Battistoni: «Le Op ortofrutticole italiane? Un modello per la nuova Pac»

Battistoni
Francesco Battistoni, Sottosegretario al Mipaaf
Il senatore forzista, Sottosegretario al Mipaaf con deleghe all’ortofrutta e all’agricoltura biologica, prende posizione anche su Nbt e deroghe sulle sementi bio. E spinge sui contratti di filiera

Siamo al giro di boa. Tra riaperture programmate, la campagna vaccinale che inizia a marciare, i sostegni bis, il cronoprogramma del Recovery con le spese dettagliate fino al 2026 dei progetti da realizzare, la sfida è: fare presto e bene. E per il settore agricolo la strada presa è quella giusta? Le risorse sono sufficienti? Quali interventi e misure aggiuntive sono necessarie per risollevare le filiere più in difficoltà? Il Sottosegretario al Mipaaf Francesco Battistoni traccia una visione d’insieme su alcune delle tematiche cruciali che interessano il comparto agricolo.

Ritiene che le risorse stanziate nel Recovery Plan per il settore agricolo siano sufficienti?

Nell’analizzare le misure non dobbiamo cadere nell’errore di guardare soltanto i numeri, il Piano va valutato nel suo complesso e contestualizzato alla crescita generale che l’Italia avrà nel tempo. Per il comparto agricolo abbiamo richiesto 1,5 miliardi per sostituire le coperture degli stabilimenti agricoli con impianti fotovoltaici, 800 milioni per la logistica, quasi 2 miliardi per lo sviluppo delle produzioni e delle tecnologie inerenti al biogas ed al biometano, 500 milioni per l’ammodernamento delle macchine agricole e 880 milioni per gli invasi ed il sistema irriguo. Ma anche 1,2 miliardi di euro per i contratti di filiera dal fondo complementare.

Inoltre gli investimenti infrastrutturali miglioreranno le condizioni della filiera, così come gli investimenti alla nostra rete di telecomunicazione, il cui ammodernamento andrà a vantaggio anche delle zone rurali di prossimità. Se ragioniamo con questa impostazione, possiamo uscire da un provincialismo controproducente ed entrare in una nuova ottica di crescita. Serve un cambio di passo anche culturale. L’aspetto che più preoccupa sarà il rispetto delle tempistiche d’intervento. Dobbiamo farci trovare pronti con progetti fattibili perché l’Europa non ci concederà la possibilità di sbagliare. Servirà ridurre la burocrazia senza perdere la capacità di controllo sugli atti amministrativi. È una sfida nella sfida.

Il fondo filiere previsto nel Dl Sostegni, basterà a risollevare, per esempio, la filiera ortofrutticola martoriata dalle gelate e dai prezzi alla produzione molto bassi?

Negli ultimi 10 anni abbiamo registrato circa 14 miliardi di euro di danni per via dei cambiamenti climatici, è una cifra che ci preoccupa fortemente. Sulle gelate di inizio aprile ci stiamo lavorando. Il problema è che il sistema assicurativo non è riuscito a coprire integralmente le richieste provenienti dalle imprese agricole. Una volta che le Regioni avranno deliberato lo stato di calamità, come Mipaaf ci attiveremo per favorire l'approvazione di una legge in deroga, compresa di uno stanziamento economico, che consentirà l'erogazione di interventi compensativi del Fondo di Solidarietà nazionale per quelle imprese danneggiate che al momento dell'evento non avevano copertura assicurativa. Parallelamente lavoreremo per aumentare l'efficacia degli strumenti assicurativi in essere, che sono di difficile approccio per le aziende italiane.

L’Italia è leader mondiale nella produzione di alcune orticole e frutticole e questo richiede delle politiche adeguate. Quali le misure concrete per risolverne le criticità e aumentarne la competitività?

