Trattare il cotico erboso e prevenire la maculatura bruna

Rottura del cotico erboso di un pereto correttamente eseguita
Una strategia che si sta dimostrando efficace: interrompere il ciclo biologico di Stemphylium vesicarium intervenendo contro la fase saprofitaria che si svolge sull'erba secca. Quattro diverse tipologie di intervento a confronto

Stemphylium vesicarium, agente patogeno della maculatura bruna del pero, svolge il suo ciclo parzialmente in fase saprofitaria sull’erba secca del cotico erboso.

Sono soprattutto le specie graminacee, come Poa pratensis, Festuca rubra, Festuca ovina, Lolium perenne a ospitare la parte preponderante dell’inoculo fungino. Per questo motivo il prato sottostante i pereti rappresenta il primo tassello da considerare per la gestione della malattia.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Diverse strategie

In virtù del ruolo centrale rappresentato dal cotico erboso, le strategie adottabili seguono percorsi diversi con diversi interventi:

  1. meccanici: rottura del cotico (interramento) e lavorazioni al suolo;
  2. fisici ad azione sanificante: trattamento termico con pirodiserbo;
  3. chimici ad azione sanificante: calciocianamide, calce idrata, solfato ferroso;
  4. con microrganismi antagonisti: consorzio di Trichoderma gamsii e Trichoderma asperellum.

Le prime due tecniche sono quelle che sperimentalmente hanno fornito i risultati migliori e sono da consigliarsi in situazioni di alta gravità (con ingenti perdite produttive nell’anno passato), mentre le altre azioni possono essere adottate in situazioni di medio-bassa gravità. La rottura del cotico erboso è una scelta drastica e straordinaria, destinata prevalentemente alle situazioni di elevata gravità e finalizzata a ridurre, in poco tempo, l’inoculo.

Il problema della carrabilità dell'interfila

In funzione delle perdite di portanza potrebbe risultare particolarmente critica nei terreni argillosi o soggetti a ristagni (problematica di rientro in campo per le normali pratiche di gestione del frutteto, inclusi gli interventi fitoiatrici).

Le limitazioni potrebbero amplificarsi negli impianti di notevoli dimensioni o con regimazioni idriche non adeguate. In linea teorica la rottura del cotico trova la sua miglior collocazione nel periodo autunnale (per interrompere il ciclo del fungo); all’atto pratico molte aziende posticipano l’intervento, una volta completate le operazioni di potatura. Le lavorazioni del terreno necessitano di essere ripetute per evitare il riformarsi del prato, il loro numero è variabile ed è in funzione del regime pluviometrico, delle irrigazioni e della tipologia di terreno. Si consiglia di svolgere le lavorazioni dando una lieve pendenza al terreno per facilitare lo sgrondo delle acque rispetto alla zona di passaggio delle trattrici.

Interventi meccanici

- Epoca di intervento per rottura ed interramento del cotico (es. erpice a dischi): autunno-inverno.

- Epoca di intervento per successive lavorazioni per rifinitura (es. erpice rotativo): dall’inverno in poi (2-4 passaggi) da soppesare in funzione dell’andamento stagionale, cioè delle condizioni di rischio.

- Dopo l’erpicatura si consiglia il passaggio con mezzi-attrezzi destinati a ricompattare il terreno agevolando il passaggio delle trattrici.

- Profondità di lavorazione: tale attività è in funzione del materiale da interrare e della distribuzione degli apparati radicali del pero. Si raccomanda pertanto di arrivare all’interramento con il minore quantitativo di erba possibile (es. con trinciature e/o pirodiserbo preventivi). Indicativamente la prima lavorazione (più invasiva) potrà essere fatta a una profondità di circa 15-30 cm, le successive di rifinitura non oltre i 10 cm.

Si raccomanda di lasciare in superficie il minor quantitativo possibile di materiale organico in decomposizione: in presenza di questa variabile è possibile l’integrazione con una tecnica di sanificazione (tecniche chimico-fisiche). Possibili inerbimenti controllati con leguminose nella prospettiva di ripristinare il cotico.

Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita

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Gestione degli sfalci

S. vesicarium si moltiplica in modo saprofitario prevalentemente sui tessuti secchi e in decomposizione delle graminacee. Pertanto, non tagliare il prato riduce la creazione di un habitat che predispone la moltiplicazione del fungo, salvo nei casi in cui l’erba non rischi di disseccarsi a causa di carenza idrica come nel caso di falde molto basse e/o assenza di precipitazioni. Tagliare il prato molto frequentemente aiuta a ridurre la quantità di materiale che va in decomposizione. Al contrario, pochi tagli del prato possono provocare la formazione di grosse quantità di residui di sfalcio che, disseccandosi, rappresentano un pericoloso bacino di proliferazione del patogeno.

Trattare il cotico erboso e prevenire la maculatura bruna - Ultima modifica: 2023-03-20T09:50:04+01:00 da K4