La produzione di cibo e, in generale, di prodotti agroalimentari è responsabile di un impatto sull’ambiente che non può essere trascurato. L’ultimo report dell’IPCC del 2014 (Intergovernmental Panel on Climate Change) stima che annualmente le emissioni di gas climalteranti legate all’attività agricola siano comprese tra 5,0 e 5,8 GT di CO2 eq. Inoltre, l’attività agricola in particolare è responsabile del 94% delle emissioni di ammoniaca.
In questo contesto, la gestione dei sottoprodotti agroindustriali (sanse, vinacce, residui della lavorazione di vegetali e frutti ecc.) è spesso fonte di ulteriori emissioni inquinanti e, generalmente, rappresenta un costo non trascurabile. La valorizzazione di questi sottoprodotti è complicata dal fatto che la loro disponibilità è spesso stagionale, la loro movimentazione è onerosa e la loro conservabilità è generalmente limitata.
Tra le varie filiere agroalimentari, l’industria di trasformazione del pomodoro, di cui l’Italia è il primo produttore europeo, comporta la produzione di considerevoli quantità di sottoprodotti. Nel dettaglio, parte del materiale che arriva all’industria di trasformazione è scartato e non ulteriormente processato a causa di danni meccanici o biologici e/o a causa di una maturazione incompleta; oltre a ciò, dal pomodoro trasformato vengono eliminati semi e buccette. Complessivamente, i residui rappresentano circa il 2-5% della massa in ingresso all’industria di trasformazione, la parte predominante è costituita dalle buccette mentre la quota legata ai pomodori scartati è variabile in funzione della stagione.
Nonostante numerosi studi abbiano dimostrato come, da semi e buccette, possano essere estratti composti con un elevato valore poiché utilizzabili in cosmetica o a fini nutrizionali, la gestione di questi sottoprodotti rappresenta generalmente un problema (e un costo) per le aziende di trasformazione. Tra le diverse soluzioni adottabili per la loro gestione, la digestione anaerobica (DA) appare come una delle più efficaci anche perché capace di mitigare l’impatto ambientale del processo. Nel dettaglio, l’utilizzo di buccette, semi e pomodori scartati come matrici per produrre biogas non solo consente di gestire i residui ma permette di valorizzarli per produrre energia (elettrica e termica) che può essere utilizzate all’interno dell’azienda di trasformazione stessa.
Questo contributo presenta i risultati di prove di metanazione dei diversi sottoprodotti derivanti dalla trasformazione del pomodoro e valuta, al contempo, il beneficio (espresso come riduzione dell’impatto ambientale) derivante dalla loro valorizzazione energetica in un impianto di DA.
Sottoprodotti della trasformazione
L’industria di trasformazione presa in esame tratta annualmente circa 200.000 tonnellate di pomodoro prodotte su una superficie di 2.800-3.000 ha; i pomodori scartati rappresentano circa il 2% del totale (4.000 t/anno) mentre buccette e semi il 3% (6.000 t/anno).
In figura 1 è riportata la schematizzazione del processo analizzato.
Nel dettaglio vengono posti a confronto i due scenari, quello in cui non si ha la valorizzazione dei sottoprodotti che sono quindi utilizzati in agricoltura come ammendanti e quello in cui questi vengono valorizzati all’interno di un impianto di DA che produce biogas a sua volta utilizzato all’interno di un motore in assetto cogenerativo CHP. L’elettricità prodotta è immessa nella rete elettrica nazionale ed evita la produzione della stessa energia da fonte fossile, mentre il calore è in parte utilizzato per mantenere la temperatura di processo nei digestori (40 °C) e in parte reimpiegato dall’industria di trasformazione (cottura, pastorizzazione ecc.) sostituendo energia termica altrimenti prodotta tramite bruciatori alimentati a gas naturale.
Il digestato prodotto dalla DA dei sottoprodotti della lavorazione del pomodoro è utilizzato come fertilizzante organico. A tal proposito è importante ricordare che, in termini assoluti, la quantità di elementi nutritivi presente al suo interno è uguale a quella originariamente presente nei sottoprodotti; nel corso della digestione, infatti, il contenuto in NPK non cambia, varia soltanto il rapporto tra la componente organica e quella minerale.
Prove di metanazione
Al fine di determinare le caratteristiche chimico fisiche e il potenziale in biogas e metano dei diversi residui di lavorazione (pomodori scartati e buccette e semi) sono state condotte specifiche analisi di laboratorio. Nel dettaglio 30 campioni per i diversi sottoprodotti sono stati raccolti nel corso di un’intera annata produttiva, la produzione di biogas e metano è stata valutata in fermentatori batch a scala di laboratorio del volume di 3.000 ml incubati a 40 °C. L’inoculo per le prove è stato invece raccolto da impianti di biogas che hanno terminato la fase di start-up e sono alimentati con reflui, insilati e scarti agroindustriali. I risultati delle prove di laboratorio sono riportati in tabella 1.
