nata lo scorso 26 ottobre a Bruxelles per promuovere la diffusione delle soluzioni biotecnologiche in campo agricolo e industriale. Riunisce attualmente cinque associazioni nazionali e settoriali dell’economia e dell’industria.
Oltre ad Assobiotec (Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie), ne fanno parte la Danish Industry, associazione che rappresenta circa 20mila imprese in Danimarca; la VNO-NCW (Confederazione olandese dell'industria e dei datori di lavoro); la Federazione dell’industria austriaca IV ed Economiesuisse, la federazione svizzera delle imprese. Nei prossimi mesi i partner si aspettano di raccogliere nuove adesioni.
Focus e obiettivi fissati
Biosolutions è un termine molto ampio, che comprende svariate tecnologie. La neonata coalizione europea le definisce "strumenti della natura", cioè tutte le soluzioni industriali biologiche che sfruttano il potenziale di enzimi, microrganismi, colture batteriche e altri strumenti biologici.
L'obiettivo centrale della European biosolutions coalition è identificare le barriere legislative per lo sviluppo e la commercializzazione delle biosolutions in Europa e le policy necessarie al loro superamento. Dunque, la coalizione vuole rappresentare l'industria e dialogare con i decisori politici per aumentarne la consapevolezza sui vantaggi e sulle possibilità offerte dalle biosoluzioni per un futuro ecologicamente sostenibile ed economicamente redditizio.
Le biosolutions per l'agricoltura
«Le biosoluzioni applicate sono la chiave per coniugare sostenibilità ambientale ed economica», ha spiegato Elena Sgaravatti. «In agricoltura le biosolutions permettono di produrre più cibo con meno risorse, salvaguardando la biodiversità e combattendo il cambiamento climatico con un approccio One Health. Sono svariate le biosoluzioni a disposizione degli agricoltori, a partire dalle Nbt [o Tea, n.d.a.]. Poi ci sono le biosoluzioni finalizzate alla rigenerazione dei suoli e quelle per la difesa delle colture».
«Capisco che alcuni agricoltori europei sentano la pressione imposta dalle legislazioni nazionali ed europee come il Farm to Fork, che chiedono loro di operare una transizione verso pratiche più sostenibili. Questa transizione, ormai indispensabile, con le biosolutions è possibile. L'industria biotech offre tantissimi strumenti efficaci per preservare le rese colturali e i redditi degli agricoltori garantendo prodotti agricoli sostenibili», ha aggiunto Sofie Carsten Nielsen. «Ma il potenziale delle biosoluzioni non si ferma qui. Oltre che per produrre nuovi mezzi tecnici per l'agricoltura, le biotecnologie sono impiegabili in tantissimi altri ambiti della bioeconomia nelle quali i sottoprodotti agricoli possono giocare un ruolo fondamentale».
Il lungo iter normativo
«Il principale collo di bottiglia per lo sviluppo delle biosolutions in Europa sono le barriere normative», ha spiegato Elena Sgaravatti. «Il sistema europeo di rinnovamento normativo per le biosoluzioni è il più lento al mondo, anche se gran parte delle competenze e delle aziende sono fondate in Europa. L’iter legislativo di approvazione e commercializzazione di un prodotto bio-based è di circa due-tre anni in Paesi come la Cina e gli Stati Uniti, mentre in Europa si impiegano dai cinque ai dieci anni. Così le aziende europee produttrici di biosolutions finiscono per vendere molti dei loro prodotti all'estero e l'Europa perde competitività, entrate fiscali e accesso ai prodotti innovativi di origine europea per realizzare le proprie ambizioni in materia di sostenibilità».
«Purtroppo, manca ancora la consapevolezza del valore e del potenziale straordinario che questo settore ha, anche in termini di opportunità economiche, di crescita e di occupazione. Secondo dati della Commissione Europea, i bio-prodotti e i biocarburanti rappresentano circa 57 miliardi del fatturato annuale europeo e portano alla creazione di almeno 300mila posti di lavoro. Si stima che, entro il 2030, il potenziale delle bio-soluzioni creerà un impatto mondiale a livello economico di più di 400 miliardi, con una crescita superiore al 165% dagli inizi del 2020», ha aggiunto.
«Dobbiamo agire subito affinché molte più biosolutions possano raggiungere i mercati europei», ha detto Nielsen. «Per risolvere le sfide della transizione verde e proteggere l’Europa dal punto di vista geopolitico, economico e in termini di futuri posti di lavoro green».