Il termine corretto è Phosphorus depletion, ovvero progressiva riduzione della disponibilità di fosforo. In parole povere, un vero e proprio campanello d’allarme per l’agricoltura e per la sicurezza alimentare, su scala mondiale. Come gli addetti ai lavori ben sanno, insieme all’azoto e al potassio, il fosforo rappresenta uno degli elementi quantitativamente più richiesti dalle piante coltivate per svilupparsi correttamente e garantire rese adeguate, in termini di quantità e qualità. Ed è proprio qui che, purtroppo, entra in gioco la Phosphorus depletion. La continua riduzione della disponibilità di questo prezioso elemento desta, infatti, serie preoccupazioni nel mondo agricolo e nelle istituzioni. Timori tutt’altro che esagerati o ingiustificati. I riflessi di una carente nutrizione fosfatica delle coltivazioni agrarie potrebbero avere ripercussioni gravissime sulla sicurezza alimentare dell’intera popolazione mondiale e provocare tensioni a livello globale tra player di diverso peso e importanza negli scenari economici mondiali.
Forte ridimensionamento
Le fonti principali di approvvigionamento di fosforo sono concentrate in Marocco, Cina, Russia e Stati Uniti, dove si trovano miniere di rocce fosfatiche, in particolare di apatite. Si tratta di fonti in fase di forte ridimensionamento a causa dello sfruttamento intensivo cui sono state sottoposte, principalmente dal secondo dopoguerra in poi. L’estrazione del fosforo dall’apatite, che prevede l’uso di fornaci e acidi forti per favorirne la solubilizzazione, è particolarmente dispendioso in termini energetici e impattante sull’ambiente. A questo si aggiunga che il prodotto ottenuto deve essere poi trasportato verso i mercati di destinazione, cosa che avviene normalmente via mare.
La perdita continua
Attualmente i suoli coltivati del mondo si stanno impoverendo di fosforo, nonostante l'elevato apporto di fertilizzanti chimici. Si prevede che nel medio periodo, a livello globale, i suoli agricoli subiranno perdite di tale elemento in ragione di 4-19 kg/ha all'anno, principalmente a causa di fenomeni di erosione, che contribuisce a tale perdita per oltre il 50% del totale e che peraltro, trascinando il fosforo nei mari, favoriscono l’eutrofizzazione. Inoltre, il Fosforo che non viene perso per erosione nei suoli subisce fenomeni di retrogradazione a forme insolubili, che lo rendono indisponibile per le colture nell’arco di qualche settimana.
Presa di coscienza
Lo scenario sopra delineato comporta che l’agricoltura debba necessariamente prendere coscienza della necessità di ridurre gli input di fosforo minerale nelle colture di tutto il mondo, puntando all’efficacia dei prodotti distribuiti e quindi all’efficienza in termini di biodisponibilità dell’elemento. Ma risulta parimenti indispensabile favorire la messa a disposizione delle colture degli stock di fosforo inutilizzato accumulatosi nei nostri terreni.
Concimi inoculati
«In Agribios Italiana - spiega Carlo Alberto Antoniazzi, direttore commerciale dell’azienda - riteniamo che la risposta concreta al problema del fosforo in agricoltura stia nell’uso di concimi organici o organo-minerali, notoriamente in grado di rilasciare gli elementi nutritivi in tempi prolungati, proteggendoli dalle perdite per dilavamento e immobilizzazione. L’inoculazione dei concimi con microrganismi utili specifici, inoltre, favorisce la solubilizzazione delle quote di fosforo immobilizzate nei suoli agrari in decenni di concimazione minerale. Anche per questo siamo convinti che l’uso dei concimi inoculati, che Agribios Italiana ha immesso per prima come azienda sul mercato nazionale, rappresenti una scelta imprescindibile per l’agricoltura di oggi e ancor più di domani».