La tendenza a intensificare gli impianti, affermatasi già da tempo nel melo e proseguita nel pero, da qualche anno influenza decisamente anche la coltivazione delle drupacee. Così, oltre al pesco ad alta densità (circa 1.000 piante/ha) e al ciliegio ad altissima densità (fino a 6-7.000 p/ha), oggi si assiste all’introduzione di frutteti più intensivi (1.500-1.700 p/ha) anche nella coltivazione dell’albicocco e del susino.
Impianti di susino ad alta densità sono in via di diffusione soprattutto in alcune aree intensamente coltivate del Nord Italia (ad es. nella pianura romagnola), realizzati impiegando portinnesti standard (Mirabolano) e varietà a raccolta medio-tardiva, vigorose e produttive come la cultivar Angeleno (foto 1).
L’intensificazione degli impianti deriva dalla necessità di ridurre la fase improduttiva e incrementare le rese, con conseguenti vantaggi economici in termini di rientro dei capitali e riduzione dei costi di produzione. Nel susino cino-giapponese questo è possibile grazie alle nuove forme di allevamento mutuate da altre specie (come il fusetto del pesco); alla messa a punto di accurate tecniche di potatura (particolarmente importanti gli interventi “al verde”); alla disponibilità di piante preformate in vivaio e alla diffusione di tecniche colturali più sofisticate (es. fertirrigazione).
Forme classiche: vasetto e palmetta
Le forme di allevamento tipiche del susino, adatte agli impianti di bassa e media densità (500-700 p/ha), sono il vasetto e la palmetta.
Il vasetto è una forma diffusa soprattutto nelle aree collinari e pedecollinari vocate alla coltivazione del susino. Essa consente di eseguire la potatura e la raccolta interamente da terra e comporta costi ridotti per l’assenza di strutture di sostegno. Le distanze d’impianto variano da 4,5 a 6 m tra le file e 3-4 m sul filare, in relazione al portamento (espanso o assurgente) e alla vigoria della cultivar e del portinnesto.
Le principali operazioni da eseguire per giungere alla formazione del vasetto consistono, al momento della messa a dimora degli astoni, nel scegliere l’asse centrale provvisorio e 3-4 rami anticipati da mantenere per impostare le future branche; i restanti rami vanno eliminati e la cima alleggerita. Nel primo e secondo anno (foto 2) non si prevedono particolari interventi di potatura, tranne l’eliminazione dei germogli troppo vigorosi o mal posizionati. Nell’inverno tra il secondo e terzo anno si esegue un primo intervento per fermare la crescita dell’asse centrale e favorire lo sviluppo in volume della chioma; mentre con la potatura verde si asportano i succhioni in eccesso. Dopo le raccolte del terzo o quarto anno, secondo lo sviluppo della pianta, si elimina l’asse centrale (deviandolo su una branca laterale) e la forma in volume è così completata (foto 3).
In seguito, con la potatura di produzione, si garantisce l’equilibrio vegeto-produttivo delle piante tramite raccorciamento e tagli di ritorno su legno vecchio e l’asportazione di rami misti in eccesso.
La palmetta è una forma di allevamento che richiede strutture di sostegno (pali e fili) consigliabile in condizioni di buona fertilità del terreno e disponibilità idrica elevata; situazioni tipiche delle aree di pianura (foto 4). Le distanze d’impianto variano da 4,5 x 3 a 4 x 2 m, in funzione dell’habitus vegetativo e della vigoria della cultivar.
All’impianto dell’astone, che deve essere provvisto di rami anticipati basali, ben sviluppati, s’individuano quelli che costituiranno il primo palco di branche, mentre vanno asportati i rami in eccesso concorrenti all’asse centrale e alla prima impalcatura. Durante il primo e secondo anno si compiono tagli di sfoltimento dei rami al fine d’indirizzare la forma, favorendo quelli ben posizionati e sviluppati (formazione delle branche principali e secondarie); inoltre si procede alla pulitura delle cime per favorire la crescita delle branche principali e del leader centrale. La potatura al terzo anno si limita a sfoltire i rami misti vigorosi in soprannumero e posti nella parte ventrale delle branche e a raccorciare le branchette secondarie per regolare la carica dei frutti.
Quest’ultima operazione prosegue con la potatura di produzione, che va indirizzata su rami misti di buon vigore, allo scopo di mantenere un adeguato rinnovo vegetativo della pianta evitandone così l’invecchiamento.
