Il direttore generale di Unaprol-Consorzio olivicolo italiano Nicola Di Noia, traccia una visione d’insieme su alcune delle tematiche cruciali che interessano il comparto olivicolo.
Pnrr e decreto da cento milioni per l’ammodernamento dei frantoi oleari. Ritiene sia una misura adeguata?
«È certamente un segnale positivo per il settore. Ma l’olivicoltura necessita di interventi di sostegno strutturali importanti non solo relativi alla fase di trasformazione, ma anche per la parte agricola, di stoccaggio e conservazione. Abbiamo bisogno, per esempio, di tecnologie moderne per preservare la qualità distintiva dei nostri oli. Ammodernare i frantoi significa anche creare ambienti ricettivi adatti ad accogliere turisti. L’oleoturismo, che da poco ha la sua legge, deve crescere come l’enoturismo».
Un suo commento sulla recente operazione Verum et Oleum che ha scoperchiato un vasto sistema di possibili frodi nel settore oleario.
«Come Unaprol riteniamo che siano necessarie pene severe e certe per evitare che le pratiche sleali possano demolire la nostra cultura olivicola millenaria. Concordo con il presidente Unaprol David Granieri che per riuscire a vincere questa lotta sia indispensabile il coinvolgimento della gdo. Sul fronte europeo condivido l’urgenza di restringere i parametri di classificazione dell’evo. Dobbiamo tutelare chi produce olio di qualità».
Quali le priorità per l’olivicoltura italiana?
«Aumentare la produzione italiana e incrementare la redditività di olivicoltori e frantoiani, garantire una costanza produttiva, tutelare la biodiversità, lavorare per creare cultura e consapevolezza al consumo».
Cultura e consapevolezza al consumo sono gli asset del progetto Evooschool che la vede coinvolto. Di cosa si tratta?
«La Fondazione Evooschool Italia nasce per volontà di Coldiretti per formare i consumatori sulle differenze tra un olio di qualità e uno scadente. Promuovere quindi la conoscenza e la ricerca relative ai benefici salutistici dell’olio evo e delle olive da tavola. I corsi si rivolgono anche a produttori e professionisti. Evooschool, in collaborazione con istituti agrari e università, è impegnata nel creare figure professionali in grado di supportare le aziende olivicole nel migliorare la qualità produttiva e la comunicazione del proprio valore aggiunto. Siamo i primi che hanno lanciato un Its agro biennale sulla filiera olivicola-olearia. L’anno prossimo avremo i primi venti ‘evologi’ specializzati interamente su olio, tecniche di produzione, trasformazione e marketing».
Ci parli dell’Igp “Olio di Roma” e di “Palatinum”.
«l’Igp “Olio di Roma” riguarda 316 Comuni del Lazio è una realtà che abbiamo seguito negli anni e che oggi ha una valenza importante e impattante sul mercato: un valore economico di quasi 52 milioni di euro. La novità dell’ultimo anno è la gestione di Unaprol, unitamente a Op Latium e Coldiretti Lazio, degli ulivi del Palatino. Ci prendiamo cura di circa 200 piante di olivo del parco archeologico del Colosseo occupandoci della loro potatura, della raccolta delle olive, trasformazione e imbottigliatura. Si tratta di patrimonio olivicolo strettamente collegato a quello archeologico e culturale. Il progetto ha l’obiettivo di recuperare il patrimonio olivicolo in un luogo unico al mondo e costruire un percorso culturale che punti al riconoscimento dell’olio di qualità. L’olio si chiama “Palatinum”».
Veniamo al dramma Xylella. Il piano regionale anti Xylella è sufficiente per eradicare la malattia?
«La Xylella è un problema enorme che stiamo sottovalutando. Ad oggi sono milioni le piante morte e la Xylella avanza inesorabile: ha distrutto l’olivicoltura del Salento, più del 40% della superficie olivicola pugliese è cancellata e avanza verso il nord di Bari, quindi verso il cuore dell’olivicoltura nazionale. Il piano è solo uno degli strumenti per contenerla. Tutto il mondo olivicolo si deve unire per studiare soluzioni. Come Unaprol stiamo sostenendo, tra le altre cose, sia progetti di supporto al Cnr di ricerca sulle cultivar resistenti sia progetti sperimentali di monitoraggio satellitare per una individuazione precoce della malattia. La scienza ha un ruolo determinante per trovare la cura e soprattutto cultivar resistenti. Dobbiamo salvare il patrimonio degli ulivi secolari, non abbiamo più tempo. Una pianta di 30 anni, per quanto ci faccia soffrire, può essere sostituita, una pianta di mille anni non è sostituibile».
Quali interventi si possono fare?
«L’innesto con il leccino è una pratica che stiamo facendo e che ha un›alta probabilità di riuscita nel mettere in sicurezza la pianta se l›innesto viene fatto da professionisti prima che questa si ammali. È una prassi complessa e spesso impaurisce i produttori che non vogliono capitozzare per una questione estetica ed economica. Dobbiamo pertanto incentivare e sostenere economicamente i produttori nel compiere questa operazione e nella gestione successiva della pianta, che può durare diversi anni. Gli ulivi secolari hanno un importante valore paesaggistico e ambientale, prima ancora che produttivo».
A riguardo la regione Puglia aveva stanziato 5 milioni di euro, ma siamo in ritardo sia nell’istruttoria che nelle nuove ripubblicazioni del bando. Sarebbe auspicabile che la regione accelerasse il processo autorizzativo di erogazione degli aiuti a sostegno di questa misura, per mettere gli agricoltori nelle condizioni di fare l’innesto e salvare il patrimonio olivicolo, soprattutto dell’area degli ulivi monumentali, dove gli ulivi sono parte integrante del paesaggio e richiamano il turismo evoluto. Se non fermiamo la Xylella nelle terre pugliesi diventerà un problema nazionale e internazionale. Tutti gli olivicoltori toscani, liguri, campani, ecc, devono sostenere la ricerca e queste operazioni di contenimento. Gli alberi malati purtroppo devono essere eradicati senza indugi affinché la malattia non si diffonda ulteriormente. Non averli abbattuti all’inizio ha lasciato correre la Xylella».
Cosa non ha funzionato all’inizio?
«In Puglia si è dato ampio spazio ai negazionisti che hanno creato ancora più dubbi. A differenza di otto anni fa abbiamo l’evidenza, ed è micidiale. Mentre i primi anni potevamo avere un minimo di titubanza perché era la prima volta che avevamo a che fare con un batterio del genere sull’olivo, ora non abbiamo più scuse. Il Salento, purtroppo, dovrebbe essere lo spauracchio per tutti gli altri. Non è così, c’è ancora una grande sottovalutazione del problema che è agricolo, turistico, paesaggistico e ambientale. Parliamo tutti di sostenibilità, ma quanta CO2 stiamo riemettendo con tutti gli olivi morti? Questo problema non deve riguardare il singolo agricoltore che custodisce temporaneamente la proprietà della pianta, ma interessare tutta l’opinione pubblica e il nostro Paese. Servono azioni concrete».
Un invito alla politica?
«La regione Puglia non può rimanere sola, questo è un problema nazionale. Dobbiamo lavorare con tutte le regioni e con il ministero per rimettere al centro efficaci politiche di sostegno per l’emergenza Xylella, che non significa solo una maggiore dotazione di risorse, ma una spesa mirata delle risorse per fermare realmente la malattia e far ripartire quei territori colpiti».