Come si distribuisce il valore nella filiera estesa in Italia? Su 100 euro di spesa alimentare chi ci guadagna? La risposta è nel rapporto “La creazione di valore lungo la filiera agroalimentare estesa in Italia” realizzato da The European House – Ambrosetti. Lo studio, analizzando la ripartizione degli utili tra tutti gli attori della filiera, evidenzia come la quota della distribuzione sia poco più di un quarto di quella dell’industria di trasformazione e quella dell’agricoltura sia poco meno della metà.
Filiera, industria e logistica cannibali
Nel dettaglio, ogni 100 euro di consumi alimentari degli italiani, il 32,8% remunera i fornitori di logistica, packaging e utenze, il 31,6% il personale della filiera, il 19,9% le casse dello Stato, l’8,3% i fornitori di macchinari e immobili, l’1,2% le banche, l’1,1% le importazioni nette e solo il 5,1% gli operatori di tutta la filiera agroalimentare estesa.
I 5,1 euro di utile per ogni 100 euro di consumi alimentari, si ripartiscono nelle seguenti proporzioni: l’industria di trasformazione ottiene la quota maggiore, pari al 43,1%; il 19,6% va all’intermediazione (grossisti e intermediari in ambito di agricoltura, industria e commercio); il 17,7% all’agricoltura; l’11,8% alla distribuzione e il 7,8% alla ristorazione.
La quota maggiore degli utili dunque va all’industria, che cresce del +4,9%. Mentre il trend degli ultimi 6 anni vede la quota di utile di filiera della distribuzione ridursi del 9,9%.
Gran parte degli utili in mano a pochi
Il rapporto rileva anche che all’interno dell’industria di trasformazione alimentare, la ripartizione dell’utile è altamente concentrata: le aziende leader con una quota di mercato superiore al 40% nei propri segmenti di riferimento (57 aziende su 56.757) catturano il 31,1% dell’utile di tutta l’industria alimentare e il 13,4% dell’utile dell’intera filiera.
«La filiera agroalimentare estesa è il primo settore economico del Paese – dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo The European House – Ambrosetti, in occasione della conferenza stampa romana realizzata con le associazioni della Grande distribuzione - e genera un fatturato totale di 538,2 miliardi di euro (pari alla somma del Pil di Norvegia e Danimarca), un Valore Aggiunto di 119,1 miliardi di euro (4,3 volte le filiere estese automotive e arredo e 3,8 volte la filiera dell’abbigliamento estesa) e sostiene 3,6 milioni di occupati (pari al 18% del totale degli occupati in Italia), con 2,1 milioni di imprese».
All’interno della filiera agroalimentare estesa, la distribuzione, sottolinea De Molli, è uno dei più importanti motori di sviluppo e crescita dell’occupazione: «È il quarto settore economico su 245 per crescita di occupati negli ultimi 3 anni (+22.960); favorisce l’occupazione giovanile (18% degli occupati ha meno di 30 anni, +50% rispetto alla media italiana); femminile (62% degli occupati è donna, +48% rispetto alla percentuale media italiana) e nel Sud Italia dove è il 3°settore per occupazione, con circa 180.000 occupati (~6% del totale dell’occupazione nel Sud del Paese).
Grande distribuzione in coro: valore da distribuire meglio
Le associazioni della Grande distribuzione (Federdistribuzione, Ancc Coop, Ancd Conad, Adm – Associazione Distribuzione Moderna) hanno partecipato unitariamente (e insolitamente) alla conferenza stampa di presentazione con i rispettivi leader: Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione; Marco Pedroni, presidente di Coop Italia; Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad; Giorgio Santambrogio, presidente di Adm.
Il messaggio condiviso è stato chiaro: La filiera agroalimentare in Italia produce poco utile per i suoi azionisti diretti e la ripartizione di questo utile è dominata dall’industria di trasformazione, con una quota in crescita significativa negli ultimi 6 anni e un estremo livello di concentrazione, considerando che solo 57 grandi imprese industriali, in gran parte multinazionali, assorbono un utile complessivo superiore a quello dell’intera distribuzione. Un quadro di squilibrio che dura da anni e che si è accentuato nel tempo, lasciando alle altre componenti della filiera la ripartizione di un utile sempre minore.
La quota di utile ottenuta dalla Distribuzione è infatti poco più di un quarto di quella dell’industria ed è in diminuzione, come lo è anche quella dell’agricoltura. Il fatto che solo l’1 per mille delle imprese industriali assorba un utile di filiera così elevato pone un serio problema di equilibrio: questi pochi gruppi si pongono di fronte alle altre componenti di filiera, a monte e a valle, in una posizione di grande forza, capace di superare ogni confronto e di imporre le proprie condizioni in tutte le forme di negoziazione e trattativa.
L'appello alla politica: bisogna rilanciare i consumi
Le associazioni della GD hanno inoltre sottolineato l’importanza di questo studio capace di fare chiarezza e accendere la luce su una realtà spesso dominata da informazioni distorte che però rischiano di guidare scelte importanti che possono influenzare gli assetti competitivi e strategici e i pesi tra i diversi operatori.
L’appello della GD in conclusione dei lavori è rivolto alla politica: «E’ necessario che il mondo delle istituzioni crei le condizioni per ridare slancio ai consumi e agli investimenti delle imprese, ponendo in questo modo le basi per aumentare il valore complessivo creato nella filiera. Occorrono decisioni che basandosi su un’analisi corretta e oggettiva della situazione, favoriscano la collaborazione tra tutti gli stakeholder coinvolti, pubblici e privati, contribuendo così ad aumentare la capacità complessiva della filiera agroalimentare di produrre sviluppo per sé e per l’intera collettività, rendendola in questo modo ancor più protagonista della ripresa del Paese».