Il declino della coltivazione del fico in Italia è dovuto in buona parte agli stessi motivi che hanno determinato la decadenza e l’abbandono di tante colture tradizionali delle aree collinari: i suoli poco fertili e marginali, lo sviluppo economico con conseguente attrazione verso le città, i cambiamenti nella dieta e negli stili di vita. In gran parte della aree rurali rimangono singoli alberi sparsi che sopperiscono a modesti fabbisogni locali di autoconsumo.
Tuttavia, proprio una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’alimentazione, intesa sia in termini di materia prima consumata sia di abitudini alimentari, per il ruolo preminente che la gastronomia ha assunto di recente nei media e le evidenze provenienti dalla ricerca medica stanno facendo risvegliare l’interesse verso il frutto del fico, fresco, secco o trasformato.
Per il rilancio della fichicoltura italiana si parte dalla qualità del prodotto. La nostra produzione già si distingue per una riconosciuta qualità sia del fresco sia del secco e vanta due riconoscimenti Dop (Fico di Cosenza e Fico Bianco del Cilento) di assoluta eccellenza. Ulteriori miglioramenti qualitativi sono possibili approfondendo la conoscenza del nostro vastissimo patrimonio varietale, con centinaia di accessioni presso collezioni di germoplasma pubbliche e private. Quasi tutte ancora poco esplorate e meritevoli di essere dettagliatamente descritte sia dal punto di vista biologico che agronomico.
Produzioni in aumento
Attualmente si producono nel mondo circa 1,2 milioni di tonnellate di fichi freschi ma le stime prevedono un ulteriore aumento di oltre il 5% nel prossimo decennio. La riscoperta di questa coltura è dovuta anche all’alto valore nutrizionale del frutto, ricco di zuccheri in matrice complessa, antiossidanti ed elementi minerali, ma povero (meno del 1%) di grassi. In altre parole un dolcificante naturale senza effetti collaterali negativi.
Il principale paese produttore al mondo è la Turchia con oltre il 50% della produzione di fichi secchi, seguita dall’Iran con il 18%. Le importazioni avvengono soprattutto in Unione europea e negli Stati Uniti. Il commercio all’interno della Ue ha un valore di mercato di 9,2 miliardi di euro, con un valore aggregato che supera i 41 miliardi di euro. L’Italia produce solo il 3% della produzione mondiale e la superficie specializzata a ficheto è stimata a poco più di 2500 ha. Un’inezia, soprattutto se confrontata con i 60mila ha di ficheti censiti nel dopoguerra secondo le statistiche ufficiali dell’epoca.
Nuovi impianti ad altissima densità. L'esperienza dell'azienda Buccelletti, di Castiglion Fiorentino (Arezzo)
«La coltivazione del fico può rappresentare una valida fonte di reddito alternativa all’interno di un’azienda agricola – spiega Michele Buccelletti, dell’azienda agricola Buccelletti di Castiglion Fiorentino (Arezzo) – cosa che risulta di fondamentale importanza per un’azienda prevalentemente cerealicola come la mia. Proprio con questo scopo, sono ormai 5 anni che testiamo, in un appezzamento sperimentale all’interno dell’azienda, varie densità di impianto del fico di differenti varietà. Abbiamo provato più densità e abbiamo notato che il fico in certi terreni si adatta anche a sesti molto stretti, fino a 2000-2500 piante per ettaro con una produzione che può superare i 100 quintali di fiorone. Questo nuovo sistema di allevamento del fico ad altissima densità completamente meccanizzato, fatta eccezione per la raccolta, si possono avere delle produzioni che superano i 150 quintali di prodotto per ettaro con delle spese complessive di gestione che si aggirano attorno a 3-4mila euro per tutte le operazioni».
«Dato l’ottimo risultato e i feedback positivi dal punto di vista commerciale ricevuti da parte della grande distribuzione, abbiamo deciso di intraprendere il primo vero impianto specializzato di fico ad altissima densità su 5 ha che verrà piantato a primavera prossima, quando saranno pronte le piante. L’obiettivo è arrivare a 10 ha entro due anni – continua Buccelletti –. Utilizzeremo differenti varietà e anche nuovi cloni, che stiamo selezionando nella nostra azienda per un maggiore accrescimento del frutto e per un ridotto/nullo annerimento nella fase di essicazione. Sicuramente, da questo punto di vista, il reperimento del materiale vivaistico rappresenta il vero problema problema. Il fico in Toscana purtroppo è una coltura marginale, se non abbandonata ormai da anni, e sostanzialmente va ripensata tutta la filiera, partendo dal materiale di propagazione selezionando cloni che meglio si adattino ai nostri areali. Anche se si parla di coltivazione intensiva, il fico non necessita delle stesse attenzioni delle altre frutticole, penso per esempio al pero e al melo od al ciliegio, e la sua coltivazione richiede meno uso di monodopera fitofarmaci e concimi. Inoltre rappresenta un'opportunità per i territori collinari o montani con le giuste condizioni climatiche». S.V.
