Con l’inizio dell’irrigazione su larga scala a partire dalla metà del secolo scorso, prende definitivamente corpo l’idea che sta alla base di questa pratica agronomica: rese superiori, qualitativamente migliori e costanti nel tempo, minore dipendenza dall’aleatorietà climatica, incremento del reddito.
«L’incertezza degli accadimenti meteorici incombe da sempre sulle produzioni, ma la variabilità stagionale era comunque attesa all’interno di un intervallo immaginato – ci fa presente Graziano Ghinassi, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze -. Nel tempo, la velocità del cambiamento climatico si è spinta a ritmi impensabili, portando smarrimento diffuso davanti a stagioni indefinite e a eventi estremi sempre più intensi e frequenti».
E se guardiamo all’Italia in particolare?
«L’Italia è tra i Paesi più ricchi di acqua al mondo, ma la risorsa è mal distribuita sul territorio nazionale e la competizione per l’uso è in continua crescita – continua Ghinassi -. L’agricoltura riceve la metà circa del prelievo, ma le criticità sono in evoluzione per la riduzione delle precipitazioni nevose, la concentrazione delle piogge in periodi brevi, l’aumento del numero di eventi estremi e la crescita della domanda climatica. Questo scenario penalizza la ricarica delle falde in quota e di conseguenza le sorgenti e i corsi d’acqua riducono la portata. Il bilancio degli acquiferi in pianura è passivo a causa del sovra sfruttamento, aggravato dall’intrusione del cuneo salino in zone litoranee».
Quindi cosa ci possiamo aspettare per i prossimi anni?
«Le finestre di deficit idrico stanno diventando sempre più ampie e intense, con primavere poco piovose nell’Italia peninsulare e stime dei volumi annuali utilizzati in agricoltura variabili tra i 12 e i 20 chilometri cubi. In questo scenario la raccolta dei deflussi superficiali è un imperativo, con il limite principale costituito dalla discrasia tra l’insorgenza della crisi idrica e la disponibilità del beneficio prodotto dall’intervento, inevitabilmente soggetto a tempi lunghi tra l’iter di realizzazione dell’invaso e il completamento delle opere di adduzione. Fa eccezione l’utilizzo dei reflui trattati, anche in forza dei minori volumi in gioco e della loro prevedibile disponibilità».
Ma guardiamo più da vicino i problemi dell’agricoltura…
«Purtroppo la sofferenza del settore agricolo nei confronti della risorsa idrica sta crescendo. In senso etimologico, è definita risorsa qualsiasi fonte o mezzo capace di fornire sostegno soprattutto in condizioni di necessità. L’acqua è una risorsa fornita dalla natura, e diventa un bene quando permette di goderne frutti e privilegi. Questo passaggio, che implica movimento, organizzazione di flussi, definizione di ruoli e competenze, è forse anche il più delicato perché tende ad alterare l’equilibrio tra settori produttivi che, sappiamo bene, hanno fabbisogni crescenti di acqua, con priorità per l’uso civile in condizioni di carenza.
E’ il tipico caso di “coperta corta”, che per l’agricoltura irrigua significa “fare di più con meno”, quindi meglio. Questo risultato si può conseguire con l’aumento della produttività dell’acqua e il contenimento dello spreco, riconducibili al concetto più ampio di efficienza che, per definizione, è il rapporto tra la quantità utilmente impiegata e quella distribuita. L’uso utile principale è il reintegro dell’evapotraspirazione delle colture, cioè dell’acqua che rientra nel ciclo idrologico allo stato di vapore e che non è più né disponibile né recuperabile nel breve periodo. Quindi la frazione consumata cresce con l’efficienza».
Quindi aumentare l’efficienza dell’irrigazione
non significa ridurre il consumo di acqua?
«No, significa ridurre lo spreco, cioè l’uso non utile. L’idea diffusa che l’aumento di efficienza irrigua, soprattutto quella al campo, permetta di liberare risorsa per altri usi non trova sufficiente riscontro nella realtà. Anzi, è risaputo che il più delle volte succede il contrario, e cioè che l’aumento di efficienza nell’uso di una risorsa, grazie soprattutto ai miglioramenti tecnologici, ne aumenta il consumo anziché diminuirlo.
