Sono 614 mila gli ettari investiti oggi a mais in Italia, il punto più basso di una lunga tendenza flessiva che ha portato le superfici destinate a questa coltivazione, fondamentale per il settore zootecnico, a ridursi del 40% negli ultimi 20 anni. È quanto emerge dall’ultimo numero di “Tendenze” dell’Ismea relativo ai settori del mais, soia e orzo.
Nel 1999, infatti, la coltivazione del mais in Italia interessava oltre 1 milione di ettari e garantiva una produzione di circa 10 milioni di tonnellate, coprendo quasi il 90% del fabbisogno nazionale. Oggi produciamo poco più di 6 milioni di tonnellate - più precisamente 6,2 nel 2018 - con un livello di importazioni più che quadruplicato rispetto a 20 anni fa. La nostra dipendenza dall’estero è aumentata esponenzialmente, passando dall’11% all’inizio del nuovo millennio al 47% nel 2017.
Clima peggiore ed elevati costi di produzione
Le motivazioni del progressivo abbandono di questa coltura vanno ricercate innanzitutto nelle condizioni climatiche sempre meno favorevoli e negli alti costi di produzione che hanno spinto molti agricoltori a prediligere la soia, un’alternativa spesso più remunerativa rispetto al mais.
Nello stesso periodo infatti la produzione di soia è aumentata di quasi il 20%, crescita che comunque non ha consentito di soddisfare la crescente domanda interna il cui fabbisogno ha portato a un aumento dei flussi di quasi l’80% in 20 anni.