Forme intensive: fusetto e sistema a “V”
La necessità di anticipare il più possibile la fase di piena produzione ha stimolato lo sviluppo di tecniche d’impianto e gestione alternative a quelle classiche, realizzando frutteti a medio-alta densità. Questo ha determinato lo sviluppo di nuove forme di allevamento adatte allo scopo, come il fusetto e la forma a “V”, che si stanno diffondendo in alcune aree frutticole a elevata specializzazione.
Il fusetto si propone come alternativa alla palmetta nella creazione di una parete produttiva in aziende già dotate di carro raccolta. Per realizzare questa forma occorre partire da astoni accuratamente preparati in vivaio, alti fino a 2,5-3 m e ricchi di rami anticipati. Le distanze sulla fila possono variare, in funzione della cultivar, da 1,2 a 1,5 m, mentre tra le file sono di 4,5-5 m, con investimenti che possono arrivare fino a 1.800 piante/ha. È essenziale la presenza di un impianto di fertirrigazione per fare fronte puntualmente alle esigenze idrico-nutrizionali dei numerosi rami e germogli, piuttosto esili ma molto vitali (foto 5).
La struttura scheletrica del fusetto è costituita da un palco basale di 4-5 branche disposte omogeneamente fra loro a un’altezza di circa 70-90 cm. È importante che queste branche siano posizionate in modo da non intralciare le macchine per la raccolta e il diradamento (il primo palco deve essere collocato sotto la piattaforma più bassa del carro raccolta). Al di sopra del palco basale viene mantenuta la parte centrale dell’astone, facendo sì che si rivesta di branchette fruttifere disposte in maniera alternata in modo da favorirne l’illuminazione; su queste branchette verranno a trovarsi le formazioni fruttifere: rami misti, brindilli e dardi (foto 6).
Al fine di raggiungere velocemente la fase di piena produzione, si consiglia di adottare la potatura “a tutta cima”, tecnica che presuppone il rispetto della cima intervenendo “al verde” per favorire lo sviluppo dei rami che andranno a costituire lo scheletro della pianta completamente formata.
Negli anni successivi il rinnovo della vegetazione è realizzato con raccorciamenti e speronature sulle branchette in via di deperimento.
Il sistema a “V” è una forma derivata dal fusetto, realizzata mettendo a dimora astoni in posizione leggermente inclinata verso l’interfilare (15-20° rispetto alla verticale) alternativamente in senso opposto lungo il filare (foto 7). Le distanze d’impianto sono simili al fusetto (4 x 1,5 m) e l’impianto richiede l’impiego di pali e fili.
Gli interventi di potatura si limitano all’asportazione dei germogli troppo vigorosi o mal posizionati, raccorciamento delle branchette fruttifere troppo sviluppate e rinnovo delle stesse con taglio di ritorno. Molto importante anche per questa forma di allevamento è il materiale vivaistico di partenza, che deve essere costituito da astoni ben sviluppati in altezza (almeno 2 m) e provvisti di rami anticipati ben posizionati lungo l’asse centrale.
Costi a confronto
L’intensificazione del frutteto pone alcune riflessioni in termini di costi d’impianto e gestione dello stesso. Per questo in tabella si riportano i costi di messa a dimora e del primo anno di coltivazione concernenti due diverse tipologie d’impianto: uno a bassa densità (440 piante/ha) allevato a vasetto e l’altro ad alta densità (1.550 p/ha) impiantato a fusetto; entrambi rilevati in un’azienda di pianura (cv Angeleno su portinnesto Mirabolano) situata in provincia di Ravenna.
Si può notare come i costi d’impianto e di primo anno siano decisamente più elevati nell’azienda con impianto intensivo a fusetto (circa 35.800 €/ha), rispetto a quella che adotta la forma tradizionale in volume (quasi 12.300 €). Tale differenza si deve in particolare ai minori costi di acquisto e gestione delle piante nel sistema a vasetto, che ammontano a circa 5.500 € per ettaro contro gli oltre 12.200 € spesi nell’impianto più intensivo allevato a fusetto. Da evidenziare, inoltre, come quest’ultimo sia dotato di rete antigrandine (tipica degli impianti frutticoli ad alta densità) che incide per quasi 16.900 € sui costi d’impianto.
(*) Centro ricerche produzioni vegetali