Meno burocrazia. Strutture più snelle ed efficienti per dare risposte in tempi brevi agli imprenditori agricoli. Nascita dell'organismo pagatore regionale. Sostegno alle filiere, anche favorendo l'aggregazione di tante micro aziende. Il tutto tenuto insieme da una nuova visione del settore primario campano, che, per esprimere in pieno il proprio grande potenziale, ha bisogno di cambiare passo. Come? Innanzitutto con lo stop ai sussidi a pioggia e la distribuzione delle risorse del Psr mirata alla costruzione di una visione imprenditoriale. E poi con uno scatto verso un'agricoltura più moderna e digitalizzata. Questo il manifesto programmatico del neo assessore all'Agricoltura della Regione Campania Nicola Caputo. Uno che il settore lo conosce bene per essere stato coordinatore del Gruppo S&D in Commissione Agricoltura del Parlamento europeo tra il 2014 e il 2019 e consigliere delegato del presidente De Luca in materia di agricoltura nella parte finale della passata legislatura a Palazzo Santa Lucia.
«Voglio riportare l’agricoltura al centro dell’agenda politica regionale – confessa l’esponente di Italia Viva – dopo anni in cui l’assessorato è rimasto senza una figura di coordinamento».
La burocrazia è uno dei peggiori tra gli incubi che tolgono il sonno agli agricoltori, da Nord a Sud. Concretamente lei cosa può fare per migliorare le cose?
Innanzitutto intendo riorganizzare la macchina amministrativa, favorire la sburocratizzazione delle procedure e garantire la pubblicazione dei bandi in tempi certi e congrui. Gli imprenditori agricoli hanno la necessità di ricevere risposte in tempi più veloci. Nella parte finale della scorsa legislatura, quando ho svolto la funzione di consigliere delegato, ho trovato un Psr – scritto dalla giunta Caldoro e oggetto di numerose osservazioni da parte della stessa Commissione europea – non rispondente ai fabbisogni dell’agricoltura campana e che non ha consentito di dare risposte adeguate alle imprese agricole.
Per velocizzare l'erogazione dei contributi può essere utile un organismo pagatore regionale?
È una priorità condivisa con il Governatore De Luca. Una Regione come la Campania ha il diritto e il dovere di scommettere sulla propria capacità di organizzarsi. Quindi credo che uno dei primi atti della nuova giunta sarà proprio l'istituzione dell'organismo pagatore. Dobbiamo solo trovare la forma giuridica più adatta e definire le condizioni con Agea, con la quale non vogliamo interrompere i rapporti. Vogliamo assumerci la responsabilità del nostro destino.
Dopo questi due anni di transizione debutterà un nuovo Psr. Come sarà?
Punteremo sulle filiere campane e valorizzeremo dove c’è una piattaforma importante che può essere sviluppata sia in ambito agricolo sia industriale e dei servizi digitali. Penso al settore bufalino, al conserviero, all’ortofrutta, al vitivinicolo, all’olivicolo, alla frutta in guscio e alla IV gamma. Abbiamo produzioni di pregio che fatichiamo a valorizzare sui mercati. Intanto cercheremo di razionalizzare le risorse per questi due anni di proroga della programmazione in essere. Abbiamo avviato i distretti agroalimentari di qualità che devono essere i veri attori dei processi di integrazione e sviluppo delle aree agricole. Abbiamo fatto una modifica al Psr per rimodulare le risorse a favore delle misure a superficie. Stiamo facendo controlli perché un altro problema di questa terra è quello dell'utilizzo improprio delle risorse. I soldi devono andare ai veri imprenditori agricoli.
Un piano di rilancio così ambizioso non può trascurare i giovani
La Campania è la regione più giovane d'Italia quindi dobbiamo fare di tutto per trattenerli. Però per troppo tempo c'è stata una politica legata ai sussidi a pioggia e non a una visione d’impresa moderna, questo non ha aiutato i giovani. Nella misura per il primo insediamento degli under 40 abbiamo un overbooking di circa 1.400 domande ammesse e finanziabili ma per le quali non ci sono risorse. Servirebbero oltre 300 milioni. Mentre sono 800 gli agricoltori che hanno ottenuto i contributi.
Come mai così tante aspettative deluse?
Sono state commesse leggerezze nella stesura del Psr. È stato un errore finanziare gli investimenti al 90%. In questo modo si sono favoriti pochi e si sono lasciati fuori tanti. I giovani devono essere sì supportati, ma devono anche imparare a camminare con le proprie gambe. Altrimenti si abituano male. Fare l'imprenditore agricolo non è semplice, bisogna considerare che oltre al rischio imprenditoriale c'è quello legato alla natura. Bisogna avere le spalle larghe.
Gli effetti della pandemia da Covid-19 si sono fatti sentire anche per il settore primario campano. La Regione come intende aiutare le aziende più colpite?
Abbiamo destinato circa 50 milioni di euro per le aziende agricole. Più 10 milioni per la zootecnia e altrettanti per il florovivaismo. Sei milioni sono stati stanziati per gli agriturismi. Stiamo preparando un intervento per il settore vitivinicolo. Un obiettivo importante che ci siamo dati è incentivare il consumo di alimenti prodotti in Campania.
L'acqua è una risorsa sempre più fondamentale per le campagne. La Campania non spicca per una gestione ottimale.
Vero. Difatti vogliamo razionalizzare i consorzi di bonifica. Con i cambiamenti climatici in atto dobbiamo aiutarli a trasformarsi da enti elefantiaci a strutture efficienti e in grado di cogliere le opportunità di competere. Una struttura che riceve soldi pubblici deve anche rispondere delle proprie azioni. La mia idea è quella di attribuire ai consorzi anche altre funzioni, ad esempio coinvolgendoli nel piano gestione dei nitrati. Poi ci sono infrastrutture da manutenere e ristrutturare.
Come sono i rapporti con le organizzazioni di settore?
Ottimi. Ho riattivato il tavolo verde e ne ho creato uno con tutti gli altri stakeholder, oltre ai tavoli di filiera olivicolo e frutta in guscio. E poi un tavolo sulla gestione dei rifiuti in agricoltura. Perché l'agricoltura inquina, non dobbiamo avere paura di dirlo. Anche qui stiamo lavorando per favorire un cambio di approccio degli imprenditori agricoli. Una sfida impegnativa ma che accettiamo con orgoglio e passione.
Quanto pesano le vicende della "Terra dei fuochi" sull'immagine dell'agricoltura e più in generale dell'agroalimentare campano?
Come controlli siamo una regione che ha messo in campo moltissimi controlli ma dal punto di vista mediatico il problema c'è. Però dobbiamo reagire e rilanciare. Qui c'è una biodiversità che tutto il mondo ci invidia. Dobbiamo valorizzare le nostre eccellenze. Abbiamo lanciato un'app: "Authentico - made in Campania" per valorizzare la tracciabilità dei prodotti agroalimentari campani. Dobbiamo dare garanzia ai consumatori che i prodotti campani sono di qualità e come tali devono essere percepiti. Altro che Terra dei fuochi.
Per essere più forti sui mercati dobbiamo però anche cercare di aggregare l'offerta. Uno dei problemi che abbiamo è l'eccessiva parcellizzazione, con tante microaziende che devono essere aiutate a mettersi insieme. I distretti agroalimentari di qualità e i Consorzi volontari e di tutela possono aiutare a questo scopo.