Nel 2023 le superfici coltivate a cereali in Italia hanno raggiunto i 2,3 milioni di ettari, con una crescita del 5% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, l’impiego di seme non certificato per alcune specie come il frumento duro resta vicino al 50%, con il risultato di minacciare la tracciabilità e la qualità dei raccolti di una coltura che dà origine a un fiore all’occhiello del Made in Italy come la pasta.
A rivelarlo è un’elaborazione di Assosementi sulla base di dati ufficiali Istat e Crea-Dc. L’associazione che rappresenta le aziende sementiere italiane, alla vigilia delle semine cerealicole 2023, ha lanciato il Vademecum per il cerealicoltore, per ricordare quali sono le disposizioni oggi in vigore e gli aspetti da tenere a mente quando si desidera re-impiegare seme del proprio raccolto per una successiva semina in azienda.
Una produzione importante
A guidare la classifica delle province leader oggi nella produzione cerealicola sono Foggia con 260mila ettari, Palermo con 98mila, Potenza con 93mila, Ferrara con 68mila e Matera con 65mila.
«Il seme certificato è il fulcro di un sistema produttivo orientato alla qualità, ha dichiarato Eugenio Tassinari, presidente di Assosementi. La certificazione garantisce agli agricoltori l’alta germinabilità e sanità del seme impiegato e la tracciabilità del raccolto. Le semine di cereali autunno-vernine sono ormai imminenti e in questa fase cruciale il nostro settore vuole sensibilizzare gli agricoltori sui vantaggi nella scelta del seme certificato e sui rischi che comporta il reimpiego di seme aziendale, dal punto di vista produttivo e legale»
Un circolo virtuoso
Il quadro legislativo che interessa le sementi è molto articolato e include aspetti che spaziano dalla fase di immissione in commercio, alle norme fitosanitarie e di sicurezza per le sementi conciate, sino a quelle che regolano la proprietà intellettuale. Nel caso l’agricoltore impieghi seme ufficialmente certificato, tutti questi aspetti sono automaticamente soddisfatti. Nel caso invece decida per il reimpiego aziendale, utilizzando quindi la granella del raccolto della campagna precedente, ci sono diversi aspetti e verifiche da condurre per evitare brutte sorprese.
«Così come dal seme nasce una nuova coltura, con l’impiego della semente certificata si sviluppa un circolo virtuoso di cui beneficiano in primo luogo la coltura stessa e il produttore, poi la specifica filiera e l’industria alimentare che utilizza quella determinata materia prima» ha concluso Tassinari.