La qualità come risultante da analisi sul prodotto, o come descritta da componenti del prodotto, non è sufficiente a soddisfare la richiesta dei consumatori moderni, oggi sempre più attenti a questi aspetti. Le condizioni ambientali in cui nasce ed evolve il processo produttivo e le modalità adottate a esempio sono elementi di grande interesse per i consumatori, oltre a rappresentare sempre più un vincolo normativo.
Fra le sfide che l’agrofood si trova oggi a dover affrontare c’è anche quella di sviluppare processi di certificazione dei prodotti offrendo maggiori garanzie sulla storia degli alimenti, dalla raccolta delle materie prime al flusso tra gli operatori della filiera, fino all’approdo al consumatore finale. L’obiettivo? Evitare frodi su origini e processi produttivi, rendendo le informazioni accessibili al consumatore finale.
Ma come si può sviluppare una attestazione di qualità dei prodotti completa e fruibile per i consumatori? Per Marcello Donatelli, direttore del Centro di ricerca agricoltura e ambiente del Crea (Crea-AA) la risposta è la tecnologia: «Le nuove tecnologie – spiega l’esperto – possono rappresentare un elemento strategico per le filiere agroalimentari italiane per garantire la sicurezza del made in Italy e tutelare le specificità territoriali dalla concorrenza illecita con prodotti contraffatti».
È secondo questa logica che nasce la collaborazione del Crea con Microsoft e PricewaterhouseCoopers (PwC) : «Grazie al supporto dei cloud, dei software e delle piattaforme per Internet of things, Artificial intelligence e Blockchain messe in campo da Microsoft, e da una piattaforma sviluppata per la caratterizzazione di una filiera produttiva da PwC – sottolinea Donatelli -, saremo in grado di potenziare la nostra ricerca a supporto della filiera agroalimentare italiana. La tecnologia digitale ci permette di arricchire l’informazione funzionale alle transazioni sul prodotto, sviluppando una narrativa che, nel momento in cui può avere riscontri, potrà fornire al consumatore una base solida per la ricchezza d’informazione che desidera».
In particolare, precisa Donatelli: «Sono due le tecnologie che ci permettono di puntare allo sviluppo di una attestazione di qualità dei prodotti nei termini sopra esposti: blockchain e Internet delle cose, o IoT».
Smart contract nell’agroalimentare
«Parlando di blockchain all’interno dell’agroalimentare, il primo fattore da tenere in considerazione – spiega Donatelli - è che i beni non sono rinnovabili, hanno un inizio e una fine (che corrisponde con il consumatore), e il secondo è che l’applicazione del concetto di blockchain all’interno dell’agroalimentare è fondamentale per documentare tutti i passaggi da un punto di vista attivo, senza dover ricorrere a ormai superati supporti cartacei o digitali on premise. Il produttore, a esempio, nel momento in cui consegna il prodotto al trasportatore deve essere in grado di garantire il rispetto di alcuni parametri fino a quel determinato momento, attraverso una gestione digitale legata a strumenti IoT. L’immutabilità della transazione nella blockchain e il supporto che può essere fornito da sensori in rete – chiarisce Donatelli - possono rendere la transazione più solida. Si parla in questo caso di smart contract come strumento per garantire le transazioni».
I progressi nella sensoristica fanno ipotizzare, afferma Donatelli, «che molte altre informazioni possano arrivare a far parte degli smart contract, per esempio dal lato produzione, come vincolo del contratto di consegna alla trasformazione. L’accessibilità alle informazioni, la loro immutabilità, alla fine selezioneranno la qualità di operatori, definendo anche le capacità operative richieste. Se il sistema può apparire intrusivo – aggiunge l’esperto del Crea-AA -, quale che sia il supporto tecnologico diretto o indiretto, le informazioni su beni e transazioni saranno sempre più in rete: anticipare e valorizzare, o rimanere esclusi».
Non solo dati raccolti dagli strumenti Iot
«Tutti i dati rilevati dalle tecnologie IoT rappresentano informazioni potenzialmente immodificabili e quindi indipendenti nel qualificare lo stato dei prodotti per validare smart contract. A questi però, attraverso la gestione digitale (dal quaderno di campagna in azienda ai software gestionali nel trasporto, nella trasformazione, nella GDO – precisa Donatelli –, è possibile aggiungere altri dati che possono essere di interesse per il consumatore (es: nome dell’azienda, informazioni sulla gestione, tipo di suolo, andamento climatico dell’annata…), informazioni a corredo che sicuramente non sono tecnicamente indispensabili, ma sono di grande interesse per il consumatore e che a livello aziendale sono tutti documentati. Queste info nel momento in cui sono inserite, vengono trasferite sul cloud e si innestano sulla transazione, alimentando il database di quel lotto».
Secondo quanto detto da Donatelli, tutto l’itinerario produttivo che parte dal campo o dalla stalla e arriva allo scaffale interessa in modo particolare il consumatore.
«È inoltre molto importante – sottolinea Donatelli - fare in modo di creare un lettura agevole dei dati raccolti per i consumatori e capire direttamente da loro quello che vogliono leggere, solo in questo modo si potrà sviluppare un’interfaccia utente semplificata. L’accoppiamento di una value-chain a una blockchain aumenta l’attendibilità del sistema e limita la possibilità di operazioni di puro marketing verso il consumatore.
Produttori e trasformatori sotto la lente di ingrandimento
«Sicuramente agli occhi del produttore/trasformatore il sistema risulta un po’ invasivo – spiega Donatelli; si potrebbe temere quasi un “eccesso di trasparenza” secondo quanto richiesto dalla metodologia sopra sintetizzata blockchain, ma è anche vero che il valore aggiunto che il prodotto tracciato secondo questi criteri permetterebbe al produttore di ottenere un ritorno economico maggiore. I consumatori infatti sono disposti a spendere molto di più per prodotti dotati di maggiori certificazioni e garanzie. Quindi se da una parte il sistema può sembrare invasivo, dall’altra c’è da tenere in considerazione che può garantire un prezzo migliore. Oggi – conclude Donatelli - il tricolore e l’italian sounding non bastano più, servono più garanzie».
Possibili sviluppi
«L’applicazione della tecnologia blockchain alle filiere di produzione – conclude Donatelli - permetterà di certificare e informare su origini e transazioni. Le tecnologie legate a Internet delle cose forniranno una crescente informazione a protezione dalle frodi. Su questa solida base, altre tecnologie digitali già permettono di arricchire l’informazione aggiungendo alla certificazione della qualità. Infine, le applicazioni di Artificial intelligence ai dati della filiera produttiva e alle valutazioni dei consumatori consentiranno di rendere sempre più difficili le frodi, fornendo al tempo stesso elementi per reiventare l’organizzazione dei processi produttivi. Applicare la blockchain – ha concluso il direttore del Crea-AA - costa: servono risorse umane altamente qualificate e al momento poco disponibili. In questo senso i ministeri delle Politiche Agricole dello Sviluppo Economico stanno studiando di mettere a disposizione risorse attraverso una serie di finanziamenti pubblici. Nel frattempo, l’intenzione è quella di studiare casi concreti che prevedano filiere produttive con i rispettivi attori e capire, quali vantaggi si possono ottenere lavorando con prodotti certificati da sistemi di blockchain».