La competitività del settore deve essere affrontata sul piano della reciprocità delle regole per prevenire forme di dumping commerciale e sociale. L’Italia, inoltre, per rafforzare la competitività delle filiere agroalimentari in una prospettiva sempre più ecologica, ha inserito tra i progetti di investimento del Fondo complementare i Contratti di filiera. Si tratta di uno strumento finalizzato a promuovere programmi di investimento privato incentrati su interventi materiali e immateriali volti alla transizione verde e circolare delle aziende, alla crescita dell’occupazione e del tasso di innovazione. Attraverso i Contratti di filiera si favorisce quindi la sostenibilità ambientale delle nostre filiere, dalla produzione, alla trasformazione e al commercio, oltre la sostenibilità economica e la resilienza delle imprese che ne fanno parte.

Tornando al tema delle perdite di raccolto causate da eventi climatici avversi, che rappresentano ormai quasi la norma, ritengo che debba essere affrontato con adeguati strumenti di gestione del rischio e con una maggiore prevenzione attraverso una più ampia diffusione dello strumento assicurativo, con aiuti alle aziende per dotarle di impianti di protezione e con un potenziamento degli strumenti attuali, compresa l'attivazione di un fondo di mutualità nazionale contro gli eventi catastrofali di cui l'Italia si è fatta già promotrice in sede Ue.

Altre due criticità che minacciano direttamente la competitività delle imprese sono il costo del lavoro e il reddito agricolo. Per quanto riguarda la filiera ortofrutticola solo 6 euro su 100 restano ai produttori. Cosa non funziona?

Riguardo al costo del lavoro agricolo l’Italia vanta un livello superiore alla media europea. In base ai dati elaborati dalla Rete rurale nazionale a supporto della predisposizione del Piano strategico nazionale Pac 2023-2027, il gap positivo è di 24 punti percentuali. Tuttavia, nel confronto col dato medio dei 15 Paesi europei pre-allargamento, questo differenziale è destinato a diventare negativo, esattamente di 33 punti percentuali. È importante inoltre ricordare che il reddito agricolo è strutturalmente più basso dei salari degli altri settori dell’economia. Come affrontare questo divario? Vanno garantiti livelli equi di retribuzione a chi lavora in agricoltura, è fondamentale.

Cosa ne pensa delle nuove norme adottate dall’Ue per il regime di sostegno ortofrutticolo della Pac, ossia più semplificazione e potenziamento del ruolo delle Op per evitare le attuali crisi di reddito per i produttori?

La semplificazione degli adempimenti amministrativi in capo alle aziende per ridurne il carico in termini di tempi e costi è fondamentale. Così come è determinante il ruolo della cooperazione e dell'integrazione anche verticale; che nell'esperienza delle Op ha dimostrato in molte situazioni di migliorare la redditività delle aziende e la competitività del made in Italy, riconoscendo prezzi più alti agli agricoltori aderenti alle Op in fase di conferimento dei prodotti. Nella cornice della nuova Pac, l’esperienza delle Op maturata nel settore ortofrutticolo viene presa a modello e proposta a tutti gli altri settori.

Veniamo alle nuove biotecnologie. Bruxelles ha sbloccato il nodo sulle Nbt. Il regolamento Novel Food che ha fissato il principio di precauzione sugli ogm sarà riformato. L’Europa è in forte ritardo rispetto al resto del mondo, dove le Nbt sono in rapido sviluppo. Ritiene che bisogna accelerare per coprire questo divario o ha una posizione più cauta in merito?

È importante guardare con fiducia alla ricerca e alle innovazioni tecnologiche che supportano lo sviluppo dell’agricoltura nella direzione della transizione ecologica, ma era altrettanto importante attendere l’esito di questo studio scientifico della Commissione europea sulle nuove tecniche di modifica del genoma per continuare a garantire e a preservare la qualità del nostro cibo, la salute dei cittadini e dell’ambiente.

Si tratta di un risultato importante, che apre la finestra sulla possibilità di utilizzare biotecnologie di precisione al fine di ottenere produzioni più resistenti alle condizioni ambientali e agli effetti dei cambiamenti climatici, con un ridotto fabbisogno di input agricoli come acqua, agrofarmaci e fertilizzanti. Restiamo in attesa dei riscontri delle prossime tappe e della Consultazione che determineranno la definizione del nuovo quadro giuridico europeo per le biotecnologie.

E in Italia perché le Nbt sono praticamente assenti dall’agenda politica agricola? È una tematica scomoda?

