Il 22 aprire si celebra la giornata Mondale della Terra, intesa come l’elemento fondamentale per la nostra esistenza che però si va progressivamente esaurendo. Ogni anno, si stima che il consumo mondiale di terreno sottratto alla coltivazione corrisponde ad una superficie uguale a quella dell’Italia, per cui andando di questo passo è facile prevedere per il 2030 una perdita pari ad una superficie corrispondente all’Australia.
Infatti quasi il 40% della superficie terrestre è sottoposta alle attività agricole e zootecniche, con una porzione di suolo idoneo alla coltivazione pari a 4,4 miliardi di ettari ossia 146 volte l’Italia, eppure negli ultimi 40 anni è diventato improduttivo il 30% dei terreni coltivabili. E in molte regioni i problemi relativi alla qualità del suolo interessano oltre metà delle terre coltivate, specialmente in Africa Sub-Sahariana, in America del Sud, nel Sud-Est Asiatico e in Nord Europa.
Proprio in occasione della Giornata mondiale della Terra il Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn) ha voluto ricordare che lo spreco alimentare è divenuto uno dei fenomeni più importanti che contribuisce alla perdita del terreno in quanto un terzo degli alimenti prodotti viene gettato o sprecato, generando circa l'8% delle emissioni globali di gas serra. E l'acqua usata per produrre cibo non mangiato "equivale alla portata del Volga".
Lo spreco, però, è anche sinonimo di “sovrasfruttamento del territorio”, inteso come terra che viene usata per coltivare cibo che alla fine nessuno mangia. Ridurlo potrebbe far risparmiare fino a 1,4 miliardi di ettari di terreno ossia il 30% della superficie agricola disponibile.
In Italia l’industria getta “solo” il 2,3% del cibo prodotto, ma a livello domestico sprechiamo troppo
Secondo la FAO, nel mondo, il 45% di frutta e verdura viene sprecato. Lo spreco avviene sia a livello industriale, a causa di fattori climatici e ambientali non favorevoli e di surplus produttivi; sia a livello domestico, perché compriamo troppo o non conserviamo bene i cibi. In Europa circa il 42% di quello che compriamo finisce nella spazzatura perché andato a male o scaduto prima di essere consumato.
Eppure esistono Paesi che si stanno distinguendo per la lotta alla cattiva gestione del cibo. Francia, Germania e Spagna rappresentano le realtà che più di tutte hanno compiuto dei passi concreti nella riduzione di questo fenomeno. Di contro, Indonesia, Libano ed Emirati Arabi sono i Paesi che devono compiere i passi più importanti per superare questo problema.
L’Italia si distingue per i passi compiuti nella lotta allo spreco in quanto si è passati dal 3,58% del cibo gettato rispetto a quello prodotto nel 2016, al 2,3% del 2017. Il merito è delle politiche messe in campo, come avvenuto con la Legge Gadda che ha semplificato le procedure per le donazioni degli alimenti invenduti e puntato al recupero di cibo da donare alle persone più povere. Gli sforzi maggiori andranno focalizzati, invece, sullo spreco domestico.
Ogni anno gli italiani gettano in media 145 kg di cibo pro capite, più di quanto potrebbe consumare mediamente in 1 anno una famiglia di 3 persone, mentre la frutta e gli ortaggi che gettiamo via nei punti vendita comporta lo spreco di più di 73 milioni di metri cubi d’acqua (usata per produrli), ovvero 36,5 miliardi di bottiglie da 2 litri.
Le risorse naturali della Terra, "ce le stiamo letteralmente mangiando", sottolinea il Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn), ricordando che ne consumiamo più di quante il Pianeta sia in grado di produrne.