L’impianto di biogas
L’impianto di DA in cui sono utilizzati i residui del pomodoro ha una potenza di 300 kW, opera in mesofilia ed è caratterizzato da un digestore completamente miscelato da 1.650 m3 e da un post-fermentatore da 2.000 m3. L’alimentazione dell’impianto prevede anche l’impiego di altri residui agroindustriali prodotti nell’impianto di trasformazione (es. scarti di zucca) e di liquami zootecnici provenienti da aziende limitrofe.
Per quanto riguarda l’impiego dei residui del pomodoro occorre considerare la differente conservabilità che caratterizza i pomodori scartati da semi e buccette.
Non essendo stoccabili, se non per un breve periodo, i pomodori scartati sono necessariamente impiegati all’interno dell’impianto di DA nel periodo in cui sono disponibili (stagione di raccolta del pomodoro); al contrario, considerando che buccette e semi possono essere insilati e, quindi, conservati, il loro impiego può avvenire gradualmente nel corso dell’anno.
In figura 2 è riportato, suddiviso per ogni mese, il contributo delle diverse matrici alla produzione del metano necessario per il funzionamento del motore CHP.
Annualmente sono prodotti e immessi in rete 2.490 MWh elettrici di cui circa il 60% derivanti dalla digestione degli scarti del pomodoro; oltre a ciò, 2.705 MWh termici, cogenerati dal motore CHP e disponibili al netto degli autoconsumi termici dell’impianto, sono valorizzati nell’impianto di trasformazione.
Mitigazione dell’impatto ambientale
In figura 3 è riportato il confronto tra l’impatto ambientale, valutato attraverso la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA o Analisi del ciclo di vita), della passata di pomodoro prodotta considerando o meno la valorizzazione energetica dei sottoprodotti. L’analisi LCA permette di valutare l’impat to ambientale di un prodotto e/o processo quantificandone gli effetti sull’ambiente.
È possibile osservare come per tutti gli effetti ambientali considerati la digestione anaerobica di pomodori scartati e semi e buccette consenta una riduzione dell’impatto ambientale rispetto alla soluzione tradizionale in cui non si ha una valorizzazione energetica di questi sottoprodotti.
La riduzione dell’impatto è limitata per acidificazione e per le diverse eutrofizzazioni (< 5%); occorre però considerare che, per questi effetti ambientali, l’impatto è sostanzialmente dovuto alle emissioni legate all’applicazione di fertilizzanti (lisciviazione di nitrati, volatilizzazione di ammoniaca, perdita di fosforo ecc.): essendo la fase di coltivazione uguale nei due scenari considerati è ragionevole che per questi impatti sull’ambiente i risultati siano poco influenzati dalla valorizzazione energetica dei sottoprodotti.
Per altri impatti come il cambiamento climatico (emissione di gas ad effetto serra o GHG) e l’assottigliamento dello strato di ozono, la valorizzazione dei sottoprodotti consente di ridurre l’impatto ambientale di processo in maniera considerevole (8-15%).
Sebbene la riduzione degli impatti conseguita possa apparire trascurabile occorre considerare che tale mitigazione avviene utilizzando sottoprodotti altrimenti difficilmente valorizzabili per di più tramite una tecnologia, la digestione anaerobica, che è ben conosciuta dagli operatori, è tecnologicamente matura e beneficia di incentivi pubblici in grado di rendere interessanti anche i risultati economici.
Minori costi di gestione dei residui
La valorizzazione energetica dei sottoprodotti della trasformazione del pomodoro può consentire da un lato di ridurre i costi legati alla gestione dei residui di lavorazione e dall’altro di renderne più razionale la gestione utilizzando queste matrici per la produzione di energia in grado di ridurre l’impiego di fonti fossili.
Per quanto riguarda la digestione anaerobica occorre considerare, che con l’attuale quadro di incentivazione che limita l’impiego di colture energetiche dedicate pena la riduzione della tariffa incentivante, l’impiego dei sottoprodotti dell’industria agroalimentare è una possibilità che deve essere ancora pienamente sfruttata.
A fronte di oggettive difficoltà legate alla stagionalità e alla generalmente ridotta conservabilità di questi sottoprodotti occorre tener presente che la loro gestione tradizionale rappresenta spesso un costo non trascurabile e che sono generalmente concentrati in grandi quantità in prossimità delle industrie di trasformazione.
Infine, relativamente alla filiera biogas, i risultati ottenuti evidenziano come l’impiego dei sottoprodotti possa ridurre l’impatto per quanto riguarda il cambiamento climatico, che, è bene ricordarlo, è il principale indicatore di sostenibilità considerato dalle politiche europee di incentivazione dei biocombustibili in particolare e delle bioenergie in generale.
Visualizza l'articolo completo
*Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali. Produzione, Territorio, Agroenergia, università di Milano, Via G. Celoria 2, Milano.
**Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, Università Politecnica delle Marche, Via Brecce Bianche 10, Ancona.