Questo governo nasce per far fronte alla pandemia e può essere definito come un esecutivo di unità nazionale. Per utilizzare una metafora calcistica, ognuno di noi ha tolto la maglia del proprio Club per indossare quella della nazionale italiana. Perciò dobbiamo mettere da parte temi divisivi. Questo non significa lasciare indietro alcuni specifici argomenti, ci mancherebbe. Ma la priorità, in questo contesto, è lavorare sui temi che ci uniscono.

Altro tema caldo, l'Italia veste ancora la maglia nera in Europa per il ricorso alle deroghe che consentono di utilizzare semente ottenuta con tecnica convenzionale anche per l'agricoltura biologica. Come interverrà il Mipaaf su questo?

L’utilizzo delle sementi convenzionali in deroga da parte dei nostri agricoltori biologici è una questione delicata, sulla quale l’attenzione del Ministero è alta. Ad oggi, la disponibilità di sementi biologiche non è sufficiente a soddisfare appieno il fabbisogno degli operatori biologici. A fronte di questa situazione, se da un lato siamo chiamati a garantire l’approvvigionamento delle sementi ai nostri produttori, dall’altro dobbiamo garantire la trasparenza dell’intero circuito del biologico, con un sistema di controllo efficiente che renda l’utilizzo in deroga delle sementi convenzionali l’eccezione alla regola. Stiamo già lavorando in questa direzione. La piattaforma Sian dedicata alla banca dati sementi biologica, che favorisce l’incontro tra domanda e offerta, è stata già affinata per controllare e ridurre il fenomeno. In prospettiva è importante il lavoro che potremo fare tramite il Piano nazionale delle sementi biologiche, previsto nel Ddl 988 di imminente formalizzazione.

Il futuro dell'agricoltura biologica può prescindere dalla realizzazione di filiere sempre più strutturate?

Direi di no. L’Italia intende rispondere al meglio alle sfide del futuro consolidando e potenziando la filiera del proprio settore biologico. I numeri dai quali partiamo sono assolutamente incoraggianti: sono quasi 2 milioni gli ettari a biologico, corrispondenti al 15,8% della Sau totale nazionale; la dimensione media di un’azienda biologica è il doppio di quella di un’azienda convenzionale; più di 80.000 sono gli operatori; 3,3mln di euro il giro d’affari dei consumi alimentari. Il settore si contraddistingue per la sua dinamicità, con ritmi di crescita decisamente elevati sia sul fronte dei consumi che della produzione, attraendo giovani e investimenti, sviluppandosi lungo la trasformazione e l’esportazione. Il biologico italiano ad oggi comprende tante piccole e medie imprese ma anche grandi realtà, e ciascuna di queste può e deve avere un ruolo da protagonista nel futuro del settore.

Vanno rafforzati, da un lato, il settore primario, la trasformazione, i circuiti corti e la grande distribuzione; dall’altro, bisogna puntare sempre di più su ricerca, innovazione, digitalizzazione, consulenza e formazione, affinché dalle sementi biologiche ai prodotti che arrivano in tavola l’Italia possa confermarsi Paese leader del vero biologico, in una prospettiva di filiera competitiva e remunerativa per tutti gli attori coinvolti. La Pac 2023-2027, attraverso gli eco-schemi, gli interventi agro-climatico-ambientali, gli investimenti e la consulenza, rappresenta il principale strumento di potenziamento della filiera biologica.

Ci tengo a sottolineare la legge nazionale sul biologico (Ddl 988), che propone il rafforzamento della filiera attraverso i distretti biologici, l'organizzazione della produzione e del mercato, compresa l'aggregazione tra i produttori e gli altri soggetti della filiera, e non ultimo l’istituzione del marchio biologico italiano, che contraddistinguerà sui mercati il cibo biologico realizzato con materie prime italiane.

Infine, occorrerà riaggiornare il piano nazionale per lo sviluppo del Bio, datato 2015 a fronte delle nuove normative europee di riferimento.

Battistoni: «Le Op ortofrutticole italiane? Un modello per la nuova Pac» - Ultima modifica: 2021-05-24T15:43:26+02:00 da Laura Saggio

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