Avevamo conosciuto i fratelli Amanilio e Giuliano Rossi cercando informazioni per un servizio sulla difficile convivenza tra robot di mungitura e consorzio del Parmigiano Reggiano (pubblicato poi sul n.15.2011 dell'Informatore Zootecnico). Infatti i fratelli Rossi sono probabilmente i primi e unici produttori del Parmigiano Reggiano a mungere con i robot, sottostando a rigidissimi vincoli che, ci dicono, riducono del 50% le potenzialità di queste macchine. Ma tant'è: finché le regole sono quelle, ci si deve adeguare.
La loro particolarità ci ha spinto ad occuparci più a fondo della loro esperienza azeindale. Abbiamo conosciuto così due allevatori piccoli per dimensione ma assolutamente all'avanguardia come tecnologia e impostazione aziendale. In poche parole, la dimostrazione che si può fare ottima zootecnia da latte anche con meno di 100 vacche nella stalla.
I pro e i contro della dop
Naturalmente, a patto di saper valorizzare al massimo la produzione. Alla Corte San Luigi, è questo il nome della loro azienda, lo fanno in tutti i modi possibili. Per cominciare, sfruttano la collocazione geografica. Siamo a San Benedetto Po: provincia di Mantova ma già sulla riva destra del fiume e pertanto in terra di Parmigiano Reggiano.
I fratelli Rossi, dunque, aderiscono al consorzio omonimo, anche a costo di qualche privazione. Nella mungitura devono infatti snaturare l'impiego dei robot per rispettare i regolamenti consortili. «Innanzitutto non possiamo mungere più di due volte al giorno, mentre la caratteristica del robot sarebbe proprio quella di permettere tre o quattro mungiture, in linea con la fisiologia degli animali. In secondo luogo, dobbiamo anche rispettare orari piuttosto rigidi. La mungitura, infatti, deve risolversi nell'arco di quattro ore», ci spiega Giuliano Rossi.
In poche parole, alla Corte San Luigi usano il robot, ma lo fanno funzionare come una sala di mungitura. «Le macchine si attivano alle 3 di notte e si fermano alle 7 di mattina. Lo stesso nel pomeriggio. Praticamente è come se mungessimo in sala, con la differenza che non dobbiamo attaccare e staccare le vacche».
Le ripercussioni, anche economiche, di questi vincoli non sono di poco conto. «La più evidente, e oggettiva, è che il robot dimezza le sue potenzialità. Se in una stalla normale munge senza problemi 60 o 70 vacche, qui non va oltre le 35-40. Infatti per 70 capi in lattazione siamo stati costretti a comprarne due, con una spesa doppia rispetto a quanto sarebbe stato necessario». Inoltre, continua Amanilio Rossi, si riducono notevolmente gli effetti sul benessere degli animali.
Tuttavia, conclude il fratello Giuliano, «finché il prezzo del latte da Parmigiano resta su questi livelli, possiamo tranquillamente sopportare qualche vincolo, anche se incisivo. Anche usato in questo modo il robot ha i suoi vantaggi; primo tra tutti, l'informazione: sai in ogni momento cosa accade in stalla, cosa impossibile se fai mungere a personale esterno, per quanto bravo e attento possa essere».
Parmigiano e latte crudo
Il latte munto va al caseificio cooperativo. Che, ci spiegano i due fratelli, ha tre soli soci. «Essere in pochi ha i suoi vantaggi, naturalmente. Per esempio, ci controlliamo a vicenda ed è difficilissimo che vi sia qualche problema nel latte o nel formaggio. Si fa tutto quasi a livello famigliare; per esempio, siamo noi stessi a portare il latte in caseificio, visto che non avrebbe senso organizzare un servizio di raccolta per tre stalle». Gli affari vanno bene, sostengono gli allevatori, a dimostrazione che se ben gestito, “piccolo è bello”.
Altro canale per integrare il reddito è la vendita diretta, per mezzo di un distributore di latte e altri prodotti collocato ai margini dell'azienda. Ancora una volta i Rossi si avvantaggiano della felice ubicazione: «Siamo ai margini della statale che da Mantova porta verso Modena; dunque sfruttiamo il passaggio e grazie a esso il distributore sta in piedi anche dopo il decreto sulla bollitura. Non avendo spese di trasporto per rifornirlo, i costi sono minimi».
Per integrare il fatturato, inoltre, i Rossi hanno aggiunto altri prodotti, seguendo l'esempio di tanti loro colleghi. «Abbiamo collocato due distributori automatici con salumi, succhi di frutta, marmellate, miele, yogurt - quest'ultimo molto richiesto - e naturalmente il nostro parmigiano. In questo modo l'acquirente non si ferma soltanto per il latte. Sono tutti prodotti realizzati da agricoltori della zona, tutti di filiera corta. La carta vincente è proprio questa: la vendita diretta, scavalcando gli intermediari. C'è una fetta di popolazione a cui questo sistema piace molto».
