«Le innovazioni tecnologiche e digitali sono il futuro del settore agricolo, e noi giovani che siamo in grado di utilizzarle dobbiamo essere i protagonisti di questa rivoluzione». Lo afferma il 31enne Andrea Fantini, che insieme al papà Alteo, gestisce l’azienda mista Società agricola Fantini Andrea e Alteo a Massa Castello (Ra).
L’azienda si estende su una superficie complessiva di 16,5 ettari, 7 in proprietà e 9,5 in affitto. La parte di proprietà è coltivata 3 ettari a meli, tutti protetti sotto rete antigrandine e antinsetto, 2 ettari a vigneto, e la restante superficie a peschi.
Sul terreno in affitto sono allevate in estensivo colture ibride da seme, orticole (cicoria, cetrioli e carote) e industriali (barbabietola da zucchero da seme), che permettono, come spiega Fantini, di ottenere, nonostante un importante impiego di manodopera, un reddito simile e alle volte anche maggiore a quello che genera un impianto di frutteto. «La scelta di diversificare la vocazione frutticola della nostra azienda è stata vincente. Permette a un’azienda piccola di fare reddito – afferma Fantini – e garantire, le rotazioni colturali».
Andrea, oltre a essere associato Cia, è il coordinatore del gruppo giovani di Cac (Coop Agricola Cesenate) «regolarmente organizziamo incontri formativi su tutto il territorio nazionale. Fare rete ci consente, per esempio, di approfondire nuove tecnologie applicate da colleghi in altre parti di Italia. Questo continuo scambio di conoscenze è molto utile per noi giovani».
La sfida del primo insediamento
Quando sei entrato in azienda?
A 24 anni. A 27 sono diventato socio effettivo. Non ho una formazione agraria. Sono perito metalmeccanico. Ho lavorato per cinque anni come addetto al controllo progetti per aziende del settore offshore/petrolifero e poi ho fatto una scelta di vita: proseguire l’attività di mio padre e investire nell’azienda agricola. Mi sono lanciato in questa sfida con passione e determinazione e questo ha fatto la differenza. Ho beneficiato della misura del Psr primo insediamento e miglioramento del rendimento globale e della sostenibilità aziendale. E da lì è iniziata la trasformazione dell’azienda.
Raccontaci
Ho deciso che la priorità era investire in innovazione, sia per quanto riguarda la gestione informatica che lo sviluppo del digitale. Abbiamo rinnovato circa il 90% del parco macchine, che si è tradotto in più sicurezza durante il lavoro in campo, minor tempo e maggiore precisione nelle lavorazioni. Abbiamo anche acquistato un trattore per i trattamenti fitosanitari in frutteto con cabina pressurizzata di categoria 4.
Poi, convinti che la sostenibilità rappresenti un obiettivo importante da percorrere, abbiamo realizzato un impianto fotovoltaico, che gestisco da remoto attraverso smartphone, che garantisce un risparmio energetico di circa 1.500 euro annui. L’investimento dell’impianto è stato ripagato in tre anni.
E in campo quali innovazioni hai portato?
Da quando gestisco l’azienda abbiamo abbattuto circa tre ettari di peschi, che purtroppo non sono più redditizi come una volta, e abbiamo ingrandito un impianto di meli di poco meno di un ettaro con ulteriori due ettari. È stato un investimento importante, un impianto di melo costa più di 60mila euro, ma ne è valsa la pena. Per difendere le piante dai danni climatici e dalla cimice asiatica abbiamo anche coperto e chiuso tutto l’impianto con rete anti grandine e rete antinsetto.