La coltivazione
Dal punto di vista agronomico il fico produce molto, ma la carenza di impianti specializzati razionali, di fatto, ne limita il potenziale produttivo. La coltura è ancora tecnicamente poco sviluppata e c’è tanto da fare.
La forma di allevamento più diffusa è quella a vaso, ma forme compatte in parete appaiono molto promettenti per la buona esposizione alla luce del fogliame e dei frutti, l’elevata produttività a ettaro, l’agevole accesso per la raccolta e la difesa. In ogni caso, la cura necessaria per la raccolta scalare di un frutto così delicato impone di adottare forme che contengano le dimensioni della chioma entro i 2,8 m di altezza. Risultati importanti si possono ottenere con l’irrigazione, che consente di aumentare notevolmente le produzioni rispetto alla coltura in asciutto.
Tradizionalmente la fichicoltura non poneva particolari problemi dal punto di vista della difesa, ma il recente arrivo dell’Aclees spp., coleottero giunto dall’Asia e oggi presente nel Nord e nel Centro Italia, impone attenzione in quanto al momento non si conoscono né nemici naturali, né è possibile combatterlo facilmente con mezzi chimici. Intanto che la ricerca trova le soluzioni per contenerne le popolazioni e i danni, sarebbe opportuno che le regioni ove ancora non è presente attivassero un servizio di monitoraggio per scongiurarne l’insediamento.
Post raccolta problematico
Molto del lavoro di ricerca sul fico è rivolto a impedire il rapido deteriorarsi del frutto dopo la raccolta. L’ultima fase della maturazione avviene in pochi giorni e, una volta innescato il processo, non si riesce più a controllare in maniera utile. Anticipare la raccolta comporta avere frutti più consistenti che possono essere più facilmente trasportati, ma con caratteristiche organolettiche insoddisfacenti. Gli aromi e il gusto del fico sono elementi insostituibili alla base dell’apprezzamento da parte dei consumatori e derivano sia nel tessuto vegetativo (ricettacolo) che da quello riproduttivo del siconio.
In Israele la ricerca è orientata soprattutto all’ottenimento di nuove varietà e sul prolungamento della conservazione post-raccolta. L’obiettivo per questo secondo punto è di estendere la conservazione oltre gli attuali 18 giorni in modo da favorire la possibilità di esportazione via mare.
Per quanto riguarda il miglioramento genetico il gruppo di lavoro di Moshe Flaishman del Volcani Center si è concentrato sullo sviluppo di varietà partenocarpiche, i cui frutti siano conservabili oltre 30 giorni, di peso compreso tra 50 e 80 g ciascuno e con ostiolo piccolo, e presentino una certa plasticità fenotipica per l’adattamento a patologie, insetti e condizioni di suolo. Nuove varietà come la FigARO e la WoW migliorate per gusto e conservabilità sono già sul mercato e pronte per la diffusione in campo.
Mancano invece dei portinnesti che consentano di aumentare le condizioni di coltivazione del fico in ambienti diversi, ma i primi risultati di incroci interspecifici del Ficus carica (fico comune) con il Ficus microcarpa sembrano incoraggianti. In California l’obiettivo principale della ricerca è rivolto ad allungare il periodo di conservabilità del frutto fresco. Conditio sine qua non è la refrigerazione a 0-1 °C subito dopo la raccolta per evitare il calo di peso e mantenere la consistenza e il colore. In Turchia si guarda con grande interesse all’espansione del mercato del prodotto biologico.
Auspicabile un programma di rilancio del settore
Con queste premesse, considerata la crisi strutturale dell’agricoltura collinare, sarebbe auspicabile un programma di rilancio del settore e della coltivazione sostenuto dalla ricerca pubblica e dai bandi nazionali e regionali sulla ricerca e trasferimento tecnologico in agricoltura. Il risultato economico del ficheto mostra margini interessanti in aree vocate, e con la domanda in crescita le prospettive di mercato appaiono buone. In attesa che le istituzioni battano un colpo, che siano i privati a considerare la fichicoltura per le loro scelte imprenditoriali e non solo per la bontà dei suoi frutti.
Complimenti per l’articolo. Non sono un imprenditore agricolo, vorrei piantare mezz’ettaro di fico bianco del Cilento, nel cilento, che sesti consigliate? Esposizione a sud, terreno argilloso, 380 mt altitudine, 10 km dal mare. Grazie