Agrifood monitor: solo l’innovazione rende l’agricoltura sostenibile

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Pur fidandosi di più degli alimenti prodotti con l'agricoltura tradizionale, per il 54% degli italiani è necessario cambio di rotta salva clima introducendo la smart farming

Tra Covid-19, cambiamenti climatici, concorrenza internazionale ed European Green Deal, le imprese agricole sono chiamate alla doppia sfida della competitività e sostenibilità, due obiettivi che spesso non vanno d'accordo. L'innovazione, dalle nuove tecnologie di evoluzione assistita (Tea) all'agricoltura di precisione e 4.0, può aiutare le aziende a vincere questa sfida ma i gap da colmare per arrivare a una diffusione nel settore sono ancora tanti (infrastrutturali, economici, normativi, culturali).

Senza contare la diffidenza dei consumatori, anche se la survey Nomisma-Agrifood Monitor realizzata in partnership con Crif ha messo in luce come i preconcetti verso l'innovazione in agricoltura (e il cibo prodotto), derivano più dalla mancanza di una corretta comunicazione/informazione che da forme di integralismo alimentare.

Diffidenza verso l'agricoltura estensiva, ma qualcosa si muove

Per il 45% degli italiani, i prodotti agroalimentari derivanti da aziende "tradizionali" vengono percepiti - a prescindere dall'effettivo consumo - di qualità superiore rispetto a quelli delle aziende più avanzate dal punto di vista tecnologico. Ma a fronte di un futuro condizionato dai cambiamenti climatici e dalla necessità di attività produttive più sostenibili, non sembra esserci storia: il 54% dei consumatori reputa necessario un cambio di rotta per gli agricoltori italiani, attraverso investimenti in innovazione che permettano di affrontare la doppia sfida della competitività e sostenibilità.

Certo, non mancano gli irriducibili, quelli disposti a pagare di più pur di continuare ad avere prodotti da contadini meno avvezzi alla tecnologia (18%), così come un 13% si dice pronto a cambiare la propria dieta introducendo alimenti "alternativi" (come gli insetti o le alghe), un 5% disponibile a consumare cibi creati in laboratorio e un rimanente 10% indifferente all'origine territoriale e incline ad acquistare prodotti stranieri.

transizione digitaleProdurre di più con minore impatto sull'ambiente

«Non dobbiamo dimenticarci del fatto che, per molte derrate primarie, l'Italia non è auto-sufficiente – ha sottolineato il Responsabile Agroalimentare di Nomisma Denis Pantini – negli ultimi dieci anni il nostro import agricolo è cresciuto del 55% e che la tenuta socioeconomica dei nostri territori è legata ad una filiera, come quella agroalimentare, che negli stessi anni ha aumentato il proprio posizionamento internazionale grazie a una crescita dell'80% nell'export dei propri prodotti».

Se quindi non si può prescindere da competitività e produttività, al tempo stesso non possiamo esimerci dall'essere sostenibili. Anche perché la stessa Unione europea ce lo impone. E rispetto a questo obiettivo congiunto, tenendo conto dello scenario che dobbiamo affrontare, strumenti come le tecnologie di evoluzione assistita (miglioramento genetico) o di precision farming possono indubbiamente apportare un valido contributo in tale direzione.

De Castro: gli agricoltori non possono fare tutto da soli

«Gli obiettivi di sostenibilità che pone il Green Deal sono ambiziosi e per quanto condivisibili non possono essere lasciati solo in capo agli agricoltori senza prevedere strumenti ed interventi specifici a supporto – ha sottolineato l'europarlamentare e presidente del comitato scientifico di Nomisma Paolo De Castro – ecco perché abbiamo chiesto e ottenuto in Europa che il 55% dei fondi destinati allo Sviluppo Rurale derivanti dal Next Generation Ue fossero riservati gli investimenti in innovazione nelle aziende agricole. Lo stesso dicasi, proprio per raggiungere le finalità della strategia From Farm to Fork, in una maggior apertura da parte dell'Unione Europea verso l'adozione delle Nbt, le tecniche di miglioramento genetico».

«La sfida dell'innovazione o Agritech, può essere vinta anche attraverso uno sviluppo delle iniziative imprenditoriali di start up in grado di ampliare l'offerta di servizi e prodotti tecnologici e digitali a supporto del settore primario – ha concluso il ceo di Crif Carlo Gherardi – ed è proprio con questo spirito che Crif assieme a Fondazione Golinelli hanno lanciato la prima edizione di I-Tech Innovation 2021, un programma che prevede investimenti per oltre 1,6 milioni di euro rivolti a start-up innovative in settori strategici a livello nazionale tra cui, appunto, quello del FoodTech/Agritech».

Agrifood monitor: solo l’innovazione rende l’agricoltura sostenibile - Ultima modifica: 2021-02-16T19:46:13+01:00 da Redazione Terra e Vita

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