Lotta biologica: minuscolo è bello, ma spesso fuorviante

Maria Lodovica Gullino
Nell'editoriale dell'ultimo numero del 2022 di Terra e Vita, Maria Lodovica Gullino mette in guardia dai facili entusiasmi per i risultati degli esperimenti di laboratorio sui mezzi di lotta biologica contro i parassiti

In un momento in cui l’Europa ci spinge a una forte riduzione dell’impiego di agrofarmaci, strumenti peraltro ancora utili nel nostro Paese per la difesa di molte colture importanti dall’attacco di dannosi parassiti, è importante, direi anche indispensabile, trovare alternative valide ai mezzi chimici per fornire ai produttori una più ampia possibilità di scelta.

Occorre, però, attenzione per evitare di comunicare con troppo entusiasmo - come si fossero risolti tutti i problemi - risultati di sperimentazioni di laboratorio condotte su un numero ridotto di piante, allevate in vaso e in ambiente controllato, in condizioni quindi molto lontane da quelle di campo, prima di avere conferme in ambienti più vicini a quelli che si riscontrano nella pratica.

Ciò per non generare false aspettative e per evitare di far prendere rischiose e costose cantonate a tecnici e agricoltori.

Osservazioni queste che valgono soprattutto nel caso dello studio e sviluppo dei mezzi biologici di lotta (spesso definiti mezzi di biocontrollo, ricorrendo a una pedestre traduzione dall’inglese).

Editoriale di Terra e Vita 37/2022

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Quanti improvvisati fitoiatri, attratti da facili finanziamenti spesso locali e distribuiti a pioggia, si sono lanciati nello sviluppo di mezzi biologici purtroppo senza neppure documentarsi, andando a rileggere quanto fatto da colleghi pionieri già negli anni 1950 e 1960. Se ci si limita a piccole prove, su poche piante, allevate (e spesso macilente) in vasetti in cui le radici non riescono neppure a svilupparsi, in ambiente controllato, forse si ottengono anche risultati strabilianti.

Lo stesso ragionamento vale, nel caso del post-raccolta, per prove effettuate su pochi frutti, spesso di ignota provenienza.

Anche in questo caso i risultati sono spesso descritti come miracolosi (ma da qui a trasferirli nella pratica ne dovrebbe passare parecchio).

Per non parlare delle prove in vitro, tornate di gran moda per la comodità (considerate quasi gestibili a distanza!). Leggendo alcuni lavori, spesso pubblicati sulle cosiddette riviste predatorie, sembra di tornare indietro di 50 anni. E lo stesso vale per studi molecolari super sofisticati condotti su questi supposti efficacissimi microrganismi così selezionati con gran sciupio di risorse pubbliche, perchè con pochissime chance di successo in condizioni più realistiche.

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Una più attenta selezione di partenza, con uno studio più approfondito del comportamento dei potenziali mezzi biologici di lotta in condizioni di campo, dovrebbe precedere tutti questi approfondimenti, utili certamente, ma solo se condotti su microrganismi con qualche speranza di reale applicazione.

Altrimenti si fanno solo eleganti e costosi esercizi di nessuna utilità pratica, anche se pubblicati su riviste con discutibili sistemi di revisione che non vanno tanto per il sottile. Commenti questi certamente severi, che non vogliono assolutamente disincentivare la ricerca nella lotta biologica, ma piuttosto invitare i molti ricercatori che ci si dedicano con indubbia passione a considerare le condizioni in cui questi microrganismi dovranno poi operare.

Conoscendo la realtà di campo e/o collaborando in modo più stretto e costruttivo con chi il campo lo frequenta da sempre.


di Maria Lodovica Gullino
Università di Torino, Comitato Tecnico Scientifico Edagricole

Lotta biologica: minuscolo è bello, ma spesso fuorviante - Ultima modifica: 2022-12-15T08:00:55+01:00 da K4

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