Non solo Leccino e Fs-17 (o Favolosa), anche altre varietà di olivo mostrano caratteri di resistenza/tolleranza al batterio Xylella che in Puglia ha già fatto seccare milioni di olivi. È quanto ha comunicato Donato Boscia, responsabile della sede di Bari dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp) del Cnr alla 2ª Conferenza europea su Xylella fastidiosa tenuta ad Ajaccio (Corsica).
Boscia: «Contro Xylella individuare forme di resistenza genetica»
Con una relazione su “Ulteriori acquisizioni sulla risposta di un grande numero di cultivar di olivo alle infezioni causate da Xylella fastidiosa subsp. pauca ceppo ST53” (https://www.youtube.com/watch?v=RZPVmV-wZ5o&feature=youtu.be) Boscia ha infatti aperto nuove speranze nella lotta al batterio grazie ai risultati delle sperimentazioni in corso nel Salento.
«Per contrastare il ceppo del batterio Xylella fastidiosa che tanti danni ha provocato all’olivicoltura salentina manca ancora una cura sperimentalmente verificata ed economicamente sostenibile. In sua assenza si sta faticosamente cercando una soluzione individuando qualche forma di resistenza genetica, che ha già portato a individuare due varietà resistenti: Leccino ed Fs-17 o Favolosa».
Tre linee di ricerca sulla resistenza al batterio
Nel testare la resistenza di diverse cultivar di olivo al ceppo salentino del batterio sono state sviluppate tre linee di ricerca: 1. indagini di campo nella zona infetta per valutare le cultivar Coratina, Frantoio, Kalamata, Fs-17, Leccino, Ogliarola salentina e Cellina di Nardò in oliveti commerciali e per cercare piante asintomatiche; 2. valutazione di un alto numero di cultivar in campi sperimentali, per cercare piante Xylella free in un’area con alta pressione di inoculo; 3. valutazione di un elevato numero di cultivar testate in serra con piante in vaso inoculate artificialmente con il batterio.
Prima linea di ricerca: confermata suscettibilità di Coratina a Xylella
«I risultati emersi dalla prima linea di ricerca nei campi commerciali attraverso le analisi di laboratorio – ha informato Boscia – hanno in primo luogo confermato che Ogliarola salentina e Cellina di Nardò manifestano sintomi severi e dimostrato che anche Coratina e Kalamata presentano sintomi molto gravi. Gli esiti della ricerca hanno inoltre rivelato che la cultivar Frantoio mostra sintomi attenuati, hanno confermato che Leccino accusa sintomi molto leggeri e verificato che Fs-17 mostra ugualmente sintomi molto leggeri. È stato quindi dimostrato, in particolare, che la cultivar Coratina, molto diffusa in Puglia, soprattutto nelle province di Barletta-Andria-Trani e Bari, è molto suscettibile al batterio, cioè incapace di resistere all’attacco del patogeno».
Seconda linea di ricerca: in alcune varietà bassa percentuale di piante sintomatiche
La seconda linea di ricerca si è basata su due campi sperimentali, che vantano più di tre anni di osservazioni: il campo del progetto di ricerca Efsa impiantato nel 2015 con 8 cultivar e quello del progetto di ricerca POnTE impiantato nel 2016 con 19 cultivar. «Il primo ha mostrato la più bassa incidenza delle infezioni nella cultivar Leccino, sebbene dopo quattro anni abbia superato il 50%; invece nessuna delle altre cultivar testate, cioè Coratina, Arbequina, Arbosana, Koroneiki, Cima di Melfi, Frantoio e Cellina di Nardò, ha mostrato una simile bassa incidenza, anzi tutte hanno palesato disseccamenti molto pronunciati.
Il secondo campo sperimentale ha valutato 19 cultivar esposte a infezione naturale: dopo quattro anni la percentuale di infezione è drasticamente aumentata in tutte le cultivar, tranne che in Leccino; è interessante comunque notare che alcune cultivar, pur essendo infette, hanno mostrato una bassa percentuale di piante sintomatiche, evidenziando quindi livelli diversi di resistenza: esse sono Toscanina, Termite di Bitetto, Maiatica, Dolce di Cassano, Oliastro e Nocellara Etnea. Riguardo invece alle prove in serra stiamo valutando più di 100 cultivar, ma è ancora troppo presto per esprimere giudizi definitivi».
Promettenti caratteri di resistenza/tolleranza, ma nessuna cultivar migliore di Leccino
In conclusione, ha detto Boscia, «l’indagine sul campo ha confermato le precedenti osservazioni e fornito nuove prove di suscettibilità. Nessuna delle 27 cultivar esposte in condizioni di pieno campo a 3-4 anni di pressione di inoculo naturale ha dimostrato di essere immune. Alcune cultivar hanno mostrato promettenti caratteri di resistenza/tolleranza, tuttavia nessuna di esse si è dimostrata migliore della cultivar di riferimento, la Leccino».
… ma perché anziché finanziare l’eradicazione (molto più costosa) non viene finanziato l’innesto con le cultivar resistenti (sicuramente meno costoso) e cerchiamo di monitorare e salvare almeno gli alberi secolari e che oltre ad essere caratteristici del nostro territorio sono anche patrimonio dell’Unesco?
Oltre al fatto che la desertificazione del territorio porterà danni irreversibili non solo all’agricoltura ma anche al settore turistico e al suo indotto… (ristorazione; strutture ricettive ecc.. ecc..).
Forse non hanno preso in considerazione questa alternativa?
Roma discute e Sagunto brucia!
VERGOGNA!
Mi sembra che non sia tanto il 50 per cento delle piante non secche. Meglio investire in ricerca.
Parlando di innesti se il portainnesto sintomatico viene innestato con una varietà resistente questa secca comunque? In zona Ceglie Messapica mi dicono che sono stati fatti dei tentativi su piante d’alto fusto che dopo pochi anni sono seccate