A livello mondiale una recente analisi ha stimato che, su cinque principali colture agrarie (grano, riso, mais, patata e soia), le perdite causate da attacchi patogeni sono tra il 20 e il 40% della produzione. Il panorama si complica ulteriormente se si considerano i sempre più frequenti fenomeni meteorologici estremi e la diffusione accidentale di nuovi patogeni, che tendono a diventare endemici trovando nuove condizioni ambientali cui si aggiunge la mancanza di prodotti fitosanitari di controllo.
In questo scenario, lo sviluppo di nuove varietà resistenti agli organismi nocivi e stress ambientali è sempre più urgente. Per accelerare questo processo è fondamentale sviluppare conoscenze sui sistemi di interazione pianta-patogeno, identificare con precisione i meccanismi alla base delle strategie che le piante mettono in atto per rispondere alle condizioni avverse e studiare tutta la variabilità già presente in natura in piante selvatiche ed ecotipi locali.
Oggi, a disposizione di chi si occupa dello sviluppo di nuove varietà vegetali potrebbero già esserci anche le Tea (Tecniche di evoluzione assistita), con cui è possibile inserire la singola mutazione desiderata nella nuova varietà anziché trasferire, come avviene nel breeding classico con incrocio e selezione, intere parti di Dna che spesso portano purtroppo anche caratteri indesiderati. Le Tea potrebbero accelerare notevolmente lo sviluppo di varietà con resistenze sia a patogeni che a condizioni ambientali avverse, mantenendo così stabili le produzioni e riducendo l’apporto di fitofarmaci.
Anteprima di Terra e Vita 37/2024
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In moltissimi Paesi al di fuori dell’Europa l’utilizzo di queste tecniche è già ampiamente diffuso, con importanti risultati che già hanno raggiunto il commercio o uno stadio avanzato di ricerca, tra cui ad esempio frumento con resistenza ad oidio o soia resistente alla siccità.
Per capire l’importanza di introdurre resistenze nelle piante coltivate, basti pensare che a oggi il 13% delle produzioni mondiali di frumento, il cereale più consumato al mondo dopo il riso, sono perse a causa di malattie fungine, nonostante l’uso di fungicidi.
L’utilizzo di resistenze genetiche permette, da un lato di avere produzioni con minori residui di fitofarmaci, con un’elevata qualità del prodotto, a vantaggio della sicurezza alimentare, dall’altro, di ridurre i costi di produzione per gli agricoltori. I casi in cui le Tea potrebbero accelerare questo processo o addirittura renderlo possibile, perché non fattibile con incrocio e selezione, sono moltissimi.
L’Europa sarà in grado di cogliere i benefici di questa innovazione? Al momento il dibattito per stabilire come regolamentare i prodotti Tea è in corso e non sembra che a breve si possa raggiungere un accordo che accontenti tutti i Paesi dell’Unione. I laboratori di ricerca in Italia sono oggi all’avanguardia e sono già scesi in campo con prodotti innovativi quali riso resistente al Brusone o vite resistente alla peronospora. Bastano regole chiare e introdotte possibilmente in tempi rapidi, per permettere all’Europa di rimanere competitiva, garantendo quella sostenibilità delle produzioni che la contraddistingue nel panorama mondiale.
di Silvia Giuliani
Responsabile ricerca e fitosanitario di Assosementi