Si fa presto a dire che il mondo ha bisogno di più agricoltura, che per sfamare un pianeta in espansione bisognerà investire nel primario e nella produzione di cibo. Passare dalle parole ai fatti è invece più complicato, anche perché, mentre gli appelli si moltiplicano, continuiamo a svendere la prima risorsa che serve per produrre: la terra.
Le ultime stime dell'Ispra ci dicono che in Italia, ogni secondo, vengono cementificati 8 mq di suolo, più o meno 100 ha/giorno di terreno. Questo significa che in 3 anni, dal 2009 al 2012, abbiamo teoricamente impedito di produrre qualcosa come 450 mila t di cereali, con una perdita stimata in 90 milioni di euro e un ulteriore aumento della dipendenza dalle materie prime importate.
Ma è possibile invertire la tendenza? Ed è possibile farlo senza “sacrificare” altri pezzi della nostra economia? A queste domande prova a rispondere il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche), che in occasione dell'appuntamento Expo, incentrata proprio sulla sfida di nutrire il pianeta, ha organizzato una tavola rotonda per presentare nuovi strumenti di gestione “intelligente” dei suoli.
«Il suolo è ancora visto come un “oggetto misterioso”, perché al suo interno rientrano una serie di tematiche e di fattori, dalle falde agli inquinanti, dalla fertilità alla stabilità, che non si riescono a quantificare» spiega Angelo Basile, ricercatore ISAFOM-CNR e co-organizzatore della tavola rotonda. «In sostanza il suolo viene trattato come una specie di copertura, mentre è vitale valutare cosa c'è sotto la superficie per poter prendere le decisioni». Ed è qui che viene in soccorso la ricerca: l'Istituto, all'interno del progetto europeo LIFE, ha messo a punto uno strumento web (SOILCONSWEB), liberamente e gratuitamente accessibile, che contiene diversi strati informativi spaziali, di alta qualità, relativi al suolo e al paesaggio; una sorta di database interattivo, che può essere interrogato dall'utente, e consente di prendere decisioni ponderate sull'utilizzazione dei suoli. Funziona così: si deve costruire una scuola su un'area definita; il sistema calcola qual è il sito più indicato in termini di fertilità, di impermeabilizzazione, di biodiversità, di gestione dell'acqua.Un'operazione che può essere realizzata anche in prospettiva, inserendo i dati previsionali dei prossimi anni. «È chiaro che spetta all'amministrazione prendere la decisione, valutando magari anche il prezzo del terreno». Il progetto è partito su un sito di 20 mila ha in provincia di Benevento. «Si tratta di un caso studio, i risultati sono molto incoraggianti, tant'è che nei prossimi mesi dovremmo allargare il monitoraggio su scala nazionale. C'è poi un altro aspetto da considerare: il sistema è aperto, una sorta di open source. Abbiamo creato l'infrastruttura, ma altri potranno inserire nuovi mattoni. È importante nella ricerca, perché minimizza il rischio di abbandono del progetto».
Insomma non basta calcolare quanto suolo viene consumato: bisogna capire quale suolo viene consumato, ma anche come viene consumato. E qui si inserisce il lavoro di Teodoro Georgiadis, ricercatore dell'Istituto di biometereologia (IBIMET) del CNR e co-organizzatore della tavola rotonda, che si occupa di clima urbano, ossia degli impatti dell'urbanistica e dell'urbanizzazione sul clima. «Si parla tanto di riscaldamento globale, ma guardiamo cosa succede nelle nostre città. Facciamo un esempio: costruiamo un nuovo centro commerciale, sopprimendo vegetazione, impermeabilizzando il suolo e creando in sintesi un grande radiatore di calore. Noi studiamo come si trasformano i flussi di calore e come viene modificato l'indice bio-climatico e suggeriamo anche possibili strumenti di mitigazione. Il nostro lavoro si inserisce all'interno del progetto europeo PRECOS (Prediction of the impact of climate change and urban sprawl). È chiaro che tutto questo ha un costo, ma se non interveniamo in maniera corretta il conto in futuro sarà molto più salato».