La ricetta di Cia Toscana per fermare la fuga dall’agricoltura

Cia Toscana
In dieci anni nella regione perse ventimila aziende agricole e il 15% della Sau. Fini: poco reddito ed emergenze continue

Costi di produzioni alle stelle, sempre più danni da animali selvatici, crisi di mercato, aree interne abbandonate, emergenza idrica. Queste le spine nel fianco dell’agricoltura toscana elencate dal presidente regionale di Cia agricoltori italiani Valentino Berni in apertura dell’assemblea regionale dal titolo “Salvaguardare l’agricoltura per salvare il futuro”.

Secondo l’Istat tra 2010 e 2020 la Toscana ha perso oltre 20mila aziende agricole (scese da 72.686 a 52.146 -28,3%); ha visto ridursi di 640.111 ettari la Sau (-15,1%), mentre la superficie boscata è aumentata arrivando a un’estensione pari a un terzo della Sau.

«Abbiamo visto scomparire l’agricoltura di montagna e lo spopolamento delle aree interne – ha sottolineato Berni –. Subiamo da sempre una marginalità minore rispetto ai nostri competitor della filiera agroalimentare; crisi di mercato, inflazione e speculazione. Abbiamo bisogno di un piano strategico nazionale che vada su proposte mirate rivolte a un’attenzione del ruolo dell’agricoltore all’interno della filiera, del bisogno di avere acqua per usi agricoli e civili, che incida sulla promozione e aiuti le aziende a entrare nei mercati, a gestire la selvaggina, un piano che spenda con concretezza i fondi a disposizione».

«Sulle filiere agroalimentari bisogna implementare l’aggregazione aiutandole nella crescita con investimenti mirati riqualificanti che servano a inserire le piccole aziende in questo tipo di percorso e migliorare l’assetto organizzativo – ha aggiunto Berni –. Inoltre, le continue limitazioni che l'Europa impone all’utilizzo degli agrofarmaci mettono fuori competizione i nostri agricoltori rispetto a quelli extra Ue».

Prezzi, i conti non tornano

Di fronte all’impennata dei prezzi degli alimentari spinti dall’inflazione – fa notare la Cia – cibi e bevande sono aumentati sullo scaffale dell’11%. Nello stesso periodo il prezzo del grano duro italiano è crollato del 40%. Una situazione paradossale che impone un cambio di passo da parte delle istituzioni per tutelare gli agricoltori e il loro reddito lungo la filiera. I margini per il raggiungimento dell’obiettivo ci sono. Dal campo alla tavola i prezzi crescono in media a tre cifre. Per fare qualche esempio: prendendo a riferimento il periodo agosto-settembre 2023: per un kg di pomodori 1,13 all’agricoltore e 3,73 euro il prezzo finale, aumento del +230%. Aumento del 246% anche per il latte: all’allevatore vanno 0,52 €/l mentre il consumatore per comprare quel latte spende 1,80 €/l.

Acqua, ungulati, consumo di suolo e fondi europei

«Dobbiamo avere acqua a disposizione a un prezzo adeguato per garantire la competitività delle nostre aziende – ha continuato Berni – dobbiamo fare le grandi opere che servono anche per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici tra bombe d’acqua a periodi di siccità».

Non è mancato l’intervento sull’emergenza ungulati e selvatici. «Il problema va affrontato subito e risolto – ha affermato il presidente di Cia Toscana – devono essere utilizzati i mezzi appropriati a risolvere questa situazione non più sostenibile, non vogliamo proclami ma azioni mirate e dirette, controllo analisi rapida e successive soluzioni se non appropriate le precedenti. La gestione della caccia è un problema serio che riguarda tutte le aziende e mina la redditività delle aziende, gli animali devono essere riportati sotto la soglia di incidenza del danno strutturale che hanno creato e stanno creando alle aziende. Il lupo è diventato ormai da tanti anni un problema serio, non si è fatto nulla su questo problema per arginare la situazione, non è più procrastinabile la messa in atto di misure volte a ridurre la presenza di predatori nei nostri territori ne va della presenza dei nostri allevatori e dell’incolumità delle persone che vivono le aree rurali».

E ancora «dobbiamo fare una legge che blocchi il continuo consumo di suolo che blocchi le speculazioni ideate dall’agrifotovoltaico e dall’incapacità di recuperare le aree urbane e industriali. Serve una legge che incentivi il presidio del territorio soprattutto di quelle aree marginali che hanno bisogno della presenza dell’uomo per mantenere un equilibrio delicato».

