Le difficoltà dei produttori di pesche e nettarine vanno contestualizzate all’interno di un problema complessivo che interessa la frutticoltura mediterranea: il punto critico non è tanto la diminuzione del consumo di frutta, quanto la sostituzione di alcuni frutti con altri, prodotti negli stessi Paesi europei (uva da tavola, fragole, piccoli frutti, angurie, meloni) o importati da Paesi extraeuropei (frutta tropicale, in primo luogo).
Il Breeding
In una situazione di ristagno o diminuzione dei consumi di pesche e nettarine, solo in parte causati dalla crisi economica, ma anche da un cambiamento delle scelte dei consumatori europei, solo le innovazioni possono aiutare a recuperare il momento difficile e a contrastare efficacemente la concorrenza di altre produzioni frutticole e di altri Paesi (Fideghelli, 2011). L’innovazione varietale, tra tutte le innovazioni, è la più dinamica ed è quella più facilmente trasferibile.
Ogni anno, nel mondo, vengono introdotte circa 100 nuove varietà di pesche (60%) e nettarine (40%), licenziate per tre quarti da cinque Paesi (Stati Uniti, Italia, Francia, Cina e Spagna) (Della Strada e Fideghelli, 2009). Un’indicazione delle varietà maggiormente importanti per l’Italia viene dal progetto Mipaaf-Regioni “Liste di orientamento varietale dei fruttiferi” che, nel 2011, elenca 93 cultivar, 48 delle quali selezionate in Italia, 33 negli Stati Uniti e 14 in Francia (Foschi et al., 2011). L’analisi delle Liste varietali 2011 consente di confermare che le cultivar adatte agli ambienti meridionali sono nettamente più numerose di quelle consigliate per le aree settentrionali (44 pesche contro 31,35 nettarine contro 24, 13 percoche contro 5) e ciò favorisce i peschicoltori del Sud che hanno a disposizione una più ampia gamma di scelta.
Il recente miglioramento genetico di alcuni breeder spagnoli ha messo a disposizione dei peschicoltori meridionali alcune serie di varietà di pesche (Plagold, Plawhite) e di nettarine (Zincal, Viowhite, GAR) a basso fabbisogno in freddo e di buona qualità che consentono di produrre, in coltura protetta, già da metà aprile e, in pieno campo dall’inizio di maggio.
Spazio a nuovi sapori
Negli ultimi anni è molto aumentata la diversificazione della tipologia commerciale: accanto alle categorie tradizionali (pesche, nettarine, percoche, polpa gialla e polpa bianca) si sono affermate nuove categorie (sapore dolce, equilibrato, acidulo), frutto piatto e, in prospettiva, polpa sanguigna. Le varietà a sapore dolce (fino a 8 meq di acido malico/100 ml di succo), grazie alla positiva risposta dei mercati alla nettarina Big Top, sono sempre più numerose e apprezzate dai consumatori e andrebbero commercializzate con indicazioni chiare affinché l’acquirente le possa distinguere dalle cultivar equilibrate (da 8 a 12 meq/100 ml) e da quelle acidule (più di 12 meq/100 ml). Da qualche tempo si presta maggiore attenzione rispetto al passato al valore del °Brix, il cui livello, perché il consumatore percepisca una buona qualità, deve essere superiore a 10, meglio se 11-12 e più.
La pesca piatta Stark Saturn, costituita negli Stati Uniti da F. Hough e C. Bailey nel 1980, ha rivoluzionato la coltivazione delle pesche piatte in Europa per le sue caratteristiche innovative di produttività, colore della buccia, consistenza della polpa e resistenza al cracking, conservando l’eccellente qualità gustativa delle pesche piatte, già nota dove questo tipo di pesca era tradizionalmente coltivato (Sicilia in Italia, Murcia in Spagna). Saturn è stata ampiamente utilizzata dai breeder europei e praticamente tutte le nuove pesche e nettarine piatte diffuse negli ultimi anni derivano direttamente o indirettamente dalla pesca Stark Saturn. La serie UFO (pesche) e la serie Platinet (nettarine) sono tra le più note di questa tipologia e derivano dal miglioramento genetico italiano.
I portinnesti
Un’innovazione molto importante riguarda i portinnesti (Fideghelli et al., 2009; Massai e Loreti, 2009; Moreno, 2009; Robinson et al., 2009; Simard, 2009), oggi rappresentati da una gamma di genotipi che consente di variare la dimensione delle piante (dai vigorosi GF677, Garnem, Penta, ai deboli Isthara, Rootpack40), migliorare la colorazione dei frutti (Isthara, PSA5, Adesoto 101, ecc.), migliorare la pezzatura dei frutti (Adesoto 101, PSA5, Isthara, ecc.), anticipare la maturazione (Tetra, Isthara, MrS 2/5, ecc.), ritardare la fioritura e la maturazione (Barrier 1), aumentare il contenuto zuccherino dei frutti (PSA5, MrS 2/5), controllare parassiti dell’apparato radicale e del colletto (nematodi galligeni, Armillaria, fitoftora, agrobatterio, ecc.).
Evoluzioni nella coltivazione
Anche la tecnica colturale è in positiva evoluzione e la potatura meccanica non è più un’ipotesi accademica e applicata solo a livello sperimentale. Il vaso catalano (Monserrat e Iglesias, 2011; Giovannini et al., 2010), in particolare nella fase di allevamento, si giova della potatura meccanica per eseguire i ripetuti interventi di topping. Nella fase adulta, oltre al topping, si esegue meccanicamente anche il controllo laterale (hedging).
Più recente e ancora applicato a livello sperimentale è il diradamento meccanico dei fiori eseguiti con l’attrezzatura Darwin (Asteggiano et al., 2011). Tutte le prove confermano la validità della tecnica che consente la riduzione del 40-60% del tempo di diradamento manuale che resta, comunque, indispensabile. La forma di allevamento ideale per l’utilizzo della diradatrice Darwin è la parete verticale (palmetta, fusetto), ma anche la parete inclinata (forma ad Y) si presta bene al suo utilizzo. Dati recenti dagli Stati Uniti dimostrano che anche nelle forme in volume è possibile ridurre significativamente i tempi complessivi per il diradamento dei frutti.
È noto che le varietà precoci si giovano della incisione anulare praticata sul tronco per anticipare la maturazione e per migliorare la pezzatura dei frutti. In Italia i vari tentativi di applicazione di questa tecnica sono sempre falliti a causa della forte incidenza di malattie che si insediano e penetrano attraverso la ferita. Una tecnica meno invasiva, ma che consente analoghi vantaggi in termini di anticipo di maturazione e di aumento della dimensione dei frutti, è la “costrizione” anulare che si ottiene stringendo un nastro di plastica intorno al tronco, posizionato a gennaio e rimosso alla raccolta.
Infine, la coltura protetta: oltre che per anticipare la maturazione delle cultivar precocissime, ha una prospettiva interessante per le varietà tardive; prove sperimentali hanno dimostrato che consente un ottimo controllo della mosca mediterranea e della monilia, due malattie sempre più difficili da combattere (De Salvador e Fideghelli, 2004). La tecnica è particolarmente valida per la coltivazione biologica, ma i vantaggi sono tali che può essere interessante anche per la coltivazione integrata.
L’autore è del Cra-Fru,
Centro
di ricerca per la frutticoltura, Roma