Con sentenza n. 36/2018 la Corte di Appello di Bologna, riformando una precedente sentenza della Sezione lavoro del Tribunale di Reggio Emilia, ha stabilito un rilevante principio di diritto, in relazione alla celebrazione di matrimoni nell’ambito di un’azienda agricola agrituristica.
Il Tribunale di Reggio Emilia, in primo grado, aveva sancito in specie l’esclusione tra le attività “agrituristiche” della attività di ospitalità rurale svolte in azienda in occasione di eventi matrimoniali (nella fattispecie l’azienda “affittava” gli spazi e le aree rurali e i fabbricati aziendali per la celebrazione del rito e per il ritrovo conviviale successivo) per la mancanza del rapporto di connessione con la attività agricola richiesto dall’art. 2135 c.c., dall’art. 2 della legge quadro 96/06 e dall’art. 3 della Lr. E.R. n. 4/9, e ciò poiché i redditi derivanti dalla locazione dei locali aziendali in occasione di matrimoni o altri eventi privati risultavano preponderanti rispetto a quelli derivanti dall’attività agricola (coltivazione, allevamento e silvicoltura) per erronea applicazione della normativa vigente.
L’azienda appellante ha sostenuto viceversa che le argomentazioni del giudice di primo grado fossero erronee in specie nell’attribuire “… valore preponderante ad elementi diversi quali il fatturato dell’azienda legato alle attività di concessione in uso (impropriamente definita locazione del giudicante) degli spazi per eventi privati dal criterio della connessione, calcolato secondo le giornate di lavoro e pacificamente previsto dalla legge regionale dell’Emilia Romagna, in tema di agriturismo” e quindi nell’avere totalmente disapplicato il criterio “della giornata lavoro tramite cui deve essere valutate la connessione con l’attività agricola”, nell’aver assimilato “il caso di specie all’ipotesi dell’azienda che organizza esclusivamente attività ricreative ….. così disapplicando tout court il criterio delle giornate di lavoro in base al quale il requisito della prevalenza dell’attività agricola risulterebbe rispettato pienamente”; ancora il giudicante infine sbagliava nell’aver escluso “dal concetto di “ospitalità” la concessione in uso temporaneo di locali aziendali per eventi”.
Le definizioni di legge
Secondo la Corte di Appello di Bologna le eccezioni e contestazioni mosse dall’azienda agricola sono risultate fondate.
Secondo la Corte, infatti, l’art. 2 della legge n. 96/6 definisce attività agrituristiche come “le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali” e nella elencazione rientrano anche “a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori; … d) organizzare, anche all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonchè escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale”.
L’art. 4, 2 c, della legge richiamata stabilisce che “Affinché l’organizzazione dell’attività agrituristica non abbia dimensioni tali da perdere i requisiti di connessione rispetto all’attività agricola, le regioni e le province autonome definiscono criteri per la valutazione del rapporto di connessione delle attività agrituristiche rispetto alle attività agricole che devono rimanere prevalenti, con particolare riferimento al tempo di lavoro necessario all’esercizio delle stesse attività”.
Infine, la Lr. E.R. n. 4/9, dopo avere all’art. 3 richiamato la definizione della attività agrituristica fornita dalla legge statale, precisa all’art. 4, 2 e 3 c., che “La connessione dell’attività agrituristica rispetto a quella agricola, che deve rimanere prevalente, viene calcolata in tempo di lavoro. Il carattere di prevalenza si intende realizzato quando le giornate di lavoro da impiegare nell’attività agricola sono superiori a quelle calcolate per svolgere l’attività agrituristica”.
Prevalenza e connessione
Dalla normativa sopra riportata secondo la Corte di Appello di Bologna si evince chiaramente che può essere considerata agrituristica sia l’attività consistente nella ricezione ed ospitalità rurale sia l’attività consistente nell’organizzazione di attività creative, culturali, didattiche etc., anche all’esterno dei beni rurali che siano finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio, purché siano in rapporto di connessione con l’attività agricola, che deve rimanere prevalente; e che per verificare il suddetto rapporto di connessione il criterio da utilizzare è quello “del tempo di lavoro” e precisamente “le giornate di lavoro impiegate” per le rispettive attività.
Nella fattispecie concreta, dunque, la concessione di aree e di locali aziendali in occasione di eventi privati (l’azienda appellante non offre infatti agli sposi alcun servizio accessorio) e dunque l’ospitalità rurale offerta in occasione dei matrimoni o di altri eventi privati deve essere qualificata, secondo la Corte d’Appello in base alla normativa vigente come agrituristica, essendo questa ultima in rapporto di connessione con l’attività agricola svolta dall’azienda, che deve essere prevalente secondo il parametro delle giornate lavorative rispetto alla suddetta attività di ospitalità rurale.