Dopo il fallimento del tavolo latte tenutosi giovedì 14 febbraio a Roma, il secondo tentativo di trovare un’intesa, sabato 16 a Cagliari quando è stata definita una bozza di accordo su un prezzo di 72 cent/litro come acconto, sembra andato meglio. Almeno, questa è l’interpretazione del ministro Gian Marco Centinaio (nella foto, dalla sua pagina facebook, mentre assaggia una fetta di Pecorino) e del vicepremier Matteo Salvini.
Il ministro infatti ha affermato: «Sono contento, c'è stato impegno e quindi si parte da un ragionamento sul prezzo base e poi su dieci punti di confronto. L'obiettivo è che questa filiera possa funzionare. Il nostro obiettivo è anche superare un euro». E Salvini: «I 72 centesimi al litro (come acconto) sono un ulteriore passo in avanti per risolvere il problema del latte di pecora. È un'ottima notizia. Possiamo dire di aver iniziato un nuovo percorso, insieme a pastori sardi e industriali, con un governo che non ha usato la repressione ma il dialogo e il buonsenso. Complimenti anche al ministro Centinaio. Continuiamo a lavorare per chiudere l'intesa».
I dettagli dell’accordo del 17 febbraio
Oltre alla definizione di quota 72 l’intesa di Cagliari ha visto i pastori sardi impegnarsi per tre giorni di tregua nella loro mobilitazione, per non bloccare il conferimento del latte e far riprendere a lavorare i caseifici. Tre giorni in vista della ripresa delle trattative il 21 febbraio al ministero a Roma. Nel frattempo la proposta messa sul tavolo per avere 72 centesimi al litro oggi, come acconto, per poi arrivare a fine stagione a un euro - anche 1,20 come chiedono gli allevatori sardi - sarà posta al vaglio del mondo degli allevatori.
Nelle intenzioni il prezzo è destinato a salire da 0,72 a 1,00-1,20 euro grazie ai quasi 50 milioni messi in campo da Regione Sardegna, governo e soggetti privati per ritirare il Pecorino Romano invenduto e che, stoccato nei magazzini, fa scendere il prezzo del prodotto da grattugia che determina quanto pagare il latte agli allevatori.
Più in dettaglio, ricostruisce l’Ansa, la bozza dell’accordo di Cagliari riconosce il prezzo al litro di 0,72 euro Iva inclusa come acconto per i mesi di febbraio, marzo e aprile 2019. A fine maggio, sulla base del mercuriale della Camera di commercio di Milano relativa al periodo giugno 2000 - maggio 2019, ci sarà un primo controllo dei prezzi.
A ottobre definizione del prezzo finale sulla produzione novembre 2018-ottobre 2019. «A quel punto si determinerà il prezzo finale, che varrà per tutta l'annata e dunque avrà effetto retroattivo su tutta la produzione precedente», ha spiegato il vicepresidente della Regione. Prossime azioni della Giunta sarda saranno il ritiro delle forme di pecorino romano per 10 milioni di euro, il che significa fra i 15mila e i 20mila quintali di formaggio che sarà messo a stagionare.
Per il primo novembre, continua l’Ansa, è prevista la verifica finale del prezzo medio relativo al periodo novembre 2018-ottobre 2019. Su questa base sarà determinato il conto a conguaglio da corrispondere a saldo. I prezzi finali saranno determinati secondo le normali logiche del mercato legando il prezzo del latte alle dinamiche del mercato dei formaggi dop sardi.
Altri punti dell’accordo di sabato 16 prevedono una rappresentanza dei pastori all'interno dei consorzi; la proroga della scadenza dell'atto programmatorio relativo al pecorino romano; misure di monitoraggio per assicurare il rispetto delle quote; un registro telematico del latte ovicaprino; contatti con le banche per una moratoria dei mutui; la nomina di un prefetto con compiti di analisi, sorveglianza e monitoraggio delle attività della filiera; accordi con la grande distribuzione per promuovere la vendita del prodotto; la costituzione della Cun del latte ovicaprino; iniziative per sostenere l'internazionalizzazione del prodotto d’intesa con l’Ice.
Ma arrivano molti no
Ma se Centinaio e Salvini si dichiarano ottimisti, non sono dello stesso avviso molte altri parti in gioco: gli stessi pastori, la Coldiretti, la Cia.
Intanto c’è da registrare che i gesti eclatanti di protesta da parte degli allevatori non si sono fermati, non hanno rispettato i tre giorni di tregua prospettati al tavolo di Cagliari. Molti hanno ancora gettato il latte a terra, i social ribollono di rabbia, c’è stato un blitz contro una cisterna di latte. Anche il leader del Movimento pastori sardi, Felice Floris, non fa sconti: la bozza di accordo del tavolo di Cagliari, dice, «è un passo indietro».
