La guerra dura da decenni. Ma finora nella contrattazione nazionale, la Sicilia, che insieme alla Val d’Aosta è la regione più penalizzata, è sempre stata perdente. Lo scontro sui fondi europei della transizione – che com’è noto è durato mesi e ha visto soccombere, almeno in linea di principio, la Sicilia e le altre regioni del Sud – pare però sia servito a fare finalmente breccia nello schieramento delle regioni del Centro-Nord decise a non rinunciare alla propria posizione di vantaggio riguardo la spartizione dei fondi del Primo Pilastro della Pac.
A dare questa interpretazione a tutta la querelle sui fondi Ue 2021-2022, è Toni Scilla, da gennaio scorso assessore all’Agricoltura della Regione siciliana, il quale adesso non nasconde un certo ottimismo: «Grazie alla battaglia che abbiamo condotto in Conferenza Stato-Regioni sulla nota vicenda dei fondi della transizione – spiega l’assessore – portiamo a casa un risultato tutt’altro che scontato: finalmente, dopo anni di recriminazioni fallite, agli agricoltori siciliani è stato riconosciuto il torto subìto e a partire dal 2023 le cose cambieranno. Le rese storiche verranno riviste, il plafond del primo pilastro verrà suddiviso tra le regioni in maniera più equilibrata e i premi destinati agli agricoltori saranno rivisti al rialzo».
Assessore Scilla, non pensa però che si sarebbe potuto ottenere di più dalla contrattazione? Ad esempio, far partire il nuovo metodo di ripartizione del plafond già dal 2022?
È vero, ma secondo me è preferibile aspettare. Il 2022 servirà a fare previsioni e simulazioni, cosicché da arrivare pronti alla decisione definitiva per l’anno in cui entrerà in vigore la nuova Pac.
Sui fondi della transizione il governo regionale della Sicilia, guidato da Nello Musumeci, ha condotto una strenua battaglia. Alla fine, con l’introduzione di uno specifico fondo di perequazione si è riusciti a confermare le somme che erano state preventivate con l’adozione dei criteri storici, senza quindi procedere ad alcun taglio. A questo punto, però, occorre capire come la Sicilia intenda utilizzare questi soldi.
La destinazione che era stata prevista alla fine del 2020, in sostanza non muta. Dove è possibile e laddove le norme lo consentiranno, procederemo con lo scorrimento delle graduatorie per i bandi che hanno riscosso grande successo. Ci sono lunghi elenchi di domande di finanziamento a cui non si è potuto dare seguito, nonostante i buoni punteggi attribuiti ai singoli progetti, a causa dell’insufficienza dei fondi. Poi sono previsti nuovi bandi. Penseremo ai giovani, agli investimenti aziendali con la misura 4.1, alla viabilità rurale e alla zootecnia. A questo proposito, stiamo trattando con Bruxelles un intervento finalizzato al benessere animale, che aiuti le aziende zootecniche siciliane a migliorarsi ma che tenga conto delle peculiarità, delle caratteristiche e delle dimensioni economiche delle imprese isolane.
Riguardo al prossimo Psr, quali saranno le novità più importanti?
Per ora siamo ancora in fase di elaborazione. Certamente, in questa tornata di fondi strutturali non dimenticheremo gli allevatori e la zootecnia. E di sicuro punteremo ai progetti di filiera con un semplice obiettivo: far rimanere nelle aziende agricole il maggior valore aggiunto che deriva dalla trasformazione e dalla commercializzazione dei prodotti finiti. Inoltre, soprattutto con riferimento agli investimenti, vedremo di mettere a punto bandi tarati meglio sulle dimensioni medie aziendali e che tengano conto delle enormi differenze che caratterizzano l’agricoltura siciliana in funzione della collocazione territoriale.
Fotovoltaico, agrovoltaico e consumo del suolo. In Sicilia i progetti faraonici di pannelli solari sono in rapida e pericolosa crescita. Il business dell’energia solare rischia di compromettere i delicati equilibri ecologici e climatici. Tra l’altro, si sottrae suolo coltivabile e non si aiuta, quindi, l’economia agricola. Non sarebbe meglio puntare alla generazione diffusa e alla possibilità che siano le stesse aziende agricole a produrre energia?
Il Piano energetico regionale finora non è stato varato, pertanto è ancora possibile inserire priorità ed esclusioni. Ovviamente sono da preferire tutte le soluzioni in cui la produzione di energia rinnovabile non incida negativamente sulle altre attività economiche, come può accadere all’agricoltura con i pannelli fotovoltaici o con le pale eoliche marine sulla pesca. Ed è pure auspicabile che dal sole anche le aziende del primario, nell’ambito della loro multifunzionalità, possano trarre un reddito capace di integrare quello prevalente dell’attività agricola o zootecnica.
La Sicilia è in uno stato di perdurante emergenza idrica, che non sempre è connessa alla siccità e ai cambiamenti climatici. Spesso l’acqua negli invasi artificiali non manca, ma gli agricoltori lamentano di non potere irrigare perché le reti di distribuzione sono fatiscenti e ridotte a veri e propri colabrodo. Ma è possibile che in venticinque anni di gestione commissariale la Regione non sia riuscita a intervenire efficacemente nella manutenzione straordinaria?
In effetti si tratta di uno dei tanti problemi che l’attuale governo regionale ha ereditato e che viene affrontato con gli strumenti disponibili. Presso i singoli consorzi di bonifica (erano undici adesso accorpati e ridotti a due, ndr) stiamo operando la ricognizione dei progetti esecutivi e immediatamente cantierabili e contiamo di finanziarli al più presto. Utilizzeremo il Fondo di Sviluppo e Coesione sulla cui rimodulazione il governo regionale sta già trattando con Roma. Inoltre, ben consapevoli che questo non può bastare a placare la sete della campagne siciliane, nei mesi scorsi è stato pubblicato, al di fuori dal Psr, un bando da 20 milioni di euro per la realizzazione di laghetti collinari con contributo pubblico minimo del 50%.
Nel frattempo, però, la gestione commissariale dei consorzi di bonifica prosegue e i debiti sono arrivati a cifre spaventose. A quando il ritorno alla “normalità” e, soprattutto con quali garanzie per gli agricoltori?
La proposta di legge che abbiamo predisposto come governo regionale è praticamente all’ultimo miglio, cioè all’esame delle Commissioni di merito, e presto sarà pronta per la discussione in aula. La riforma prevede che i vecchi consorzi vengano messi in liquidazione con tutti i loro debiti, di cui si farà carico l’amministrazione regionale. Stessa cosa avverrà per gli oneri del personale, che in molti considerano in eccesso o mal distribuito. Agli imprenditori agricoli, che dovranno essere in grado di gestire in modo manageriale i nuovi consorzi di bonifica, verranno consegnati dunque enti economicamente “puliti”.
Nel rispetto per le difficoltà frutto della complessità e imprevedibilità di tanti fattori, lo stato di incertezza nel quale si vengono a trovare decine, se non centinaia di aziende con validissimi progetti ben lungi dall’ essere “Cattedrali nel Deserto” , credo prioritario sarebbe esitare , ancorchè negativamente, in modo definitivo la possibilità di aiuti o meno tali aziende da mesi vittime di incertezza e lungaggini relative a speranze di sussurrati scorrimenti .