Poi abbiamo computerizzato l’impianto di irrigazione, con filtri automatizzati alla sabbia di quarzo. L’irrigazione di precisione localizzata sulla fila, già presente sui vecchi impianti di melo e pesco è stata installata su tutti i nuovi impianti, compreso il vigneto, dove abbiamo deciso di metterla interrata, per rendere l’evaporazione ancora più lenta e di conseguenza migliorarne l’efficienza, questo ci ha permesso di ottimizzare notevolmente le risorse idriche, e quindi economiche, oltre al tempo di lavoro. Sul melo da aprile fino a raccolta irrighiamo quindi una volta al giorno. Noi abbiamo 75 file di meli, con un irrigatore sottochioma riesci a irrigarne quattro per volta, quindi ci vorrebbero 10 rotoloni da far girare a giorni alternati. Non sarebbe fattibile né sostenibile.
Di recente utilizziamo anche la fertirrigazione automatica per nutrire la pianta con minerali quali magnesio e ferro per renderla ancora più sana laddove ce ne fosse bisogno.
Le reti anticimice stanno portando i risultati sperati?
Pienamente. Le reti anticimice sono state la vera svolta degli ultimi anni. L’investimento iniziale è stato importante – qualche migliaia di euro per ettaro – ma il ritorno, in termini di maggiore resa produttiva ed economica, è stato molto buono. Queste reti garantiscono un’elevata qualità dei frutti, risparmiati dagli attacchi patogeni, e permettono di limitare moltissimo i trattamenti chimici. A oggi è quasi impensabile produrre mele di qualità senza questa tecnica, servirebbe un cospicuo e frequente impiego di prodotti fitosanitari e ciò nonostante non sarebbe comunque garantita la salvaguardia dagli attacchi di questo parassita che può portare a danni in percentuali anche prossimi al 100%.
Oltre alle reti anticimici stiamo sperimentando con successo la lotta per confusione sessuale. Da quest’anno abbiamo montato diffusori digitali che spruzzano automaticamente, previa impostazione da remoto, il feromone della Carpocapsa e il risultato è stato eccellente. Non abbiamo trovato mele danneggiate. Questa tecnica la utilizziamo anche con dispenser più piccoli per combattere la Zeuzera sul melo e la Cydia molesta sul pesco.
Le nuove tecnologie quanto hanno contribuito a incrementare la produttività?
La raccolta di quest’anno è stata 700 quintali di mele, 20 quintali di pesche – annus horribilis per danni da gelo sul 98% delle coltivazioni – 450 quintali di uva. In agricoltura soprattutto quando fai impianti arborei devi aspettare che le piante crescano e inizino a produrre. I primi impianti fatti 3 anni fa quest’anno erano già in ottima produzione. Al 2023 quando andrà a regime anche l’ultimo impianto prevediamo un aumento produttivo importante, quasi raddoppiato. Per le mele arriveremo a circa 1.500 quintali, per le pesche 600-700 quintali e circa 800 quintali di uva.
Stando alle stime punterete sempre più sul melo?
Sul melo puntiamo e punteremo tantissimo. Coltiviamo tre varietà di mele, Pink Lady, Gala Fab, e quest’anno entriamo sul mercato con una mela che è stata una mia scommessa, Candine. Pink Lady viene mediamente liquidata a un prezzo medio di 60 cent al chilo, Gala Fab estiva circa 30cent, Candine dovrebbe posizionarsi in mezzo alle due, speriamo il più vicino possibile alla Pink Lady. È una varietà che ha numerosi vantaggi. Oltre ad essere molto buona a livello gustativo, essendo dolce e croccante, è resistente alla Ticchiolatura, non richiede particolari trattamenti e si raccoglie in un periodo ottimale, da metà a fine settembre. Candine è una cugina della più nota Fuji. Papà era titubante nel piantare una varietà sperimentale. Io ho insistito, bisogna anche rischiare.
Oltre a potenziare la melicoltura, nei prossimi anni voglio aumentare la superficie vitivinicola e trovare altro terreno nudo per incrementare anche la superficie delle colture da seme e garantire così una rotazione più larga alle colture. Tutte le mie scelte gravitano intorno a due obiettivi: più qualità e più sostenibilità. E sono convinto che le nuove tecnologie siano lo strumento più efficace per metterli in campo.
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