Con quella bozza, continua Floris, «si torna alla proposta già scartata un mese fa al tavolo organizzato dall'assessore dell'agricoltura. Allora si stava chiudendo sopra i 70 centesimi più Iva e non abbiamo accettato. E senza mettere sul piatto della bilancia i 50 milioni di euro di oggi. La gente, però, non torna indietro e noi lo sentiamo. Non c'è trattativa se non c'è un sistema immediato che porti ad una soluzione strutturale, con un minimo garantito per i costi di produzione e non con il prezzo del latte che viene stabilito dopo la vendita. Il valore finale deve essere poi ancorato ad una griglia di prodotti che non preveda solo il Pecorino Romano».
Chiusura anche da Cia-Agricoltori Italiani, che in un comunicato «ribadisce il proprio no alla proposta di 72 centesimi al litro per il latte ovino e chiede la chiusura della vertenza a 1 euro, così come promesso nel recente incontro a Roma dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini». Al termine del tavolo in Sardegna dei pastori con il Ministro Centinaio, la Cia «riafferma l’apprezzamento per lo sforzo che il Governo sta compiendo nella risoluzione dell’emergenza ma ritiene si sia ancora lontani dall’esito positivo della negoziazione. La bozza proposta non soddisfa il mondo degli allevatori, il lungo e difficile confronto di ieri ancora non ha prodotto il risultato atteso».
Le richieste dei pastori, continua la Cia, «partivano dalla copertura del costo di produzione pari a 74 centesimi + Iva al litro per arrivare al prezzo di 1 euro + Iva, come promesso dal ministro Salvini. La proposta di un accordo a 72 centesimi, Iva compresa, è invece molto lontana da queste premesse. Pertanto, la Cia sostiene le rivendicazioni dei produttori sardi e ricorda come la chiusura del tavolo sia importante a livello nazionale, perché la determinazione del prezzo del latte sardo ha ricadute su tutta la zootecnia ovina italiana. La Cia riconosce l'impegno del Governo e della Regione Sardegna per questa operazione di alleggerimento del mercato e spera si possa arrivare a un risultato positivo nel tavolo convocato per giovedì 21 a Roma».
La crisi del latte ovino sta ormai gravando in maniera pesante sull’economia della Regione, sottolinea ancora la Cia, con oltre 36 milioni di latte sversato. «ll Banco di Sardegna ha stimato fino a domenica 17 febbraio 24 milioni di euro di danni per l’agricoltura isolana e ogni giorno in più di sciopero costerà in media altri 2 milioni e 400mila euro, considerando il valore del latte non trasformato e i mancati introiti per tutto il resto dell’indotto. La Cia sostiene gli allevatori sardi nella richiesta di una contrattazione regolamentata fra trasformatori e industriali oltre alla partecipazione diretta nel consiglio di amministrazione del Consorzio del pecorino romano, in modo da arrivare a una maggior trasparenza nella sua gestione ed evitare pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare».
Coldiretti: serve clausola di garanzia
La critica di Coldiretti, infine, si impernia su questo: nella bozza dell’accordo «bisogna inserire una clausola che garantisca di raggiungere l’obiettivo di un euro per il prezzo del latte pagato ai pastori da parte degli industriali, che sono i diretti beneficiari delle consistenti misure di sostegno per 49 milioni di euro messe in campo da Governo e Regione. E’ necessario ora che sulla bozza di accordo sul prezzo del latte ovino in Sardegna si pronuncino i pastori».
Continua la Coldiretti: «L’acconto iniziale di 72 centesimi al litro è peraltro motivo di insoddisfazione perché si trova sotto i costi variabili medi di produzione certificati dal recente studio Ismea. Non mancano però risvolti positivi nell’accordo, come la volontà di inserire la presenza dei pastori nell’amministrazione del Consorzio di tutela, con l’attuale gestione che si è dimostrata inadeguata nello svolgere i compiti di valorizzazione, e la nomina di un Prefetto per verificare eventuali errori e violazioni ma anche per controllare la legalità delle operazioni di ritiro del pecorino da destinare agli indigenti con le risorse pubbliche. Importante è anche l’impegno per il passaggio delle quote di produzione ai pastori e il monitoraggio del rispetto dei livelli produttivi di produzione il cui superamento è stata la causa principale della crisi».
«Va riconosciuto infine – afferma la Coldiretti – l’impegno del Governo e della Regione Sardegna, che per questa operazione hanno messo sul piatto risorse per il ritiro di 67mila quintali di forme di formaggio in eccedenza sul mercato; e anche quello delle catene distributive, che si sono impegnate a riconoscere ai fornitori un valore, all’acquisto del pecorino, in grado di assicurare agli allevatori il prezzo di 1 euro al litro e anche a realizzare campagne promozionali come il pecorino day promosso dagli agricoltori di Campagna Amica».
La bozza di accordo - conclude la Coldiretti - riguarda 12mila allevamenti della Sardegna dove pascolano 2,6 milioni di pecore, il 40% di quelle allevate in Italia, che producono quasi 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano Dop. «In gioco c’è il futuro di migliaia di famiglie, di un settore economico strategico per il Made in italy e per l’intera Sardegna dove il 70% del territorio è destinato al pascolo dal quale gli animali traggono alimento».