«Del tempo per ulteriori approfondimenti». È quello che ha chiesto il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, al termine della riunione della Conferenza Stato-Regioni che ha visto ancora una volta al centro della discussione agricola la questione dei fondi Feasr della transizione. Tra i punti all’ordine del giorno c’era sempre la modalità di ripartizione di questi fondi tra le diverse regioni. Ma di trovare un accordo, non se ne parla proprio. Anzi, a volerla dire tutta, le posizioni tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud sono totalmente agli antipodi. Tanto che Patuanelli, appunto, non ha trovato di meglio che rinviare il confronto ancora una volta, chiedendo al presidente della Conferenza, Stefano Bonaccini, di mettere il punto in stand-by.
Mediazione difficile
Evidentemente, per prendere una decisione al ministro non sono stati sufficienti i faccia a faccia dei giorni scorsi con le regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, a cui si è unita anche l’Umbria), le quali, com’è noto, sostengono da sempre il criterio storico di ripartizione dei fondi, opponendosi a qualsiasi modifica almeno per l’attuale biennio, quello appunto della transizione.
Così come non è stata sufficiente nemmeno la lunga lettera firmata dagli assessori all’agricoltura delle 13 regioni del Nord e delle due province autonome di Trento e Bolzano, che, invece, sostengono il cambiamento dei criteri per il riparto dei fondi Feasr, sulla base dell’accordo raggiunto nel 2013, anno in cui venne definita la ripartizione dei fondi per lo sviluppo rurale 2014-2020.
Dall'Ue l'indicazione di non cambiare
Patuanelli, insomma, vuole vederci chiaro. Soprattutto alla luce della nota che il Commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski ha inviato al Mipaaf più di un mese fa (la lettera è datata 3 marzo) a nome della Commissione europea. Nella nota Wojciechowski dice chiaramente che “le disposizioni del regolamento 1305/2013 relative alla ripartizione della dotazione nazionale del Feasr tra i programmi regionali non sono modificate dal regolamento 2020/2220 e si applicano anche durante il periodo di transizione (anni di programmazione 2021-2022)”.
La vexata quaestio è, dunque, ancora aperta. Ma nel frattempo i tempi stringono. Le Regioni devono modificare i propri Psr e inviarli a Bruxelles. Passaggi da compiere in tempi rapidissimi, poiché i piani di sviluppo regionali rimodulati dovranno essere approvati a Bruxelles entro il primo maggio prossimo. Anche su questo il Commissario europeo è stato laconico: «Per assegnare le risorse del 2021 e 2022, gli Stati membri devono modificare i loro Psr».
Comunque sia, una cosa è certa: l’Italia finora non ha ancora presentato alcuna richiesta di modifica alla Commissione.