Quando si parla di tecnologie di precisione e analisi delle produzioni geo-referenziate si pensa, di solito, alla sola attività di coltivazione, il cui obiettivo è massimizzare le rese o contenere i costi. In questo caso, però, prendiamo in considerazione anche il passaggio successivo: ovvero come le informazioni raccolte possono tornare utili nella fase della trasformazione e, quindi, della preparazione del prodotto finale. Vedremo, dunque, se e come la precision farming può aiutare l’industria a essere concorrenziale.
Lo facciamo grazie a una realtà che in Italia ha pochi eguali: quella del gruppo Gavio, nome assai noto per le attività nell’ambito delle costruzioni e della logistica, ma che ha interessi anche in campo agricolo. In particolare, con tre aziende collocate tra Tortona e Alessandria, per un totale di oltre 1.400 ettari, coltivati con diverse varietà di orticole (pomodori da industria in primis, ma anche patate e cipolle), grano, orzo, soia ed erbai a servizio della stalla da ingrasso. Senza dimenticare il tritordeum, un nuovo cereale di cui Gavio è distributore per l’Italia.
Da zero a cento
È evidente che i capitali non mancano, in una realtà di questo tipo. E dunque quando si è deciso, all’inizio della campagna 2015, di passare all’agricoltura di precisione, lo si è fatto con una conversione totale: venti nuovi trattori, altrettanti sistemi di guida automatica e gps-assistita, due macchine per la raccolta del pomodoro con geo-localizzazione del prodotto, adeguamento di seminatrici, barre per diserbi e spandiconcime per trasformarle in macchine a dosaggio variabile. «Siamo passati dal non avere quasi dimestichezza con l’agricoltura di precisione a un’applicazione che possiamo definire totale», ci conferma Massimo Medicina, agronomo del gruppo.
Una scelta fatta per varie ragioni: alcune comuni a tutte le aziende che adottano queste tecnologie, altre decisamente meno usuali. «In primo luogo sentivamo la necessità di ottimizzare la gestione dell’azienda, sia per quanto riguarda la manodopera sia per l’uso dei mezzi tecnici, a cominciare dai fertilizzanti. Inoltre volevamo un controllo generale sull’attività aziendale, cosa non semplice con una superficie di oltre mille ettari. Infine, ci interessava avere un quadro preciso delle produzioni, sia a livello di campo sia di varietà, per poter fare scelte consapevoli nelle stagioni successive». Quest’ultimo, come vedremo in seguito, è l’aspetto che più fortemente si integra con l’attività di trasformazione facente capo al gruppo.
Un esordio incoraggiante
All’apertura della seconda campagna “intelligente”, Medicina è alquanto soddisfatto: «Il primo anno è stato giocoforza sperimentale. Ciò nonostante abbiamo ottenuto risultati di rilievo. In primo luogo abbiamo mappato completamente i terreni, poi abbiamo portato avanti un’attività di formazione spinta per il personale, che ormai sembra conoscere i sistemi satellitari piuttosto bene. Infine abbiamo fatto una mappatura completa delle rese per cereali, pomodoro, patate e cipolla, al punto che oggi possiamo dire con sicurezza quanto ha prodotto una determinata varietà in un determinato punto di quel determinato campo. A partire da quest’anno, dunque, siamo pronti a utilizzare le mappe per la coltivazione a dosaggio variabile». Una gestione che, come abbiamo anticipato, non riguarderà soltanto la concimazione, ma anche semina e trattamenti. «Scopo della fertilizzazione a rateo variabile non è risparmiare prodotto, ma usarlo meglio, evitando di sprecarlo laddove non serva a produrre di più. Per quanto riguarda i diserbanti, invece, il contenimento delle dosi ha anche una chiara valenza ambientale».
Sinergie con la fabbrica
L’azienda non ha ancora effettuato campionamenti: «Li faremo» – assicura Medicina – ma si è basata, per le sue mappe di prescrizione, esclusivamente sui dati produttivi. «Questo perché il nostro obiettivo è soprattutto quello di scoprire quali varietà rendono meglio alla trasformazione, così da concentrarci su di esse e migliorare la qualità del prodotto finale», fa notare l’agronomo.
A questo punto entra in gioco un’altra azienda del gruppo Gavio: la Tomato Farm, stabilimento per la trasformazione del pomodoro da industria rilevato un paio di anni fa e ora in fase di rilancio. «Conoscendo le varietà che rendono meglio per ogni tipologia di prodotto, potremmo legare i contratti di produzione a una rosa di varietà da proporre a chi conferisce il pomodoro. In poche parole vogliamo dire all’agricoltore: visto che con il tuo pomodoro vogliamo fare questo tipo di trasformato, scegli una di queste varietà, perché sono quelle che danno i migliori risultati»: così Bruna Saviotti, amministratrice delegata di Tomato Farm, spiega quel che si sta cercando di fare nell’Alessandrino. E aggiunge che tutto questo è di importanza straordinaria per la filiera: «Conoscere i dati produttivi è di grandissima utilità per la trasformazione, perché sappiamo in anticipo quel che stiamo lavorando. Grazie alle informazioni raccolte in campo, un’industria può aumentare le rese e fare trasformati di alta qualità, diventando altamente concorrenziale rispetto, per esempio, a una produzione estera basata esclusivamente sui costi di produzione. Conoscendo bene la varietà e gestendola al meglio in campagna, si possono fare grandi cose. E non c’è dubbio che l’agricoltura di precisione, in questo ambito, sia il futuro».
Foto: Controluce per gruppo Gavio