C’è l'accordo di collaborazione tra Oi Pomodoro da industria del Nord Italia, Regione Emilia-Romagna e l'intera filiera, dai produttori agricoli agli industriali trasformatori, per la definizione di politiche di formazione pubbliche in ambito lavorativo specifiche per il settore.
È questo il risultato dell'incontro tra gli operatori della filiera del pomodoro, i sindacati e la Regione Emilia-Romagna, territorio in cui si coltiva il 70% del pomodoro del Nord Italia, promosso dall’Oi alla Stazione sperimentale dell’industria delle conserve alimentari di Parma.
«La nostra proposta di collaborazione ha trovato riscontri positivi. L’Oi – spiega il presidente Tiberio Rabboni - è pronta a ricoprire il ruolo di facilitatore di un dialogo sempre più intenso con la Regione Emilia-Romagna e con gli attori della filiera. Una best practice che potremmo poi estendere a tutto il Nord Italia. Vogliamo promuovere un maggiore e più sistematico investimento formativo pubblico a favore dei tecnici e degli addetti della filiera produttiva del pomodoro da industria, rendendoci disponibili per favorire un’intesa finalizzata a un raccordo formale tra i programmi regionali di formazione tecnica e professionale e i fabbisogni specifici della filiera. Ci motiva la consapevolezza che la valorizzazione professionale del lavoro dipendente è oggi uno dei presupposti fondamentali per poter ulteriormente crescere in qualità, sostenibilità e competitività sui mercati interni ed internazionali. Vogliamo che la filiera del Nord Italia abbia sempre più nella legalità, nella tutela e nella valorizzazione professionale del lavoro e dei lavoratori un tratto distintivo inoppugnabile».
Le tempistiche
L’accordo, che si concretizzerà nelle prossime settimane, è arrivato al termine di una tavola rotonda alla quale hanno partecipato diversi rappresentanti del mondo del pomodoro e del lavoro, tra cui l’assessore regionale Patrizio Bianchi, la dirigente regionale per le politiche dell’istruzione, della formazione, Francesca Bergamini, e Gabriele Canali, professore dell’università Cattolica di Piacenza.
«Per superare la stagnazione dei mercati interni – ha messo in evidenza Aldo Rodolfi, vicepresidente Anicav- è fondamentale puntare sulle esportazioni e, pertanto, è bene che la formazione si concentri sull’aumento delle competenze in termini di internazionalizzazione e di conoscenza delle normative dei mercati esteri. Non dimentichiamo poi che il nostro settore è fortemente stagionale: il pomodoro c’è per un paio di mesi all’anno ed in così poco tempo si concentra la possibilità di fare formazione su linee produttive che sono operative per non più di una sessantina di giorni».
Per il presidente del Consorzio agrario Terrepadane, Marco Crotti, serve una formazione specifica: «Tecnici o agronomi non escono mai sufficientemente preparati dai canali scolastici. C’è sempre bisogno di investire per introdurli al meglio nel mondo del lavoro. Serve una maggiore formazione, ad esempio sui temi dell’acqua e del risparmio idrico. In questo dovremo essere bravi a coordinare i fabbisogni della filiera, trasmettendo conoscenza delle nuove tecnologie».