Biocontrollo ok, ma senza scorciatoie

Difesa sostenibile: soluzioni innovative ed efficaci per gli obiettivi del Farm To Fork

Vittorio Veronelli, Ceo Europeo del Gruppo CBC
Vittorio Veronelli (CBC): «Le istituzioni non sottovalutino i rischi connessi alla concorrenza di prodotti che utilizzano percorsi registrativi e di controllo decisamente meno stringenti»

Transizione ecologica, transizione digitale.

Bruxelles vuole cambiare il paradigma dell’agricoltura europea, ma più che con i regolamenti e le sanzioni, il rinnovamento si fa con la disponibilità di alternative efficaci. Green Deal e Farm to Fork saranno infatti parte integrante della prossima Pac, con gli obiettivi di ridurre del 50% l’utilizzo della chimica e arrivare al 25% di superfici bio. Entro la fine dell’anno dovrebbe pure essere rivista la direttiva sugli usi sostenibili degli agrofarmaci (ma il Pan, il piano applicativo, in Italia rimane sospeso in una sorta di limbo).

Intervista pubblicata su Terra e Vita 19

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Innovazione frenata dalla burocrazia

Dovrebbe essere la grande occasione per la definitiva affermazione dell’articolato settore della bioprotezione, oppure ci sono elementi di viscosità che ne continuano e frenare lo sviluppo?

L’Unione europea – risponde Vittorio Veronelli, Ceo Europeo del Gruppo CBC, tra i protagonisti di questo settore - punta alla sostituzione dei vecchi prodotti chimici ma non incentiva le registrazioni dei prodotti sostenibili più recenti. Un problema cronico che non trova soluzione perché la situazione delle registrazioni dei prodotti nuovi, della riregistrazione dei prodotti in scadenza di autorizzazione e anche delle estensioni d’impiego non è affatto migliorata.

Chi vuole portare innovazione nel settore della difesa delle colture agrarie deve prepararsi ad affrontare tempi lunghi e incerti, con interminabili waiting list per la valutazione dei dossier in tutti gli Stati Membri (da 2 a 4 anni), linee guida inadeguate, interpretazioni locali discordanti tra i diversi Paesi Ue, tempi biblici per procedure che in teoria dovrebbero essere rapide ma che in realtà non lo sono. Anche perchè può capitare che gli esperti chiamati ad esprimersi nei comitati europei di fatto non siano affatto esperti. Oltre a tutto ciò i produttori di mezzi di biocontrollo continuano a scontare la mancanza di procedure su misura per l’approvazione dei formulati low risk che, nonostante qualche miglioramento, continuano a mancare.

Di che cosa stiamo parlando: Bca (Biocontrol agents), bioagrofarmaci, biologicals, bioprotezione? Ogni realtà utilizza un suo riferimento semantico, non si rischia una crisi di identità?

Io sono affezionato alla definizione storica: “mezzi di biocontrollo”, anche se negli ultimi anni la nostra associazione Ibma (International Biocontrol Manufacturers Association), in accordo con la federazione mondiale dei produttori di mezzi di biocontrollo (Bpg BioProtectionGlobal www.bioprotectionglobal.org/ ) si è focalizzata sulla definizione “BioProtection” che in italiano è tradotta in Bioprotezione come è ovvio che sia... Tuttavia il biocontrollo o controllo biologico delle avversità (Biological pest control) ha sempre le medesime basi (si veda il portale della bioprotezione di Cabi (https://bioprotectionportal.com/blog/2021/biological-pest-control-what-is-it?) . Ibma definisce i prodotti di biocontrollo come: “Strumenti che provengono dalla natura, che hanno un basso impatto sulla salute umana e sull'ambiente e vengono utilizzati per la gestione di parassiti, erbe infestanti e malattie”.

Un settore a quattro componenti

Una definizione complicata perché deve adattarsi a un comparto eterogeneo che raggruppa microrganismi, macrorganismi, semiochimici, estratti naturali: quale di questi ha più chance nel realizzare l’obiettivo della difesa sostenibile? Quale si sposa meglio con l’evoluzione della difesa digitale con dss app, droni?

Innanzitutto bisogna ribadire che l’affidabilità tecnica di questi prodotti continua a crescere grazie ai notevoli progressi compiuti nella produzione, formulazione e strategia di applicazione, consentendo oggi di fornire agli utilizzatori efficacia, funzionalità e valore. Poi, certo, conviene metterne in evidenza differenze che incidono sia in fase di registrazione che di utilizzo. Gli estratti naturali possono infatti avere il problema della residualità che ne aumenta i costi di registrazione e inoltre possono essere contaminati, i micro e la confusione hanno più facilità di introduzione mentre i macro sono i più easy e stanno vivendo un nuovo incremento. Tutti si prestano bene ai nuovi sistemi digitali ma macro, feromoni e micro sono più specifici e selettivi rispetto agli estratti naturali e possono beneficiare meglio di questi sistemi sia nell’applicazione (i droni oggi possono essere di fatto solo utilizzati per la distribuzione di macrorganismi, una limitazione decisamente anacronistica) che nella previsione (dss, raccolta e condivisione dati) secondo il concetto di areawide pest management.

