Le ultime stime sulle semine dei cereali sembrano far presagire una campagna di produzione abbondante.
In generale per i cereali a paglia (frumenti e orzo) vengono previsti aumenti a doppia cifra mentre il mais dovrebbe stabilizzarsi – in Italia – intorno al milione di ettari, comunque in controtendenza rispetto alle precedenti campagne in cui tali superfici erano diventate un miraggio.
Raccolti, nelle previsioni, abbondanti inducono ad occuparci delle problematiche della conservazione.
Come abbiamo più volte avuto modo di affermare, lo stoccaggio occupa un ruolo strategico nella filiera cerealicola ponendosi come cerniera fra la produzione e l’industria. Se l’agricoltura è una “fabbrica a cielo aperto”, le strutture di conservazione possono “offrire un tetto” in cui gestire e mitigare eventuali problematiche difficilmente contenibili in campo e offrire così un prodotto maggiormente rispondente alle esigenze della trasformazione.
Perché ciò possa avvenire occorre affrontare il tema della conservazione dei cereali come ogni altra attività imprenditoriale: con adeguate strutture, conoscenze e professionalità.
L’Italia, anche in questo campo, è lunga ed è difficile generalizzare. In linea di massima ci sembra però che, almeno nelle zone maggiormente vocate, si faccia strada la consapevolezza che l’applicazione di corrette tecniche, oltre che ormai obbligate da un contesto normativo stringente, possano significare anche maggiori soddisfazioni economiche e proteggere da amare sorprese.
Check point in accettazione
La miglior assicurazione contro gli imprevisti di campagna sono la raccolta delle informazioni in pre-raccolta e i controlli in accettazione. Specie se mirati.
A questo proposito, con particolare riferimento alla problematica del rischio contaminanti, la capillare rete tecnica territoriale che molte strutture vantano deve essere sfruttata al meglio per co-struire un “quadro di campagna” il più accurato possibile.
I modelli previsionali di stima del rischio sono senz’altro di aiuto ma difficilmente possono sostituire l’occhio del tecnico che conosce da anni la propria zona in persone e pratiche agronomiche.
L’evoluzione tecnologica, con sempre nuove apparecchiature per analisi rapide, può costituire un valido aiuto sia per conoscere la reale qualità dei cereali raccolti che per poter costituire partite omogenee per qualità o segregare lotti problematici in attesa di verifica e destinazione.
Le opportunità della differenziazione
Poter mantenere separate le partite è però un “lusso” che non tutti i centri possono permettersi. Ciò è possibile solo in impianti appositamente progettati e dotati delle necessarie attrezzature di movimentazione e contenimento. Conoscere le caratteristiche qualitative di ogni singolo conferimento e poi scaricare tutto in un unico magazzino è pratica frustrante e inutile. Purtroppo diffusa in impianti vetusti.
Lo stesso dicasi nel caso in cui non sia possibile o agevole intervenire durante la conservazione per contenere eventuali problematiche di temperatura/umidità o infestazioni.
Qui tocchiamo uno dei principali ed eterni problemi: la necessità di cospicui investimenti economici possibili e giustificabili solo se si intende e si vuole affrontare la conservazione in chiave imprenditoriale e non come pratica accessoria o “male necessario” ad altre attività aziendali.
Il successo, negli ultimi anni, di pratiche alternative – quali i silobags – alla conservazione in strutture fisse è in qualche modo giustificabile dall’ovvia economicità ma anche dalla maggiore “elasticità” di utilizzo plasmabile alle esigenze della produzione.
L’economicità dei sacconi
L’esperienza e il buon senso insegnano però che i “sacconi” esprimono al massimo le loro potenzialità quando inseriti in centri specializzati – di cui amplificano le potenzialità – condotti con rigore e attenzione tecnica.
Nel nostro Paese la conservazione è operata, con una certa differenziazione in base alle zone geografiche e alla loro storia di sviluppo economico, da una pluralità di soggetti: consorzi, cooperative, commercianti, singoli agricoltori e industria di trasformazione.
Ogni operatore, soprattutto se “istituzionale”, ha poi sovente più centri di raccolta sparsi nel suo territorio operativo.
Piccolo non è più bello
Se la diversità è di per sè un valore, ciò molto spesso conduce a problemi di polverizzazione degli impianti pensati per favorire la vicinanza al centro di piccole aziende con piccoli quantitativi e forse meno in chiave di efficienza economica.
Tanti porti, molto spesso in naturale competizione, non sempre garantiscono il miglior riparo dal mare, spesso mosso, del mercato delle commodities.
Di una cosa siamo certi, per fare qualità in campo cerealicolo non si può prescindere dai centri di stoccaggio e conservazione.
Solo attraverso investimenti importanti si potranno sostituire impianti obsoleti con strutture in grado di soddisfare le esigenze degli agricoltori all’epoca dei raccolti da una parte e l’industria di trasformazione dall’altra.
Sollevare un problema non significa risolverlo ma, certamente, per raggiungere l’obiettivo dell’ammodernamento degli impianti, in pe-riodi di crisi, potrebbe non essere sufficiente la capacità imprenditoriale degli operatori.