Primo appuntamento con la “nuova Imu” dopo la riforma definita con l’ultima legge di Bilancio, che ha accorpato Imu e Tasi. Il 16 giugno dovrà essere versata la prima rata (da cui sono stati però esentati gli agriturismi). Restano le esclusioni dall’imposta già esistenti per i terreni agricoli. Mentre per i fabbricati rurali strumentali resta l’assoggettamento all’imposta in misura pari alla vecchia Tasi. Di fatto, garantita l’invarianza al settore agricolo: a parità di condizioni soggettive ed oggettive rispetto allo scorso anno, per il 2020 si pagherà lo stesso importo del 2019.
La legge n. 160 del 2019, art. 1, commi da 738 a 783, ha stabilito che a decorrere dall'anno 2020, l'imposta unica comunale (IUC) è abolita, ad eccezione delle disposizioni relative alla tassa sui rifiuti (TARI) e che l'imposta municipale propria (IMU) risponde ad una nuova disciplina assorbendo la TASI (Tassa sui Servizi Indivisibili: è l’imposta comunale a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, destinata a finanziare quei servizi pubblici che i Comuni prestano indistintamente a tutta la comunità).
Le nuove disposizioni hanno anche lo scopo di superare il doppio adempimento a carico di contribuenti e comuni, considerato che IMU e TASI avevano la medesima base imponibile. La legge ha stabilito, comunque, che l’aliquota massima applicabile alla nuova IMU è costituita dalla somma delle aliquote già previste dalla vecchia IMU e dalla TASI. Come nella vecchia IMU, anche nell’ambito della nuova disciplina resta ai Comuni una certa discrezionalità, pur se entro un quadro di regole generali definite.
Il 16 giugno, dunque, i contribuenti che possiedono immobili assoggettati all’imposta saranno chiamati a versare la prima rata Imu dell’anno 2020. La seconda rata, a saldo, dovrà essere versata a dicembre.
È potestà dei comuni, tuttavia, differire le scadenze. Ad esempio, il Comune di Reggio Emilia ha deliberato lo spostamento di un mese della scadenza della prima rata, che scadrà quindi in quel comune il 16 luglio. È consigliabile, quindi, informarsi sulla effettiva scadenza presso gli uffici del Comune a cui l’imposta è dovuta (si tratta del comune in cui ricadono gli immobili assoggettati all’imposta, a prescindere dalla residenza del contribuente).
L’importo da versare in occasione della prima rata per l’anno 2020 è pari al 50% di quanto versato nel 2019 sommando IMU e TASI.
A regime, e cioè in occasione della prima rata da versare nell’anno 2021, si applicherà la regola già vigente per la vecchia Imu: la prima rata sarà pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente.
Le regole per il saldo di dicembre, invece, sono più o meno sempre le stesse: si procederà al conguaglio sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto che sarà pubblicato nel sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 28 ottobre di ciascun anno.
Terreni agricoli
Come per la vecchia Imu, sono assoggettati all’imposta solo i terreni agricoli non ricadenti nelle aree montane o di collina o non ubicati nelle isole minori, e che sono posseduti e condotti da soggetti che non possiedono la qualifica né di Cd né di Iap iscritti all’Inps.
Infatti, la riforma ha confermato l’esenzione per i terreni:
a) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola, comprese le società agricole, indipendentemente dalla loro ubicazione;
b) ubicati nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A annesso alla legge n. 448/2001;
c) a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile;
d) ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 984/1977, sulla base dei criteri individuati dalla circolare delle Finanze n. 9 del 1993.
Terreni di Cd e Iap iscritti all’Inps
I terreni agricoli, anche incolti, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione, sono esenti dall’Imu.
A nulla rileva che il conduttore, pur iscritto negli elenchi della previdenza agricola, sia anche pensionato (risoluzione n. 1/DF del 28 febbraio 2018 del Dipartimento delle Finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale, del Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Il problema dei coadiuvanti familiari
Con la nota protocollo n. 20535 del 23 maggio 2017, il Ministero dell’Economia e Finanze, Dipartimento delle Finanze, Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale, ha risposto ad un quesito sulla applicabilità dell’esenzione Imu anche nei confronti di familiari coadiuvanti del coltivatore diretto i quali risultino proprietari o comproprietari dei terreni agricoli coltivati dall’impresa agricola diretto-coltivatrice, di cui è titolare un altro componente del nucleo familiare.
Le Finanze sottolineano che per poter beneficiare dell’agevolazione occorre che sussistano entrambi i requisiti indicati nella norma:
1) quello oggettivo, e cioè il possesso e la conduzione del terreno agricolo;
2) quello soggettivo, e cioè la qualifica di Cd o di Iap, iscritti nella previdenza agricola.
