Le sementi rappresentano il primo anello della filiera agroalimentare ma troppo spesso ci si dimentica tutto quello che c’è dietro la costituzione di un seme. Assosementi, come ci ha spiegato il direttore Alberto Lipparini, si sta impegnando a comunicare l’importanza di una ricerca genetica sostenibile e dell’impiego di seme certificato.
Stiamo finalmente uscendo da un periodo di pandemia e conseguente lock down. Che cosa ha comportato l’emergenza Covid-19 per l’agricoltura e il comparto sementiero?
«L’aspetto positivo, se così lo si può definire, del coronavirus, - spiega Lipparini - è quello di aver riacceso i fari sull’agricoltura evidenziandone la centralità così come le criticità. Al di là dell’iniziale disorientamento nell’ambito dei trasporti, infatti, l’agricoltura non si è mai fermata e anche il comparto delle sementi ha sempre garantito la sua efficacia. Un discorso a parte deve essere fatto per il florovivaismo che invece ha subito pesanti danni. Per fortuna le risposte delle istituzioni sono sempre state abbastanza rapide e questo ha evitato ulteriori problemi. Dopo qualche incertezza iniziale, la realizzazione di “corridoi verdi” ci ha garantito anche gli scambi con l’estero».
Tecnologie di evoluzione assistita
Al di là del miglioramento degli aspetti qualitativi e quantitativi delle produzioni, c’è la necessità di disporre di un patrimonio genetico in grado di dare risposte importanti anche al cambiamento climatico. A che punto siamo con l’introduzione di biotecnologie sostenibili che garantiscono nuove opportunità e competitività al settore?
«L’attività di ricerca, assieme alla produzione e alla commercializzazione, è uno dei settori chiave del settore sementiero e rappresenta il primo passo per fornire all’agricoltore sempre materiale innovativo che gli permette di rimanere competitivo. Oggi per il miglioramento genetico si usano le Tea (Tecnologie di evoluzione assistita) a basso impatto e di elevata efficacia. Purtroppo dopo il pronunciamento della Corte di giustizia europea del luglio 2018 queste nuove tecnologie stanno subendo forti limitazioni all'impiego essendo state di fatto equiparate alle tecniche ogm. Genome editing e cisgenesi sono dunque le tecnologie sulle quali oggi si lavora per un miglioramento genetico rapido, efficace e sicuro, che in pratica si basa sull’accelerazione dei processi naturali. Bloccare in Europa queste tecnologie vorrebbe dire mandare in crisi tutto il sistema comunitario, perdere di competitività e rimanere subalterni di quelle nazioni che già oggi utilizzano questi strumenti per disporre di sementi innovative».
Una delle grosse battaglie che Assosementi sostiene da sempre è quella della “legalità”. Il seme certificato, come si sa, rappresenta una sicurezza per l’agricoltore che se investe in seme garantito riesce a ottenere produzioni di qualità. Come si sta muovendo Assosementi a sostegno di questa opportunità?
«Assosementi difende il seme certificato, che oltre tutto è obbligatorio per legge nelle colture di pieno campo, ma anche le sementi orticole sono certificate e garantite dalle aziende produttrici. La tracciabilità deve partire dal seme. La nostra intenzione è quindi quella di sostenere la filiera come parte attiva garantendo la tracciabilità anche a monte dell’agricoltore che utilizza seme certificato. L’uso di questo, oltre tutto, permette alle ditte sementiere di avere un ritorno dell’investimento nella ricerca. Per realizzare una nuova varietà occorrono 10-12 anni e impegno di capitali. Non dimentichiamoci che i sementieri investono in ricerca circa il 15% delle entrate. Non tutti sanno queste cose e noi dobbiamo imparare a comunicarlo con efficacia».
Prenotazione di seme biologico
Il biologico sta rapidamente crescendo ma gli agricoltori si lamentano della mancata disponibilità di sementi bio, e si va avanti con le deroghe… Cosa si sta facendo per cercare di velocizzare la disponibilità di queste sementi?
«Il biologico rappresenta un’annosa questione. La deroga nell’uso di seme biologico ha permesso di far partire la certificazione bio ma allo stesso tempo ha anche ridotto la disponibilità di seme biologico non essendoci interesse a produrlo. Assosementi non fa parte del tavolo del biologico ma intende comunque fornire il proprio contributo. Chiaramente il seme biologico deve garantire una certa resilienza alle colture che non possono essere trattate con prodotti chimici di sintesi e su questo ci dobbiamo impegnare. Abbiamo lavorato e stiamo lavorando con Federbio sulla banca delle sementi biologiche. Purtroppo però molti produttori biologici guardano alla banca dati per vedere come ottenere la deroga e non tanto per trovare il seme biologico, che ovviamente costa di più. Una soluzione, a cui stiamo lavorando, potrebbe essere l’introduzione di una “prenotazione” per evitare che il seme biologico prodotto rimanga invenduto, in funzione della concorrenza del seme convenzionale derogato».
Spesso l’agricoltore crede di sapere tutto sulle sementi ma non sempre è così. Comunicare cosa c’è dietro alla produzione del seme non è facile né tanto meno è facile far capire le opportunità che ci sono dietro la scelta di una semente di qualità. Come si può intervenire e recuperare questo gap di comunicazione?
«Comunicare è la nostra priorità e poter disporre periodicamente di uno spazio fisso su Terra e Vita ci può essere di grande aiuto. Dobbiamo far sapere come lavoriamo anche per quanto riguarda la ricerca. Gli utilizzatori della semente devono conoscerla bene e sapere cosa c’è dietro per apprezzarne tutte le caratteristiche e le qualità. La nostra comunicazione è soprattutto B2B ma è importante informare anche il cittadino che poi è quello che fa opinione. La rubrica in particolare dovrà però aiutarci a far crescere la consapevolezza dei nostri referenti diretti».
Grosse opportunità dalla Pac
Terminiamo con un accenno alla Pac. La nuova Pac è foriera di nuove opportunità ma bisogna saperle cogliere. Qual è la posizione di Assosementi?
«La Pac rappresenta per l’agricoltura e anche per il comparto sementi una grossa opportunità. Siamo d’accordo sulla ulteriore svolta green e riteniamo il piano Farm to Fork una grossa opportunità. Siamo però abbastanza preoccupati su come dovranno essere raggiunti gli obiettivi dello stesso. Vogliamo sostenere l’innovazione e intendiamo evitare che i metodi utilizzati possano creare problemi a tutto il comparto».