In alcune regioni dell’Italia meridionale le segnalazioni in vigneto di danni causati da cicaline (emitteri della famiglia Cicadellide) sono in aumento. Le cause possono essere diverse e molteplici: la riduzione dei trattamenti insetticidi contro fitofagi chiave come la tignoletta della vite, l’uso di prodotti fitosanitari non a largo spettro, le condizioni climatiche invernali più favorevoli al ciclo di alcune specie di questa famiglia di insetti.
Le specie più dannose
Tra le cicaline dannose per la vite in Italia Scaphoideus titanus è sicuramente la specie più pericolosa perché vettore del fitoplasma agente della flavescenza dorata. La sua presenza in Italia meridionale, però, è limitata ad aree climatiche più fresche, come alcune zone di montagna dove la viticoltura è poco diffusa e, sebbene sia un organismo da quarantena oggetto di monitoraggi sul territorio, la sua diffusione e pericolosità è limitata.
Meglio adattate ai climi meridionali italiani sono Empoasca vitis, Jacobiasca lybica e Zygina rhamni.
Riconoscerle attraverso i sintomi
- vitis e J. lybica non sono facilmente distinguibili tra loro per il colore verdognolo e le dimensioni di 2,5-3,5 mm degli adulti. Anche i danni sono molto simili: entrambe si nutrono succhiando linfa dal floema delle foglie; il primo sintomo di un attacco (oltre alla presenza degli insetti) quindi consiste in clorosi puntiformi attorno alla puntura di suzione, che spesso necrotizza. Successivamente le foglie colpite vanno incontro ad accartocciamenti e ispessimenti della lamina fogliare con precoci arrossamenti o ingiallimenti, a seconda che le varietà siano a bacca rossa o gialla. Le foglie spesso presentano disseccamenti a partire dal margine che poi si estendono all’intera lamina, con filloptosi anticipata.
Queste due specie svernano come adulti, favorite da inverni miti, su piante spontanee prevalentemente arbustive. In primavera si portano sulla vite dove le femmine ovidepongono dando origine ad un numero variabile di generazioni, che dipende dalla specie e dalle temperature ambientali. Condizioni climatiche calde e umide, come quelle che si creano nei vigneti irrigui in estate, sono favorevoli alle infestazioni.
Gli adulti di Z. rhamni sono giallastri con macchie rosse su capo, pronoto e ali. Questa specie si nutre succhiando il succo cellulare e non la linfa, per cui i danni sono meno gravi, limitandosi a picchiettature clorotiche senza deformazione della lamina delle foglie colpite che però possono precocemente andare incontro a fenomeni di senescenza.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
Abbonati o accedi all’edicola digitale
Intervenire tempestivamente
Spesso l’individuazione dell’infestazione è tardiva, in tarda estate quando le foglie colpite da forti attacchi vanno incontro a senescenza precoce e, nelle varietà a bacca rossa, ad evidenti alterazioni cromatiche. In questa fase, però, il danno è fatto e gli eventuali interventi fitosanitari sono inutili. Il momento migliore per il controllo, invece, è in primavera sulla prima generazione, quando la maggior parte della popolazione è ancora in stadi preimmaginali, incapaci di volare e più esposti ai trattamenti. Ma anche in questo periodo è possibile valutare la possibilità di intervenire, monitorando i sintomi fogliari (necrosi e clorosi) che ora saranno più evidenti e la presenza degli insetti (che potrebbero essere alla seconda generazione). Le strategie e le sostanze attive da utilizzare potranno essere le stesse previste per lo scafoideo.