Per quanto riguarda la promozione, ha aggiunto Berni: «Per rendere una piccola azienda redditizia dobbiamo guidarla e accompagnarla fino alla vendita dei propri prodotti e la difficoltà inizia proprio in quel momento. Ma una concorrenza forte e spietata da anni è presente nel mercato e non lascia scampo: lo Stato e la Regione devono incentivare con iniziative di filiera corta comunità del cibo a creare sostenibilità per i piccoli agricoltori».

Sulla gestione dei fondi comunitari: «La strada è semplice e chiara mi sembra già tracciata: i fondi di sviluppo servono per sviluppare le aziende e visto che le aziende sono per il 90% medio piccole dobbiamo indirizzare gli investimenti per far sviluppare le aziende e non per creare sussistenza che porta l’azienda a un inesorabile declino. Abbiamo bisogno di una classe dirigente politica che si assuma le proprie responsabilità che dialoghi con i cittadini e si confronti con le parti sociali che entri nel merito delle problematiche».

La Pietra: Ue causa di (quasi) tutti i mali

«Molti dei problemi citati da Berni derivano da politiche europee che secondo noi non sono andate incontro alle esigenze del mondo agricolo – ha detto il sottosegretario del Masaf Patrizio Giacomo La Pietra –. Lo dimostrano le proteste di agricoltori che ci sono oggi in altri Paesi. Per quanto riguarda il governo di cui faccio parte, siamo andati in Europa portando le esigenze dei nostri agricoltori e allevatori, e abbiamo iniziato a dire no. Non siamo d’accordo alla diminuzione dei fitofarmaci in maniera così, aumentiamo la ricerca: non siamo contrari alla sostenibilità ambientale, ma dobbiamo contemporaneamente la sostenibilità economica delle nostre aziende. Sono convinto che dobbiamo riuscire a fare in modo che sia riconosciuto il giusto valore del prodotto che viene fatto dagli agricoltori, fino a oggi non è stata seguita questa logica».

Saccardi: questa Pac non ci aiuta

«Oggi siamo in grave difficoltà perché intanto dobbiamo passare attraverso una programmazione nazionale, andare in Europa senza a volte la conoscenza delle singole regioni – ha detto l'assessora regionale all’agricoltura Stefania Saccardi –. Sono convinta di trovare ascolto nel Governo sotto questo profilo, però certamente è un meccanismo che non ci aiuta, che non ci aiuta nei cambiamenti e neanche nei cambiamenti climatici. Nonostante le alluvioni in Toscana dello scorso novembre, l’emergenza idrica deve essere risolta – ha aggiunto – non abbiamo intenzione di tornare indietro sul fronte emergenza siccità, riprendendo il tavolo che avevamo aperto con le organizzazioni di categoria: stiamo cercando di diminuire la burocrazia per accelerare la realizzazione di invasi».

Fini: poco reddito e continue emergenze

«Abbiamo poco reddito e tanta emergenza – ha sottolineato il presidente nazionale di Cia Cristiano Fini –. Siamo andati in piazza il 26 ottobre per manifestare il nostro disagio che si sta vivendo nelle campagne, per denunciare quelle che sono le emergenze e portare delle proposte. Credo che questo Governo abbia messo in campo tanta determinazione e noi abbiamo cercato di fare squadra: il tema è che abbiamo bisogno di avere più concretezza rispetto alle buone intenzione. Il piano strategico nazionale può essere davvero quel Piano in grado di dare sviluppo e prospettiva all’agricoltura, fatto di azioni concrete e che non lasci ad esempio le regioni da sole sul consumo di suolo, così come l’emergenza della fauna selvatica. A dispetto di tutte le fake news – ha detto Fini – gli agricoltori non inquinano, rispettano da anni gli impegni ambientali anche mettendo a rischio i loro profitti; producono energie alternative e non sprecano acqua, ma la usano per produrre cibo di qualità. Senza agricoltura, il Made in Italy non può esistere e la sicurezza alimentare non ha garanzie; non c’è presidio del territorio e custodia del paesaggio, anche contro il dissesto idrogeologico; le aree interne si spopolano ed economia e società non sopravvivono. Abbiamo, dunque, buoni motivi per reclamare più attenzione per le nostre aziende agricole. Deve rimetterle al centro l’Italia così come l’Europa, che dovrebbe stare dalla nostra parte, invece di continuare a imporre norme e regolamenti dall’alto».

La ricetta di Cia Toscana per fermare la fuga dall’agricoltura - Ultima modifica: 2024-01-15T17:30:32+01:00 da Redazione Terra e Vita

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