Aziende zootecniche sostenibili sia da un punto di vista economico che ambientale. Utopia? Oggi non più. Sono sempre di più infatti le strategie che oggi l’allevatore può mettere in atto al fine di trovare il giusto equilibrio, e sono sempre di più i finanziamenti pubblici che aiutano l’imprenditore in questo intento.
Il Piano di sviluppo rurale dell’Emilia-Romagna 2014-2020, a esempio, con la sua Misura 16.1.01 – Gruppi operativi del partenariato europeo per l’innovazione: “produttività e sostenibilità dell’agricoltura” – consente agli imprenditori zootecnici di ottenere aiuti per lo sviluppo di progetti dedicati a migliorare in modo innovativo il livello di sostenibilità ambientale delle aziende agricole.
Per riuscire a coniugare efficienza economica e sostenibilità ambientale infatti è necessario avere a disposizione strumenti e modelli diagnostici e predittivi per poter valutare le performance di un’azienda e pianificare possibili interventi senza incidere negativamente sulla redditività.
In questo senso nasce il progetto Modello metabolico, messo a punto dal Gruppo operativo per l’innovazione (Goi) Modello metabolico, coordinato dal Crpa in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Crea-Ing e finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del Psr 2014-2020.
Il Go Modello metabolico intende mettere a punto uno strumento innovativo, approcciandosi all’azienda agricola intesa come un organismo vivente. In questo progetto il modello per l’analisi metabolica è stato applicato all’azienda zootecnica da latte del comprensorio del Parmigiano Reggiano.
Ma vediamo nel dettaglio, con l’aiuto di Stefano Pignedoli del Crpa, in cosa consiste il progetto.
La stalla come organismo vivente
«Il concetto di modello metabolico – spiega Pignedoli – si basa sull’analogia tra un sistema produttivo e il metabolismo degli organismi viventi. L’obiettivo del progetto è infatti quello di applicare un modello metabolico a una azienda da latte: come un organismo vivente ha un suo metabolismo, così anche per l’allevamento da latte si può ipotizzare un metabolismo, attraverso il quale si possono valutare vita, produzioni, impatto ambientale e risultato economico. Esso si basa su una metodologia solida sviluppata da Abel Wolman (1965), il quale propose una similitudine tra il funzionamento di una città e il funzionamento di un organismo vivente al fine di analizzare i bilanci ambientali dei vari flussi di materiali necessari al funzionamento delle città. Il sistema – sottolinea Pignedoli – comprende una fase di immissione di risorse (energia, materiali, denaro) e una fase di emissioni di rifiuti e tra queste due fasi si colloca la produzione. Così come qualsiasi essere “vive” perché assorbe dall’esterno gas, acqua e materiali che vengono metabolizzati fino a diventare scorie e rifiuti, così si può parlare di un metabolismo aziendale di cui si possono misurare, in unità fisiche, i flussi di materia ed energia».
Per spiegarlo con parole più semplici, aggiunge Pignedoli: «è stato fatto un paragone tra le attività dell’azienda e il metabolismo di un essere vivente: il nucleo della cellula potrebbe rappresentare l’imprenditore; i ribosomi, adibiti alla sintesi proteica, potrebbero essere le bovine; i vacuoli, deputati allo smaltimento dei rifiuti, potrebbero essere considerati come i responsabili della gestione degli effluenti, i mitocondri, deputati produzione di energia, come le macchine agricole».
Per valutare le performance economiche e ambientali
In questo progetto l’approccio del modello metabolico è stato applicato a tre aziende agricole del comprensorio del Parmigiano Reggiano (azienda Bastardi F.lli Enzo e Villiam di Fogliano, Re; azienda agricola Piazzola di Bibbiano, Re; azienda Simonazzi Aurelio, Ernesto e Landini Mirte ss di Bagnolo in Piano, Re) partner del progetto.
«Basandosi su un’analisi integrata del bilancio dei gas ad effetto serra, del bilancio energetico, del bilancio idrico e del bilancio economico – racconta Pignedoli -, il modello (che ha come output concreto un foglio elettronico di calcolo) permette di valutare le performance economiche e ambientali delle aziende partner. È possibile poi identificare le buone pratiche più efficaci per la mitigazione dell’impatto in termini di emissioni di gas serra, di consumo energetico e di uso dell’acqua, che sono quindi integrate nel modello, così da renderlo anche uno strumento di analisi delle possibili strategie alternative di mitigazione e del loro impatto sulla redditività aziendale».