Credere nella bioprotezione

Rispetto a cinque sei anni fa il settore della bioprotezione si è arricchito di nuovi player, con dimensioni multinazionali e di nuove soluzioni. Questa concorrenza fa bene al settore?

La concorrenza fa sempre bene ai mercati a patto che sia “reale” concorrenza e non sfruttamento opportunistico di posizioni di vantaggio dovute alla distribuzione di altri mezzi. Correndo così il rischio di impoverire e banalizzare il controllo biologico per promuovere prodotti convenzionali. Come ad esempio la cattiva usanza di promuovere la confusione sessuale suggerendo trattamenti preventivi…

Rispetto a cinque sei anni non sembra cambiato purtroppo nulla anche riguardo al problema di chi utilizza scorciatoie al limite della legalità per commercializzare bioagrofarmaci non registrati. Come si possono migliorare questi problemi cronici?

Il problema continua ad essere grave: le procedure registrative, come detto, sono lunghe, incerte e costose. Le scorciatoie sono attraenti e non adeguatamente monitorate dalle autorità. Una carenza che genera nuovi fenomeni come quello dei microrganismi registrati come bioagrofarmaci ma presenti anche in alcuni prodotti venduti come fertilizzanti. Un tema scottante che determina una concorrenza sleale tra due categorie di mezzi tecnici che utilizzano gli stessi “ingredienti” ma percorsi autorizzativi e di controllo decisamente diversi. Lasciando aperto il problema dell’impossibilità di valutarne e comunicarne l’effettiva efficacia attraverso i claim. Senza considerare la spada di Damocle del rischio sempre possibile di contaminazioni. Rischi sottovalutati da un sistema amministrativo troppo lento (forse volutamente?)

Può essere anche colpa della mancanza di incisività, su questi temi, delle associazioni di riferimento?

CBC è associata ad Ibma da sempre (1998, tre anni dopo la sua fondazione). Personalmente ho speso 12 anni, a partire dal 2004, nel Board dell’associazione come vice-presidente e 4 come presidente della delegazione nazionale Ibma Italia poi ho diminuito la mia presenza attiva per aumentati impegni aziendali. Come membro onorario a vita di Ibma Global partecipo tuttavia ancora alle attività di questa associazione. Anche molte aziende associate ad Agrofarma fanno parte di Ibma è naturale che le due associazioni si confrontino anche sul tema delle autorizzazioni e del fairplay del settore dei Bca. Il problema delle autorizzazioni (tempi, modi e interpretazioni) riguarda tutta l’agricoltura e da queste sinergie tra associazioni deriva un’azione più efficace nel sensibilizzare le istituzioni.

Ma le istituzioni hanno orecchie per ascoltare le istanze della lotta biologica? I ritardi che accompagnano ogni anno, ad esempio, l’autorizzazione al lancio di insetti utili come il Trissolcus contro la cimice asiatica non testimoniano la poca attenzione che c’è su questo tema?
L’agricoltura deve seguire il ritmo delle stagioni, un ritmo che negli ultimi tempi è alterato dagli effetti di un climate change che rende fuorviante qualsiasi valutazione sulla presunta esoticità di un organismo utile. Purtroppo la disconnessione cronica dell’apparato burocratico-amministrativo dalla realtà è un problema sempre attuale e non solo in agricoltura.


L’identikit

Vittorio Veronelli, CBC

Vittorio Veronelli è CEO Europeo del Gruppo CBC e membro del board in Giappone. Dal 1989 si è occupato dello sviluppo dei prodotti a feromoni ShinEtsu. Attivo nell’associazione IBMA (International Biocontrol Manufacturers Association) dal 1998, per 4 anni capogruppo della delegazione Italiana e per 12 anni Vice-presidente di IBMA Global di cui è membro onorario dal 2017 https://ibma-global.org/honorary-members


Cbc, una realtà di riferimento

CBC Europe Srl è la filiale italiana del gruppo giapponese CBC, azienda di produzione e trading fondata nel 1925 e attiva in diversi settori tra i quali: farmaceutica, agricoltura, ottica, elettronica, etc. https://www.cbc.co.jp/en/outline/overview/
In Italia il gruppo CBC è presente dal 1988 e conta oggi circa 600 dipendenti su tre aziende: CBC Europe Srl, CBC Procos SpA, e PRC Ticinum Lab Srl. CBC Europe Srl è nata nel 1988 per la distribuzione di prodotti ottici e video industriali e di prodotti per il controllo biologico in agricoltura (feromoni). Nel 2012 con la fusione di Intrachem Bio Italia Srl è stata creata la Divisione BIOGARD® che sviluppa, produce e distribuisce una gamma completa di mezzi di Biocontrollo. CBC è anche presente in Germania, Francia, Spagna, Grecia, Polonia e Inghilterra.

 

 

Biocontrollo ok, ma senza scorciatoie - Ultima modifica: 2022-06-23T01:54:54+02:00 da Lorenzo Tosi

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