«Aree interne spina dorsale del paese»

Stefano Francia
Stefano Francia (presidente di Cia Emilia Romagna): «Riportare questi luoghi sopra il livello della sostenibilità vuol dire tornare a crederci davvero»

Ripartire dai territori, dalle nostre aree interne, dai tanti borghi lungo la dorsale appenninica e farlo mettendo comunità, imprese e istituzioni nelle condizioni di rilanciare l’agricoltura come asset strategico dell’economica locale, della tutela ambientale e della lotta al dissesto idrogeologico. Si tratta di un processo complesso, ma solo perché negli ultimi 50-60 anni siamo andati via via verso una società sempre più globalizzata, che ha depotenziato l’industrializzazione periferica e ingolfato le grandi città, catalizzatrici di tutto, sviluppo culturale e socioeconomico, di fatto lasciando a secco le zone rurali.

Invertire la rotta è difficile, ma non impossibile. Basterebbe tornare a mappare tanti comuni, soprattutto i quattromila delle aree interne e che contano 13 milioni di abitanti, per capire che dove c’è il problema, c’è anche la soluzione. Riportare questi luoghi sopra il livello della sostenibilità vuol dire tornare a crederci davvero. Investire sulle peculiarità agricole di ciascun territorio, mettere a terra modelli di aggregazione e processi di filiera in grado di stare in piedi da soli, perché forti di competenze e risorse indispensabili. Eliminare l’inutile carico burocratico cui sono sottoposte le imprese e, soprattutto, assicurare il necessario adeguamento dei servizi essenziali, sanità e istruzione in primis, senza i quali vivere nelle zone rurali del Paese è praticamente impossibile.

Fanno il paio i problemi infrastrutturali. Reti stradali, idriche e digitali sono strategiche e tanto più vitali nei piccoli centri. E le ripercussioni drammatiche del maltempo lo dimostrano in modo emblematico. A un anno dall’alluvione in Emilia-Romagna, continuiamo a tergiversare intorno agli ennesimi eventi estremi, piogge al Nord e siccità al Sud come non accadeva da oltre cent’anni. Realizzeremo col tempo che i cambiamenti climatici hanno accelerato una presa di coscienza, speriamo anche un cambio di passo con ricerca e innovazione, ma avremmo dovuto agire di prevenzione a prescindere, già da tempo. Perché dal punto di vista geologico l’Italia è un Paese giovane e per questo già più a rischio dissesto. Tutelare strade, fiumi, centri abitanti andava fatto con continuità e con sempre con più cognizione di causa rispetto alle scelte. Invece, a un certo punto, la governance italiana ha abdicato. È andata bene finché le strutture hanno tenuto, fino a quando, e torno al punto di partenza, nelle aree interne c’è stata una presenza agricola importante che ha fatto manutenzione tutti i giorni.

Bisogna dare al Paese nuove generazioni di agricoltori e, quindi, valorizzare il settore lavorando per assicurare reddito ed equità ai produttori, un tessuto socioeconomico solido in cui inserirsi. Allo stesso tempo, il patrimonio idrico va gestito con adeguamenti infrastrutturali significativi. Non c’è stata, nel tempo, continuità di investimenti e interventi. Occorre spingere con convinzione sul piano invasi, ma anche sull’irrigazione con le acque reflue depurate, su una rinnovata rete infrastrutturale per le bonifiche, contro la siccità, a tutela del suolo. L’alluvione in Emilia-Romagna ha fatto morti, sfollati, oltre un miliardo di danni nei campi, ancora pieni di fango e sotto fitopatie. In tutto il Paese, fuori da ogni retorica, come da interessi di parte, serve fare quadrato tra Stato e Regioni affinché non accada più, per dare modo ai territori colpiti di ripartire, e non finire schiacciati dalla burocrazia, oltre a salvare i paesaggi più belli d’Italia.


di Stefano Francia
presidente di Cia - Agricoltori italiani Emilia-Romagna

«Aree interne spina dorsale del paese» - Ultima modifica: 2024-07-10T17:10:03+02:00 da Roberta Ponci

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