In funzione dei robot
Detto delle destinazioni, vediamo ora dove nasce il latte. Ovvero, diamo un'occhiata alla stalla.
La struttura è praticamente nuova. Inaugurata sette anni fa, ci dicono i proprietari, e costruita attorno ai robot di mungitura. Nel 2004, ricorda Amanilio, «ci siamo trovati a dover decidere come mandare avanti l'allevamento senza assumere dipendenti. E la nostra fu, oggi lo posso dire, una scelta un po' folle». La spiegazione è demandata al fratello: «Non soltanto comperammo i robot pur essendovi, nel Consorzio, quasi un veto di fatto su questa tecnologia, ma addirittura costruimmo tutta la stalla su di essi, basandoci su quel che avevamo visto all'estero e in altri allevamenti che già li avevano».
Non è la prima stalla con robot che visitiamo nei nostri reportage aziendali, ma è la prima realizzata in funzione di essi. Le due macchine sono state collocate al centro della struttura e a ciascuna di esse fa capo una corsia con 35 capi circa.
La stalla, al momento, è sfruttata al 50%: la navata di sinistra, infatti, è usata come deposito del fieno. «Abbiamo intenzione di riempirla tutta, nel breve periodo. In mezza navata metteremo un terzo robot e nell'altra metà le manze. Stiamo facendo un po' di conti per vedere se riusciamo, economicamente e soprattutto come manodopera, a gestire tre impianti e un centinaio di capi».
Più igiene in stalla con l'automa che fa pulizia
La forza lavoro della Corte San Luigi è infatti costituita da Amanilio e Giuliano, punto e basta. Da soli mandano avanti sia l'allevamento sia i 50 ettari di terreno da cui traggono i foraggi e la paglia necessari per gli animali. «Coltiviamo erba medica e grano, principalmente. Facendo latte per il Parmigiano Reggiano, la dieta è come noto molto limitata: fieno, un po' di farina di mais, qualche chilo di mais in fiocchi e basta. Il carro è tutto lì. Lo teniamo volutamente magro per invogliare gli animali ad andare al robot, dove ricevono una razione variabile tra i 3 e i 5 kg di mangime, a seconda della resa di latte».
Nonostante l'alimentazione vincolata, i risultati produttivi sono buoni: 35 kg in media per capo, «merito anche del fatto che negli anni, non potendo ampliare la mandria per il vincolo dei robot, abbiamo selezionato i capi migliori, oltre che quelli con maggior facilità di mungitura».
Peccano leggermente - ma non potrebbe essere altrimenti - i grassi, fermi a quota 3,3%, mentre le cellule sono su valori ottimali: 200mila. In questo caso, continua Giuliano Rossi, «il merito è del robottino di pulizia, che spazza continuamente il camminamento mantenendolo perfettamente lindo. Con l'introduzione di questo attrezzo, nel 2006, abbiamo fatto crollare drasticamente cellule e mastiti, oggi sotto il 10%. L'igiene è fondamentale e questa macchinetta fa un gran lavoro, come si può vedere dando un'occhiata alle corsie», (e lo si nota dalle foto che qui pubblichiamo).
Anche lo spingiforaggio
Terzo e ultimo aiutante meccanico è lo spingiforaggio, ovvero l'automa che a intervalli regolari passa davanti alla mangiatoia e spinge l'unifeed verso gli animali. «Lo abbiamo programmato perché faccia un giro ogni mezz'ora. Si potrebbe pensare che siano 20mila e passa euro buttati via, perché basta passare due o tre volte al giorno e avvicinare il foraggio. Ma non è così: i benefici di questa macchina si scoprono soltanto quando ce l'hai in stalla. Per cominciare, gli animali mangiano sempre e mangiano quando vogliono. Anche di notte, quando evidentemente nessun allevatore passa ad avvicinare l'unifeed. In questo modo mantengono equilibrato il pH del rumine e hanno molti meno problemi».
Altro aspetto fondamentale «è l'aiuto dato agli animali recessivi, per esempio quelli più giovani, che solitamente mangiano dopo le altre vacche e normalmente trovano il cibo più scadente. Grazie allo spingiforaggio anch'essi possono alimentarsi a volontà. Il risultato è che le vacche non mangiano di più, ma mangiano meglio e quindi producono più latte».
Mungitura, pulizia e gestione del foraggio: tre operazioni fondamentali che i fratelli Rossi hanno demandato alle macchine. Dunque che resta da fare all'uomo? «Ce n'è, mi creda. Controllare le vacche che non vanno a farsi mungere, vedere quelle ammalate o partorienti, senza contare il lavoro in campagna. Quando aumenteremo di altri 40 animali saremo impegnati al 100%. Ma certo grazie ai robot riusciremo a mandare avanti in due una stalla da 100 vacche e 50 ettari di terra».