Di conseguenza: “In capo al familiare coadiuvante del coltivatore diretto, non solo si riscontra il requisito oggettivo, dal momento che il coadiuvante stesso risulta proprietario/comproprietario dei terreni agricoli coltivati dall’impresa agricola diretto coltivatrice, di cui è titolare un altro componente del nucleo familiare, ma anche il requisito soggettivo, in quanto il coadiuvante del titolare dell’impresa agricola, che esercita direttamente l’attività agricola, risulta iscritto come coltivatore diretto nel nucleo familiare del capo-azienda, negli appositi elenchi previdenziali, come previsto dall’art. 11 della legge n. 9 del 1963”.
Da ricordare, tuttavia, sebbene in materia di Ici e non di Imu, l’Ordinanza n. 11979 del 12 maggio 2917, con cui la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un comune emiliano, ritenendo che il coadiuvante familiare non è un coltivatore diretto, e quindi le agevolazioni in esame non sono applicabili per mancanza del requisito soggettivo.
Terreni di montagna e collina
Sono esenti dall’Imu, a prescindere dai soggetti che li possiedono e/o li conducono, i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell’art. 15 della legge n. 984 del 1977, secondo i criteri individuati dalla Circolare delle Finanze n. 9 del 14 giugno 1993. Si tratta degli stessi terreni “montani” che erano esenti dall’Ici e che sono stati esenti dall’Imu fino a tutto il 2013. La circolare in questione, escludeva dall’Ici anche i terreni lasciati incolti o sui quali l’attività agricola fosse svolta in modo non imprenditoriale (piccoli appezzamenti o orticelli, coltivati occasionalmente senza struttura organizzativa), sempre che tali terreni non fossero aree fabbricabili.
Aree edificabili ad uso agricolo
Ai fini dell’Imu sono considerate terreni agricoli quelle aree che, pur fabbricabili, sono possedute e condotte da Cd e Iap iscritti all’Inps per l’esercizio delle attività agricole (utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali).
L’equiparazione, di conseguenza, comporta l’esenzione dall’Imu per tali terreni con le stesse regole di un normale terreno agricolo.
L’equiparazione non può invece avere luogo se l’area edificabile, pur utilizzata per attività agricole, è posseduta da un soggetto che non è né Cd né Iap iscritto all’Inps: in tal caso l’area sarà soggetta all’Imu.
L’equiparazione non può avere luogo neppure se l’area è stata concessa in affitto o comodato, neppure se l’affittuario o il comodatario è un Cd o un Iap: il proprietario dovrà quindi versare l’Imu sull’area edificabile.
Altri terreni esenti
Sono inoltre esenti dall’Imu, a prescindere dai soggetti che li possiedono e/o conducono, i terreni agricoli:
a) ubicati nei comuni delle isole minori di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448;
b) a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile.
Aliquota e base imponibile per i terreni agricoli
I terreni agricoli sono da sempre esenti da Tasi. Ciò avviene anche nell’ambito della nuova imposta. Infatti, la legge ha stabilito che l’aliquota di base per i terreni agricoli è pari allo 0,76% e i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono aumentarla sino all’1,06% o diminuirla fino all’azzeramento. L’aliquota corrisponde esattamente a quella base prevista per la vecchia Imu.
L’aliquota va applicata alla base imponibile, che per i terreni agricoli, anche non coltivati, è così determinata: il reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, va rivalutato del 25% (secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 51, della legge n. 662 del 1996), e quindi moltiplicato per 135.
Fabbricati rurali strumentali
Nell’ambito della vecchia disciplina, i fabbricati rurali ad uso strumentale erano assoggettati alla Tasi ed esclusi dall’Imu.
Di fatto, nulla cambia con la nuova IMU, poiché la legge ha stabilito che l’aliquota di base per i fabbricati rurali ad uso strumentale è pari allo 0,1% e i comuni possono solo ridurla fino all’azzeramento. I fabbricati rurali ad uso strumentale, quindi, versano per la nuova IMU esattamente quanto dovuto per la Tasi nell’ambito della vecchia disciplina.
La base imponibile è quella stabilita per i fabbricati della categoria D: valore risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, va rivalutato del 5% (secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 48, della legge n. 662 del 1996), e quindi moltiplicato per 65.
I fabbricati rurali strumentali sono quelli indicati all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133.
Tale norma stabilisce che ai fini fiscali hanno carattere di ruralità le costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell'attività agricola di cui all'articolo 2135 del codice civile e in particolare destinate:
a) alla protezione delle piante;
b) alla conservazione dei prodotti agricoli;
c) alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l'allevamento;
d) all'allevamento e al ricovero degli animali;
e) all'agriturismo, in conformità a quanto previsto dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96;
f) ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell'azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;
g) alle persone addette all'attività di alpeggio in zona di montagna;
h) ad uso di ufficio dell'azienda agricola;
i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
l) all'esercizio dell'attività agricola in maso chiuso.
Decreto Rilancio e agriturismi
Infine, ricordiamo che l’art. 177 del decreto-legge n. 34/2020 (cosiddetto “Rilancio”) stabilisce che, visti gli effetti connessi all'emergenza sanitaria da COVID 19, per l'anno 2020, non è dovuta la prima rata dell'Imu, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate, sugli immobili anche degli agriturismi.