Risultati che promettono bene
«Dai risultati ottenuti – sottolinea Pignedoli -, siamo rimasti soddisfatti perché abbiamo visto che le aziende del Parmigiano Reggiano sono abbastanza virtuose, due in particolare sono risultate molto sostenibili. Dagli indicatori si evidenzia una sostanziale positività riguardo gli impatti ambientali anche se risulta una forte dipendenza energetica da fonti fossili non rinnovabili, ciò nonostante le pratiche già messe in atto come l’installazione di impianti fotovoltaici la digestione anaerobica utilizzando parte degli effluenti zootecnici in impianti di biogas extraziendali. Dopo aver raccolto tutti i dati e valutato il livello di sostenibilità – aggiunge l’esperto del Crpa -, abbiamo provato a individuare le fasi di maggior costo, le fasi produttive a maggior impatto ambientale e i possibili interventi per il miglioramento dei parametri e la mitigazione degli impatti. In altre parole, quelli che sono i punti critici sui quali è necessario intervenire per ottenere risultati ancora più soddisfacenti».
Attraverso l’ottimizzazione dell’irrigazione a esempio, sottolinea Pignedoli: «una delle aziende è stata in grado di ridurre in maniera significativa l’impronta idrica. Con l’inserimento nel sistema di propulsione del carro trincia-miscelatore di un dispositivo per la immissione diretta di idrogeno nel motore, un’altra delle tre aziende è riuscita a migliorare la combustione e diminuire i consumi (risparmio di gasolio del 10% circa). In un altro caso ancora – continua Pignedoli – è stato effettuato un cambiamento del sistema di produzione degli alimenti, con la sostituzione del tradizionale carro trincia-miscelatore azionato dalla presa di potenza del trattore con un sistema di miscelazione autonomo dotato di motore elettrico, riscontrando un significativo risparmio in termini di consumi. Infine, tra gli altri accorgimenti adottati dagli imprenditori con lo scopo di mitigare gli impatti, anche il mulino per la macinazione del mais e l’impianto di illuminazione ammodernato con lampade a led, che hanno portato un risparmio energetico concreto».
Da tutti questi accorgimenti si deduce che esiste l’interesse da parte delle aziende di ridurre al minimo il loro impatto ambientale, le loro emissioni, mantenendo comunque una capacità economica di sostentamento.
«L’agricoltura del futuro – conclude Pignedoli – dovrà saper coniugare efficienza economica e sostenibilità ambientale, una prerogativa essenziale per garantire la stabilità di un sistema produttivo. È per questo che si è cercato di costruire un prototipo di modello diagnostico per rappresentare la complessità dell’azienda agricola al fine di poter avere indicazioni utili anche a pianificare i possibili interventi di mitigazione ambientale».
Il progetto Modello metabolico è un’iniziativa pilota, applicabile a tutte le tipologie di aziende da latte e potrà diventare uno strumento utile per orientare le strategie degli allevatori e le politiche future, con lo scopo di promuovere uno sviluppo sostenibile del settore dell’allevamento, attraverso l’innovazione tecnologica e l’utilizzo efficiente delle risorse naturali.
Gli indici di valutazione
Di seguito gli indici di valutazione considerati:
• Cambiamenti climatici (Impronta di carbonio).
• Uso dei beni (Impronta idrica).
• Consumo risorse (Impronta energetica).
• Indice Bilancio Economico (IBE).
• Energy Returned On Energy Invested (EROEI).
• Indice Metabolico di Sostenibilità Energetica (IMSE).
• Indice MetabolicoEconomico (IME).
«Unendo tutti questi indici all’interno di un unico indice di aggregazione è stato possibile valutare il livello di sostenibilità delle tre aziende sia da un punto di vista economico che ambientale».
Per maggior dettagli visitare il sito web: http://modellometabolico.crpa.it
Digestione anaerobica e mitigazione degli impatti
«La digestione anaerobica – sottolinea l’esperto del Crpa – è la tecnica cui può essere attribuita la maggiore potenzialità di mitigazione degli impatti di gas serra, grazie alle sue prerogative di tecnica win-win: riduzione delle emissioni di metano dallo stoccaggio del liquame, riduzione delle emissioni di CO2 per la sostituzione della energia fossile con energia rinnovabile, aumento della quota di energie rinnovabili. Con miglioramenti degli indici Eroei, Imse e della percentuale di energia rinnovabile (R%) prodotta in azienda».
Un progetto innovativo
Il finanziamento ricevuto nell’ambito del Programma regionale di sviluppo rurale 2014-2010 presuppone che alla base del progetto ci sia il concetto di innovazione, «nel caso del progetto Modello metabolico – spiega Pignedoli – l’innovazione riguarda principalmente la metodologia di calcolo, che si basa sul Life Cycle Assessment (Lca) – totale degli impatti generati lungo tutta la filiera e/o i confini del sistema: impronta di carbonio, impronta idrica, impronta energetica e impronta economica». Il nuovo indice di aggregazione messo a punto dagli esperti del Crpa di Reggio Emilia, e che tiene conto di tutti i parametri citati in questo articolo, rappresenta la vera innovazione.
Ulteriori approfondimenti sono disponibili sul sito di progetto a questo link http://modellometabolico.crpa.it/
Il video scribing che spiega in maniera molto semplice il funzionamento del modello è visionabile sul sito web:
http://modellometabolico.crpa.it/nqcontent.cfm?a_id=17295&tt=t_bt_app1_www .