Le trattative per l’intesa sui prezzi ai produttori del pomodoro da industria nel Centro-Sud, per l’annata 2024, sono in fase di stallo. L’attuale punto morto nel confronto tra organizzazioni agricole e industriali trasformatori non è una novità, rispecchia anzi la tradizione di accordi che negli ultimi anni sono stati firmati a giugno, a trapianti già effettuati, tranne nel 2023 quando non è stato firmato alcun accordo e si è lasciato che fosse il mercato a definire i prezzi per il tondo e per il lungo.
Cia: «Pomodoro da industria, intesa in tempi brevi!»
Ma l’attuale attendismo scontenta gli agricoltori, afferma il presidente di Cia Agricoltori Italiani di Capitanata, Angelo Miano, che lancia un appello per il raggiungimento di un’intesa in tempi brevi sui prezzi del tondo e del lungo da riconoscere ai produttori.
«Occorre superare questa fase di stallo nelle trattative e trovare quanto prima un accordo sul valore che la parte industriale deve riconoscere ai produttori. Un’intesa che garantisca la giusta redditività agli agricoltori, tenendo presenti i costi di produzione che, come certificato da uno studio del Crea, al Sud sono molto più alti rispetto al Nord. Per decidere di trapiantare è giusto e necessario che i produttori abbiano un minimo di certezze, visto che devono già accollarsi i rischi costituiti da siccità, eventi climatici estremi e crescenti difficoltà nel trovare manodopera». Per il presidente di Cia Puglia e vicepresidente nazionale di Cia Agricoltori Italiani, Gennaro Sicolo, «occorrono unità d’intenti e buon senso. Da questo punto di vista molto importante è l’atteggiamento delle industrie conserviere. Se sono disposte a riconoscere ai produttori un prezzo equo, allora sarà possibile scongiurare il rischio del calo delle superfici coltivate e di una minore produttività, che non gioverebbero a nessuno e danneggerebbero l’intera filiera».
Coldiretti Puglia: «Contratti e prezzi adeguati»
I trapianti sono già in corso, ma non esistono certezze per i produttori pugliesi di pomodoro da industria per la campagna 2024. Perciò, sostiene il presidente di Coldiretti Puglia Alfonso Cavallo, a maggior ragione sono necessari contratti e prezzi remunerativi per gli agricoltori.
«A fronte degli elevati costi di coltivazione, delle incognite climatiche, come la siccità, e fitosanitarie, delle incertezze internazionali, ogni azienda valuta con attenzione la superficie che investirà a pomodoro, non essendoci riferimenti rispetto ai prezzi che potranno essere corrisposti dall’industria».
La difficile situazione del comparto viene aggravata dalla crescente importazione di concentrato di pomodoro dalla Cina, denuncia Cavallo.
«È soprattutto un problema italiano, che distorce la concorrenza. Il concentrato importato arriva a “pesare”, in termini di prodotto fresco, a seconda delle campagne, dal 10 al 25% della produzione nazionale di pomodoro da industria. Si tratta di un mare di pomodoro proveniente da un paese dove le regole produttive, fitosanitarie, ambientali, etiche non sono quelle italiane ed europee, da territori saliti spesso alla ribalta per lo sfruttamento delle minoranze e dei prigionieri politici. Nel 2023 si è registrata una forte crescita delle importazioni di concentrato cinese anche nel resto dell’Ue, secondo dati di Eurostat negli altri 26 paesi Ue sarebbero in sostanza raddoppiate. È perciò necessario estendere a tutti i 27 paesi Ue l’obbligo di indicare l’origine (luogo di coltivazione) del pomodoro utilizzato nei derivati, obbligo in vigore in Italia grazie all’azione di Coldiretti, e adottare il principio di reciprocità delle regole Ue economiche, ambientali, etiche, anche per i prodotti importati, bloccando l’ingresso del prodotto che non le rispetta».
Anicav: «Necessario un contratto più cogente»
Per il momento non c’è alcun accordo con la parte agricola nel bacino Centro-Sud per la gestione della campagna di trasformazione 2024, conferma il direttore generale di Anicav (Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali), Giovanni De Angelis.
«L’industria ha posto come elemento prioritario e imprescindibile del tavolo di trattativa la necessità di definire un contratto di fornitura del pomodoro più cogente che evitasse le geometrie variabili registrate negli anni passati. Relativamente al prezzo del pomodoro deve essere chiaro che quello pagato in Italia, in particolare al Centro-Sud, è da sempre il più alto al mondo. Siamo consapevoli che esistono, nell’area meridionale, diseconomie che vanno a incidere sul prezzo, legate in parte a problemi infrastrutturali, che andrebbero affrontate in una logica di filiera e sulle quali siamo pronti e disponibili a lavorare insieme alla parte agricola per cercare di superarle. Non possiamo, però, non evidenziare che - come risulta anche dallo studio sui costi di produzione che Anicav ha commissionato al Crea, il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari, e presentato lo scorso novembre nel corso della nostra assemblea annuale “Il Filo Rosso del Pomodoro” – al Sud i costi medi di alcuni fattori produttivi sono più elevati rispetto al Nord: non si comprende perché, ad esempio, il costo medio per l’acquisto di sementi e piantine al Sud sia più alto di circa il 50% rispetto a quello del Nord e quello per i fitofarmaci arrivi addirittura a essere più caro del 60%. Sarebbe troppo semplice scaricare questi maggiori costi sulle industrie di trasformazione e, quindi, sul consumatore finale senza cercare in nessun modo di superare tali inefficienze. In un contesto sempre più globalizzato come quello in cui le nostre imprese operano, risulta prioritario, sia al Nord sia al Sud, cominciare a lavorare per un riequilibrio dei prezzi tenendo ben presente quanto accade negli altri paesi nostri competitor a livello mondiale».