Da diverse settimane i prezzi del grano duro registrano pesanti diminuzioni nelle principali piazze italiane. «Dopo un rallentamento graduale tra luglio e gennaio, i primi mesi del 2023 stanno registrando crolli repentini dei prezzi che preoccupano i produttori».
Lo conferma il Clal, la società di servizi specializzata sul mercato del latte e derivati ma attenta anche alle materie prime di interesse nazionale. Per fare fronte a questa situazione il ministro della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha convocato ieri a Roma il tavolo di filiera grano duro/pasta.
Sulla piazza di Foggia le quotazioni del grano duro 'fino' all'origine sono infatti crollate del 25-26% da inizio anno e del 14-15% nell'ultimo mese. Il prezzo oggi si aggira sui 380 euro a tonnellata, mentre nello stesso periodo del 2022 era di 550 €/t.
«Anche all'estero il trend è ribassista – continua l’analisi del Clal- e probabilmente si tratta del risultato di diversi fattori (vedi oltre)».
Difendere la produzione nazionale
«Occorre valorizzare maggiormente le produzioni nazionali di pasta ottenuta con 100% di grano duro italiano». È la raccomandazione portata da Filippo Schiavone, componente di giunta di Confagricoltura, al Tavolo di filiera. «Vanno intensificati i controlli – prosegue Schiavone – sull’italian sounding, fronteggiare la volatilità dei prezzi puntando ancora di più sui contratti di filiera; riattivare la commissione unica nazionale per il grano duro per aiutare a migliorare la conoscenza dei processi di formazione dei prezzi».
La sovranità alimentare non sia uno slogan vuoto
«Se non si riconosce valore ad un prodotto che ha elevati standard qualitativi, ma costi di produzione meno competitivi rispetto a Paesi esteri, sostenere la sovranità alimentare diventa uno slogan vuoto di significato». Lo mette in luce il presidente Cia-Agricoltori italiani, Cristiano Fini. Secondo Cia, in Italia è sempre più a rischio la produzione agricola di grano duro, la più estesa per superficie nel Paese.
«Occorre mettere in campo quelle azioni strutturali di cui si parla da anni per riequilibrare la catena del valore, lavorando sulla trasparenza dei prezzi con il ripristino della Cun (commissione unica nazionale) favorendo il dialogo interprofessionale ed è allo stesso tempo necessaria l'istituzione di “Granaio d'Italia e del relativo registro telematico dei cereali, che prevede azioni di contrasto verso i fenomeni speculativi. si devono, infine, studiare con Ismea nuovi strumenti che certifichino i costi di produzione del grano duro».
La strada degli accordi di filiera
«In un paese come l'Italia - evidenzia il presidente della Copagri Tommaso Battista -, che è il maggior produttore mondiale di pasta e dal quale dipende ben un quarto della produzione globale, per un valore complessivo che supera addirittura i 20 miliardi di euro, è fondamentale che tutti i principali attori dell'agroalimentare di adoperino per sostenere concretamente la filiera del grano duro, comparto che contribuisce quotidianamente a tenere alta l'immagine del made in italy nel mondo». Secondo Battista occorre andare avanti con maggiore determinazione sulla strada degli accordi di filiera, «unico strumento in grado di tutelare realmente i produttori agricoli».
«Bisogna lavorare per incidere sul deficit strutturale di grano duro del nostro Paese che, a fronte dei 4 milioni di tonnellate prodotti, necessita di quasi 6 milioni di tonnellate per rispondere al fabbisogno dell'industria molitoria».
I motivi del deprezzamento
Il raccolto mondiale del 2022 di grano duro è stato positivo ed ha portato sollievo alle tensioni del mercato originate dal limitato raccolto canadese del 2021 a causa di siccità e incendi.
Anche le aspettative per le produzioni del 2023 sono per il Clal positive a livello mondiale, clima favorevole permettendo.
In Canada le produzioni sono attese in aumento nonostante i minori ettari destinati, grazie ad un miglioramento delle rese. Negli Usa le aree coltivate a grano duro sono stimate in crescita e, di conseguenza, anche la produzione totale.
In Italia ci si aspetta un leggero incremento delle aree seminate e, quindi, delle produzioni. Una proiezione, quest’ultima del Clal, non condivisa da Copagri che per la campagna 2022/23 stima 1,21 milioni di ettari seminati a grano duro, in calo dell'1,4% sulla campagna precedente, e una produzione stimata pari a circa 3,9 milioni di tonnellate, in leggera diminuzione rispetto ai 4,2 milioni di tonnellate della scorsa annata.
L'euro sta recuperando valore rispetto al dollaro, amplificando il trend ribassista dei prezzi all'import.
Tutte le principali materie prime agricole hanno adottato un andamento ribassista da diversi mesi. la domanda, infatti, è rallentata in risposta agli aumenti dei prezzi e questo sta riportando i valori complessivi a livelli più vicini alla media storica, seppure ancora elevati. Inoltre, l'Ucraina immette prodotti nei mercati a prezzi molto competitivi. Queste dinamiche caratterizzano anche i cereali, tra cui mais, grano tenero e grano duro.