Riso, annata positiva dopo tanta sofferenza

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    C’è fiducia per la campagna 2024 in campo e sui mercati. Dopo una partenza stentata a causa delle piogge primaverili, due mesi di tempo stabile hanno fatto il miracolo e le risaie si presentano in buone condizioni alla mietitura

    Alla vigilia di una nuova campagna di raccolta, che dovrebbe prendere il via in questi giorni, ma che in qualche area è già iniziata, i risicoltori guardano al futuro con speranza e ottimismo. Il che li rende probabilmente il gruppo di cerealicoltori più invidiati d’Italia, viste le acque agitate in cui navigano i colleghi. Ma tant’è: di fronte a produzioni che si preannunciano perlomeno discrete e a una domanda vivace, che dovrebbe mantenere alti i prezzi almeno per i primi mesi di commercializzazione, sarebbe illogico, da parte loro, non nutrire speranze su una stagione tutto sommato soddisfacente.

    Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita

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    Premesse negative

    Una stagione che, certamente, si va a chiudere meglio di come era iniziata: con un forte – talvolta fortissimo – ritardo nelle semine, dovuto essenzialmente alle piogge continue di primavera, che hanno impedito la preparazione del terreno. Un problema che ha riguardato in particolare chi fa semina in asciutta. Ossia, principalmente, i risicoltori delle province lombarde (Pavia, Lodi, Milano) mentre in Piemonte (Vercelli, Novara, Biella e Alessandria) la tradizionale semina in acqua è ancora prioritaria. Quest’anno, tuttavia, sono stati in molti a tornare indietro, anche in Lombardia, rispolverando ruote in ferro e spandiconcime (attrezzo d’elezione per la semina in acqua).

    A causare il dietrofront, per l’appunto, il maltempo primaverile, che ha impedito la preparazione del terreno, ma non la semina in sommersione. Dando, anzi, un indubbio aiuto all’allagamento delle risaie. Anche l’aumento di superfici per il 2024, già segnalato dal bilancio preventivo di Ente Risi, è in parte da addebitare al maltempo: non potendo seminare mais, girasole o soia per le continue piogge, molti agricoltori delle zone vocate hanno ripiegato sul riso, anche in rispetto al vincolo di superficie minima legato alle misure del Psr.

    Le semine, comunque, si sono fatte in netto ritardo: da una a due settimane nel Vercellese, molto di più in Lombardia, dove si ha notizia di campagne seminate a fine giugno, ovvero oltre un mese dopo il normale termine per questa attività. Coltivazioni che a fine dell’estate sono dunque poco oltre la fioritura, con un concreto rischio di mancata fecondazione, in caso di temperature eccessivamente basse, o comunque di essiccamento precoce, a cariosside non ancora formata.

    La trebbiatura dovrebbe iniziare a pieno ritmo dal 25 settembre, ma qualche produttore ha già messo in campo le mietitrebbie

    Convenzionale ok, bio ko

    Fortunatamente, ci spiegano i risicoltori, dopo un avvio così maldestro, a partire da luglio la stagione si è raddrizzata. Complici temperature alte ma non altissime, costanti per oltre 60 giorni e soprattutto sfruttando le abbondanti scorte d’acqua presenti nei laghi, è stato possibile portare a termine la campagna in modo più o meno normale. Con un certo ritardo di maturazione, poiché se il riso richiede 140 giorni di ciclo non si può pretendere che maturi in 120, ma in generale senza gravi danni. A eccezione, naturalmente, dei terreni seminati oltre la metà di giugno, per i quali resta molta incertezza. E, fatta eccezione anche per la risicoltura biologica, che ha faticato notevolmente a contenere le infestanti e anche gli attacchi fungini, essendole quasi totalmente precluso il ricorso alla chimica.

    Siamo comunque arrivati alle porte di una mietitura che inizia con circa dieci giorni di ritardo sui tempi canonici, aspetto che non dovrebbe comportare grosse conseguenze negative. Al contrario, il ritardo nella raccolta potrebbe determinare un rialzo delle quotazioni fin dalle prime settimane di commercializzazione, in quanto, a differenza degli agricoltori, le riserie lavorano secondo scadenze ben precise e contratti di consegna da rispettare. Per esse, una scarsa disponibilità di prodotto a fine settembre rappresenta indubbiamente un problema.

