Olive da olio, in Italia produzione in aumento del 15%, ma non basta. Clima determinante

    olive da olio
    Delusione per un'annata che si pensava migliore. Puglia locomotiva con un incremento produttivo del 38%, male al Centro e al Nord. In rialzo i prezzi dell'olio evo, in calo l'export

    C'è delusione nel settore olivicolo italiano per le prime stime produttive dell'annata 2021 elaborate da Ismea e Unaprol. Confermate le 315mila tonnellate di olive da olio già prospettate a settembre. Un aumento del 15% rispetto al 2020, ma comunque un volume al di sotto delle aspettative per una stagione che avrebbe dovuto essere di “carica” e soprattutto del potenziale olivicolo italiano. A condizionare la produzione sono stati in gran parte fattori climatici, la siccità in particolare. In crescita i prezzi per via di una produzione 2020 scarsa ma in calo l'export, soprattutto per gli effetti della pandemia.

    Guardando oltre i confini nazionali, le prime stime produttive attestano i volumi della campagna 2021/22 a 3,1 milioni di tonnellate, risultato di due situazioni molto differenti dentro e fuori la Ue. Il dato comunitario (-3%) risente della flessione stimata in Spagna, la prolungata mancanza di precipitazioni ha fatto passare le aspettative da “molto buone” a “mediocri” con un volume che potrebbe scendere a 1,3 milioni di tonnellate, il 7% in meno rispetto alla campagna precedente.

    Non è andata meglio alla Grecia che con 235 mila tonnellate stimate segna una flessione del 14%. In crescita, invece, la produzione del Portogallo che potrebbe salire a 120 mila tonnellate (+20%).

    Diversa la situazione fuori dai confini comunitari dove, complessivamente, si potrebbe superare il milione di tonnellate grazie ad un’ottima annata in Tunisia con una produzione stimata in 240mila tonnellate (+71%) e della Turchia: 228mila tonnellate (+9%). Intanto cresce molto anche il settore olivicolo in Marocco la cui produzione, nel 2021, potrebbe raggiungere la soglia delle 200mila tonnellate (+25%).

    Fattori climatici determinanti

    L'analisi Ismea sottolinea come i fattori climatici siano stati determinanti nel contribuire alla perdita di produzione. Le gelate primaverili, la siccità estiva e la frequente alternanza di caldo freddo non ha favorito l’ottimale sviluppo vegetativo degli oliveti. Le alte temperature estive e l'assenza prolungata di precipitazioni hanno ulteriormente aggravato la situazione in tutti gli areali italiani, soprattutto in quelli non provvisti di impianti irrigui.

    La situazione per aree geografiche è molto eterogenea e, pur con differenze importanti anche a livello di zone contigue, dalle indicazioni disponibili emerge un incremento produttivo al Sud, tale da indurre il segno positivo sull’intera produzione nazionale. A trainare la ripresa è sicuramente la Puglia dove il +38% su uno scarso 2020 non soddisfa certamente i produttori.

    Nelle province settentrionali la raccolta è partita in ritardo rispetto allo scorso anno ed è per questo che ancora sussiste un buon grado di incertezza soprattutto rispetto alle rese che, nelle prime moliture, sono apparse inferiori alle medie. A fare la differenza è stata soprattutto la possibilità di irrigare perché solo a ottobre e nelle prime settimane di novembre le piogge sono intervenute a riequilibrare la situazione e a favorire lo sviluppo delle drupe. Discorso diverso al sud della regione dove la situazione resta difficile nelle aree colpite da Xylella nonostante l’entrata in produzione di alcuni nuovi impianti. Intanto le operazioni di raccolta stanno subendo dei ritardi anche di due o tre settimane per il posticipo della maturazione. In alcune aree anche le continue piogge impediscono di entrare in campo.

    Scarica il report completo sul settore olivicolo

    In Calabria (+9%) si stima un segno positivo sebbene più contenuto rispetto a quello pugliese. Si prospetta una buona annata anche in Sicilia dove la maggior produzione è da imputare alla normale alternanza e al clima favorevole durante l’allegagione. Le attese sono state un po’ ridimensionate dalla siccità accompagnata al persistere di alte temperature arginate, laddove possibile, dalle irrigazioni di soccorso. Le precipitazioni di settembre e ottobre sono risultate quindi provvidenziali anche se hanno inciso negativamente sulle rese in olio.

    Anche in Abruzzo le piogge autunnali hanno ridato vigore alle olive che si stimano in quantità superiore allo scorso anno così come in Basilicata e Molise. Rispetto al resto del Sud, la Campania ha una produzione stimata inferiore all’anno passato.

    Male il Centro dove per Toscana, Umbria e Marche, si attendono riduzioni importanti. Il Lazio sembra essere la regione di quest’area che ha resistito meglio, mentre al Nord l’annata è da considerarsi pessima sotto il profilo quantitativo. In Liguria si stima, infatti, un calo del 30% ma in altre regioni la produzione sembra più che dimezzata rispetto allo scorso anno.

    Produzione di olive da olio nelle regioni italiane (tons)
    Fonte: Ismea su dati Agea dichiarazioni di produzione dei frantoi per 2020; *stime Ismea-Unaprol per il 2021

    Variabilità produttiva che fa perdere competitività

    Guardando i risultati degli ultimi dieci anni, si osserva un'estrema variabilità produttiva da un anno all'altro e una graduale riduzione della produttività anche negli anni considerati di carica. Dalle 506mila tonnellate del 2012, livello più alto del decennio, alle due pessime annate del 2014 e 2018 (con una produzione rispettivamente di 222mila e 175mila tonnellate), passando per recuperi produttivi deludenti anche negli anni di carica.

    Negli ultimi anni, in particolare, le oscillazioni produttive sono andate oltre la fisiologica alternanza scontando eventi climatici avversi e fitopatie a cui non sempre si è fatto fronte in modo efficace.

    L'eccessiva variabilità produttiva crea scompensi nel mercato  - scrivono gli analisti dell'istituto di Viale Liegi - perché da un lato mina la stabilità del reddito dei produttori, dall'altro rende difficile, ad esempio, la programmazione degli acquisti di prodotto italiano da parte dell'industria di imbottigliamento esponendo il settore al ricorso sempre più massiccio alle importazioni. Da considerare anche il tema dell’aumento dei costi che non è sempre andato di pari passo a quello dei ricavi comprimendo sempre più il reddito dei produttori.

    Olive da olio, in Italia produzione in aumento del 15%, ma non basta. Clima determinante - Ultima modifica: 2021-12-15T12:00:49+01:00 da Simone Martarello

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