Più quantità e qualità, investimenti in ricerca, aggregazione di filiera e cooperazione nel
Mediterraneo. Sono le quattro azioni indispensabili per il rilancio dell’olivicoltura italiana presentate da Cia-Agricoltori Italiani, in occasione del suo primo Forum olivicolo nazionale che si è tenuto in Calabria a Lamezia Terme. Un evento che ha coinvolto istituzioni, tecnici, scienziati per un obiettivo comune: «Rendere il settore più competitivo, innovativo e aperto -spiega il presidente nazionale Dino Scanavino- connesso da un lato al territorio e dall’altro al mercato».
Industria olearia italiana genera
oltre 3 miliardi di fatturato ma fatica a rinnovarsi
Oggi in Italia l’ulivo è coltivato su quasi 1,2 milioni di ettari, conta 825.000 aziende e circa 5.000 frantoi. Il valore della produzione agricola è di 1,3 miliardi di euro, mentre il fatturato dell’industria olearia supera ampiamente i 3 miliardi. Eppure, nonostante questi numeri -osserva Cia dal Forum- il settore fatica a rinnovarsi, a stare dietro a competitor con sistemi olivicoli più moderni, come la Spagna, che si espandono sfruttando un mercato caratterizzato da una domanda crescente (tra il 1990 e il 2019 il consumo di olio è aumentato a livello mondiale dell’82%).
Polverizzazione del tessuto produttivo,
costi alti e prezzi volatili: le criticità del settore
Tra i problemi più grandi dell’olivicoltura nazionale, secondo Cia, ci sono la forte polverizzazione del tessuto produttivo, costi alti e prezzi volatili, poca innovazione, ricambio generazionale insufficiente. In più, l’Italia vive una critica variabilità produttiva legata ad annate positive come quella in corso (si stimano 320.000 tonnellate) alternate ad altre con drammatiche flessioni, principalmente per andamenti climatici avversi e attacchi parassitari (nel 2018 si è assistito a un crollo della produzione pari a 175.000 tonnellate). Solo a causa della Xylella in Puglia, più di 4 milioni di piante hanno perso totalmente la propria capacità produttiva.
Solo l'1% degli ulivi italiani ha meno di cinque anni di età
Ma il nodo cruciale è legato all'età e alla bassa densità degli uliveti: la superficie olivicola italiana è occupata per il 63% da oliveti “adulti” con più di 50 anni e solo per l’1% da oliveti con meno di 5 anni. Inoltre, solo il 5% della superficie olivicola è caratterizzata da oliveti intensivi e giovani, mentre il 42% ha meno di 140 piante a ettaro.
Olio, le quattro mosse della Cia:
«Incrementare produzione e produttività degli oliveti»
La prima azione proposta della Cia riguarda la necessità di agevolare nuovi impianti a più alta densità e incentivare la riqualificazione di quelli esistenti per incrementare produzione e produttività degli oliveti. Per gli Agricoltori Italiani, in particolare, il Piano strategico della Pac post 2020 rappresenta l’occasione per superare questo gap e guidare la ristrutturazione e la riconversione, partendo dalla “mappatura” dell’olivicoltura attuale e da una strategia pluriennale, con il coinvolgimento diretto delle imprese. Aumento della quantità, dunque, a cui va associata la valorizzazione della qualità tricolore, dando impulso alle denominazioni Ue (l’Italia dell’olio conta 42 Dop e 5 Igp, tra Toscana, Calabria, Marche, Sicilia, Puglia) e al racconto dei territori, con il sostegno della ristorazione e del turismo per la comunicazione diretta del valore aggiunto del nostro olio extravergine.
«Investire su innovazione, ricerca e digitalizzazione»
Secondo punto fondamentale, secondo Cia, è investire in innovazione e ricerca coordinata, anche istituendo un tavolo di lavoro dedicato. Innovazione a disposizione delle aziende olivicole vuol dire tecniche produttive e di difesa fitosanitaria per preservare le risorse naturali e la biodiversità come il bio-controllo, soluzioni per valorizzare i residui colturali e di trasformazione, principalmente per produrre energia, ma anche disponibilità di varietà autoctone più resistenti alle malattie e adattate ai cambiamenti climatici, anche attraverso le nuove tecnologie di miglioramento genetico. Analogamente, puntare alla digitalizzazione per lo scambio di dati e informazioni di filiera, per controllare e tracciare le produzioni locali.
«Lavorare per rafforzare l’aggregazione
e il ruolo economico delle Op»
Come terza azione, per migliorare la posizione degli olivicoltori nella filiera, Cia insiste sulla necessità di continuare a lavorare per rafforzare l’aggregazione e il ruolo economico delle Organizzazioni di Produttori e premiare quelle che coprono la filiera dal campo fino alla tavola. «La Pac - afferma Cia - deve continuare a sostenere lo sviluppo delle Oo e Aop e accompagnare una loro evoluzione verso una piena efficienza. Al tempo stesso, serve potenziare l’Interprofessione, piattaforma di discussione tra gli attori della filiera, ma soprattutto centro di competenza per la promozione, la ricerca, la condivisione di dati tecnici ed economici. In quest’ottica, occorre una OI unica, nazionale, partecipata, anche dalla Gdo».
«Rilanciare una strategia mediterranea
di collaborazione tecnica e cooperazione»
Quarto punto: il rilancio di una strategia mediterranea di collaborazione tecnica e cooperazione, con un protagonismo solidale degli agricoltori, soprattutto di giovani e donne, per contrastare la crisi economica, la disoccupazione e la desertificazione “umana” delle zone rurali. «Per questo -concludono gli Agricoltori Italiani- l’olio d’oliva, prodotto simbolo del benessere alimentare e identità del paesaggio mediterraneo, deve poter esser un argine all’impoverimento e un collante per i produttori agricoli».
Forum molto interessante ed opportuno in un momento in cui vede l’olio di Calabria, quantunque eccellente, subire una crisi di mercato a causa di timide politiche alle quali si accompagnano affossatrici strategie commerciali di multinazionali del settore.