I tralci sono lunghi appena un palmo e di produzione è decisamente prematuro parlarne. Ma già tra i produttori di uva Italia nel comprensorio di Canicattì, in provincia di Agrigento, serpeggia la paura di una nuova campagna disastrosa, nella quale finire preda dei soliti speculatori, favoriti dall’emergenza coronavirus.
Le due campagne precedenti, quella del 2018 e del 2019, infatti, per i produttori agrigentini sono state da dimenticare: due anni fa il cracking ha decimato la produzione e l’anno scorso i prezzi in azienda sono stati così bassi da essere appena sufficienti a coprire i costi di produzione. Eppure sui banconi della Gdo, l’uva Italia i consumatori non l’hanno mai trovata a prezzi stracciati. E questo qualcosa vorrà dire.
Il capestro della logistica
«Siamo tutti preoccupati. Con le attuali difficoltà come le restrizioni alla circolazione, la difficile reperibilità di manodopera stagionale e altro ancora, c’è il rischio che il prezzo del prodotto di quest’anno resti in balìa di spregiudicati speculatori che alterino le contrattazioni nei vari mercati, nazionali ed esteri», afferma Giovanni Scaccia, agricoltore di Canicattì che conduce un’azienda di 25 ettari dedicata totalmente ai tendoni della cultivar Italia e che già da tempo ha scelto di chiudere la filiera vendendo direttamente ai grossisti e ai buyer della Gdo. Ma non è presto per preoccuparsi? «Niente affatto», replica Scaccia. E spiega: «Personalmente non ho ancora stretto accordi commerciali, ma i contratti con la Gdo si cominciano a firmare proprio in questi due mesi, aprile e maggio. E le voci che si sentono in giro in merito ai prezzi, non sono rassicuranti».
«Non ce la faremo a reggere un’altra campagna in cui l’uva, anche quella di qualità extra, viene pagata a 35 centesimi di euro al chilo», sbotta Giovanni Franco che, insieme al figlio Salvatore, coltiva uva Italia su 18 ettari. I Franco, padre e figlio, sono agricoltori “tradizionali”, producono in convenzionale usando prodotti a basso impatto e vendono il prodotto ai commercianti locali direttamente sulla pianta. L’acquisto avviene a corpo: un tot al chilo per un totale di 300 quintali per ettaro. «Non importa se in un ettaro il vigneto ha prodotto 320 o 350 quintali. L’ammontare complessivo pattuito è calcolato sempre su una resa di 300 quintali per ettaro. Noi ci preoccupiamo di portare l’uva fino alla maturazione. Al resto pensa il commerciante».
Il nodo della manodopera
«È da due anni che siamo costretti a vendere la nostra migliore uva Italia, perfino quella di categorie extra, a 85 centesimi al chilo franco destinazione. E poco importa a quale prezzo poi la Gdo proponga la nostra merce», denuncia Marsello Lo Sardo, che a Canicattì produce uva da tavola e albicocche. E continua: «Temiamo che quest’anno possa abbattersi anche una stangata sui costi della logistica visto che attualmente gli autotrasportatori fanno pagare a noi produttori o ai grossisti il viaggio a vuoto dal Nord verso il Sud».
Come nel resto d’Italia, anche qui gli imprenditori non sanno come fare per fronteggiare la carenza di manodopera. Dice Lo Sardo: «C’è tanto lavoro da fare ma non troviamo chi possa farlo. Nella mia azienda, per esempio, dopo l’abbondantissima alleggagione, nell’albicoccheto è necessario procedere a un diradamento spinto, ma non so a chi affidarlo. Eppure con la chiusura di ristoranti, pizzerie e bar ci sono tanti giovani a spasso…».
L'impegno degli amministratori locali
Ettore Di Ventura, sindaco di Canicattì, e Giangaspare Di Fazio, assessore comunale alle attività produttive, hanno lanciato l’sos al governatore della Regione siciliana, Nello Musumeci. In una lettera spedita nei giorni scorsi e indirizzata oltre che a Musumeci, all’assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera, e al presidente della commissione regionale Attività produttive, Orazio Ragusa, chiedono una serie di interventi a sostegno del settore agricolo dell’Agrigentino.
"Le premesse perché quest’anno si realizzi una produzione nettamente superiore, sia per qualità che per quantità sembrerebbero esserci – scrivono sindaco e assessore di Canicattì – ma tutti gli sforzi sin qui fatti dai nostri imprenditori agricoli, rischiano di essere vanificati da una minaccia che ha completamente scompaginato tempistiche e modalità operative. La pandemia derivante dal Covid-19, oltre ad abbattersi pesantemente sul più generale settore produttivo, ha provocato una condizione di estrema criticità sul già delicato comparto agricolo, che temiamo creerà non pochi problemi agli imprenditori agricoli nel cruciale periodo della campagna di raccolta che si approssima".
“Le restrizioni alla circolazione, giustamente imposte dalle varie ordinanze regionali e nazionali, unite alla già difficile reperibilità di manodopera stagionale, – continua la lettera – e in ultimo le recenti disposizioni di prevenzione dei contagi che ancora tanti dubbi ed incertezze di applicazione pongono, paventano il verificarsi di speculazioni nelle contrattazioni nei vari mercati, nazionali ed esteri”.
Cinque richieste alla Regione
La lettera dei due amministratori comunali si conclude con l’elenco di una serie di richieste da portare avanti in ambito regionale.