Questo accade in assenza di una efficace contabilità idrica alla scala di riferimento, di un limite ai prelievi, di una valutazione dei rischi futuri, di un’adeguata consapevolezza sull’utilizzo degli incentivi e delle tecnologie acquisite, tutti aspetti che solo Enti pubblici connessi con il territorio possono affrontare con successo. Sulla riduzione dello spreco, giova anche ricordare che l’incidenza della gestione è di gran lunga prevalente rispetto a quella della tecnologia e che, congiuntamente, permettono di conseguire il massimo risultato».
Reddito e sostenibilità ambientale
si possono conciliare nella gestione dell’acqua?
«La gestione indica l’arte di amministrare e presuppone un complesso di operazioni finalizzate a uno scopo, che nel caso dell’uso irriguo dell’acqua è individuabile in un insieme di aspetti che interessa le produzioni e il reddito con in più, rispetto al secolo scorso, un’attenzione statutaria all’ambiente in cui sono compresi, tra gli altri, i paesaggi culturali delle risaie».
Quanto può contare l’esperienza nella gestione dell’acqua?
«Nella complessità del settore agricolo, l’acqua rappresenta l’elemento di connessione tra i sistemi che lo costituiscono. L’irrigazione fa sì che questa trama aggregante proceda nei tempi e nei modi stabiliti, a condizione che esistano le competenze necessarie alla sua gestione consapevole. Forse è proprio per questo che resiste un empirismo diffuso con funzione autoprotettiva, basato sull’esperienza personale che spesso finisce per rallentare il percorso di ammodernamento dell’intero comparto. Ne è un esempio l’uso disinvolto di indicatori usati impropriamente per valutare le prestazioni di sistemi o processi e che per questo diventano rimandi autoreferenziali, oltre a non rappresentare termini di confronto attendibili».
Concludendo, che cosa si può fare per un deciso passo avanti?
«Il miglioramento nell’uso delle risorse può implicare livelli di incertezza che il più delle volte ostacolano i cambiamenti verso l’evoluzione auspicata. Il caso dell’irrigazione deficitaria è emblematico, perché a fronte dei numerosi vantaggi legati ai reintegri ridotti, ripresenta il rischio dell’incertezza che si voleva contrastare. Probabilmente anche questo ambito trarrebbe giovamento dall’uso dei DSS, anche per superare avversioni preconcette e luoghi comuni che non sono di alcun beneficio.
Serve un deciso cambio di passo, che richiede apertura al confronto, a prospettive diverse e all’accettazione di una modalità integrata nell’uso dell’acqua che porti alla riduzione della domanda.
E’ ovvio che alla disponibilità dell’utente debba corrispondere anche quella del gestore del servizio, che ha lo status e i mezzi per sensibilizzare alle scelte e poi assistere nei percorsi».
Un Patto per l’Acqua
«In quella che è a tutti gli effetti una corsa contro il tempo, il Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno si è mosso lanciando il “Patto per l’Acqua”, che è stato sottoscritto dagli Enti tecnici delle principali Organizzazioni Professionali, ha coinvolto gli Enti locali che insistono nel territorio di competenza e indicato la Regione Toscana come interlocutore di riferimento – ci spiega Graziano Ghinassi -. L’obiettivo è introdurre un complesso organico e coordinato di misure idonee al superamento delle criticità correnti e alla prevenzione di quelle future, che includono stime attendibili delle necessità attuali e di quelle previste dagli scenari climatici, il controllo delle allocazioni all’interno dei vincoli per gli usi plurimi dell’acqua proveniente dall’invaso di Montedoglio (nel tratto aretino del Tevere), la riduzione dei prelievi dalla falda, il ricorso a una gestione multidisciplinare dell’irrigazione, la fornitura di assistenza e supporto alle aziende anche tramite la promozione di specifiche colture irrigue. Con questi presupposti, gli ostacoli verso un percorso di sostenibilità potrebbero essere finalmente rimossi».
Alla presentazione del Patto per l'Acqua hanno partecipato le ditte Toro Ag, Sime sprinklers, EuroAutomations e Irriland.