Diciotto ettari di frutteto nelle campagne vicino a Faenza (Ra), dove coltivano albicocche, ciliegie, nettarine, susine e una parte dedicata a vigneto con uva Trebbiano. È l’azienda agricola “I girasoli” condotta dai fratelli Giuseppe e Stefano Ranzi, 61 e 58 anni, dopo averla ereditata dal padre. La frutta raccolta è conferita ad Agrintesa, cooperativa che raggruppa quattromila aziende agricole e poco meno di 18mila ettari tra frutteti e vigneti. Qui in compagnia del coordinatore nazionale dei periti di Allianz Mario Ricci Maccarini e dell’ispettore dell’area Emilia-Romagna, Umbria, Toscana e Lazio Carmine Maisto assistiamo a una perizia per valutare i danni provocati da una grandinata.
Protezione completa
In Romagna quasi tutte le aziende frutticole sono assicurate contro le avversità climatiche, anche se quest’anno non tutte le compagnie hanno offerto coperture per il gelo sulle drupacee. I fratelli Ranzi si sono organizzati diversamente e hanno deciso di sfruttare gli strumenti della difesa attiva, anche grazie agli incentivi messi a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna. Difatti hanno acquistato due ventoloni fissi in grado di alzare di tre gradi la temperatura in caso di gelate da irraggiamento. Cinquantamila euro il costo di ogni pala, finanziati al 75% con i contributi regionali.
Per difendere gli impianti dal gelo, al bisogno, utilizzano anche 200 bracieri. «Bisogna dire che il costo del pallet non è indifferente – spiega Giuseppe Ranzi – un sacco costa 4,80 euro, una carica da 10 kg dura due notti. Siamo stati svegli intere nottate per gestirli, ma alla fine ne è valsa la pena».
I fratelli Ranzi si assicurano contro la grandine dal 1987, a spingerli verso le polizze agevolate è stata proprio una grandinata, che ha completamente distrutto il raccolto. I Ranzi sono soci del Condifesa Ravenna. Di solito sottoscrivono una tre rischi che copre dalle avversità di frequenza con franchigia al 15 o al 20% per grandine e vento forte e al 30% per l’eccesso di pioggia.
La grandine fa meno paura
Quest’anno gli impianti sono stati colpiti dai chicchi di ghiaccio il 7 giugno. Dopo un primo sopralluogo nei giorni immediatamente successivi all’evento, la perizia vera e propria si esegue in prossimità della raccolta, par valutare con precisione i danni quantitativi e qualitativi. La procedura è semplice. Si verificano i dati catastali, poi si sceglie una pianta campione e si staccano tutti i frutti, li si valuta uno a uno e li si suddivide in quattro categorie a seconda della severità del danno. Dopo i conteggi i periti stabiliscono la percentuale di danno e in base alle caratteristiche della polizza sottoscritta compilano un bollettino di campagna che servirà per il risarcimento.
In questo caso sulle nettarine è stato accertato un danno qualitativo del 56%, quindi, applicando una franchigia del 15% prevista per la grandine, agli imprenditori faentini sarà risarcito il 41% del valore assicurato indicato nel certificato di assicurazione. Il prodotto che non può essere venduto perché molto danneggiato, viene ritirato dall’industria di trasformazione, che in genere lo paga tra il 20 e il 25% del valore di mercato. I periti hanno eseguito la stessa procedura per albicocche e susine: staccati tutti i frutti da una pianta, analizzati uno per uno e divisi nelle quattro categorie di danno.
I fratelli Ranzi possono essere considerati un esempio di corretta gestione del rischio, che oggi significa soprattutto differenziare le strategie e abbinare la difesa attiva a quella passiva. Le polizze agevolate consentono di vedersi risarcito almeno in parte il valore del mancato raccolto o della sua svalutazione, mentre reti, ventoloni e bracieri difendono la produzione dagli eventi climatici estremi e quindi proteggono la redditività dell’azienda.
Non sempre è facile stabilire il danno
Se con la frutta è abbastanza semplice stabilire l’entità dei danni, non lo è altrettanto se si tratta di quantificare la perdita di prodotto provocata dalle avversità atmosferiche nel caso della cicoria da seme. Qui entra in gioco l’esperienza del perito e si devono prendere punti di riferimento meno oggettivi. Difatti le compagnie stanno un po’ abbandonando le colture da seme oppure le assicurano con franchigie alte.