    La grande disponibilità idrica ha favorito la semina in acqua e aiutato a raddrizzare un’annata partita male a causa delle continue piogge

    Buone prospettive

    Sul fronte dei prezzi, le premesse sono dunque buone. Perché le scorte delle riserie sono basse, di risone in giro non ce n’è quasi più e, per l’appunto, quello in campagna non arriverà in cascina prima di fine settembre, ovvero parecchio dopo le previsioni d’inizio anno. Tutto questo, ovviamente, fa pensare che le quotazioni, almeno per la prima parte di campagna, saranno vivaci. I primi contratti siglati, anche detti pre-contratti, confermano le previsioni. Secondo quanto ci dicono dall’Associazione Piemontese Risicoltori (150 soci piemontesi e lombardi, per un totale di circa 40mila tonnellate gestite), i Tondi si scambiano già a 45 euro per quintale, con punte di 55 per il Selenio, mentre gli Indica si attestano sui 50 euro, al pari del Lungo A, e le varietà da interno superano i 60. Ci sono anche alcuni casi interessanti, come il Cammeo, un Indica divenuto improvvisamente difficile da trovare e dunque scambiato, con prodotto ancora in risaia, a oltre 65 euro, e il Diva, un Lungo A che ha conosciuto un momento di notorietà nel 2023, grazie anche alla tolleranza al Provisia, ed è stato copiosamente seminato a primavera. Si attende, dunque, di conoscerne la quotazione, non essendo una varietà tradizionale né particolarmente richiesta.

    L’anomalo 2023

    Alcune tendenze di prezzo sono influenzate dall’andamento delle quotazioni per la campagna 2023. Che fu, a dire il vero, piuttosto anomala. Contrariamente al normale, infatti, partì molto forte, per rallentare durante l’inverno e riprendere poi tra primavera ed estate. Quest’ultima impennata è in linea con i trend degli anni passati e si giustifica con la carenza di prodotto, mentre il boom iniziale ha pochi precedenti e trova forse spiegazione nella scarsità di risone stoccato presso le riserie nell’autunno 2023, anche a causa di importazioni minori del previsto.

    Una situazione in cui potrebbe aver avuto parte l’azione dei ribelli Houthi nel mar Rosso. Non a caso fu proprio il gruppo Indica (spesso oggetto di import massicci) a registrare gli aumenti maggiori nello scorso autunno, con scambi partiti da 40 euro al quintale e arrivati fino ai 60 di luglio 2024. Andamento anomalo anche per i Tondi, con quotazioni di 50 euro a ottobre 2023, salite fino a 60 (65 €/q per il Selenio) e piombate, dopo un lungo stop invernale, a 45 euro nella tarda primavera. Meno dinamico il mercato delle varietà da interno, con avvio di campagna a 50 euro per i gruppi Carnaroli e Arborio e una chiusura attorno a 70 euro in piena estate 2024.

    Risicoltori speranzosi

    D’obbligo, alla luce di questi dati, chiedere ai diretti interessati – ovvero gli agricoltori – come giudicano la campagna che si sta concludendo. O avviando, a seconda dei punti di vista. «È stata una stagione strana, iniziata con un paio di settimane di ritardo a causa delle piogge. A un certo punto, abbiamo dovuto decidere che varietà sacrificare, non essendo possibile seminarle tutte in tempi compatibili con un corretto ciclo vegetativo», spiega Simone Perazzo, che con la famiglia coltiva cento ettari di riso a Olcenengo, provincia di Vercelli.

    «Fortunatamente, la stabilità meteorologica dei mesi successivi ci ha permesso di fare i trattamenti necessari e ora, alla raccolta, le campagne si presentano pulite e, apparentemente, con un prodotto di buona qualità. Lo raccoglieremo non prima di fine settembre, almeno dieci giorni dopo il solito, ma se non ci saranno troppe piogge non dovrebbe essere un problema. Semplicemente, finiremo attorno al 10 novembre anziché, come negli anni precedenti, per Ognissanti».

    Nel novarese il ritardo iniziale è stato recuperato grazie alla semina in acqua. «Visto il cambiamento climatico non ci si può affezionare a una tecnica. La semina in asciutta è comoda e dona maggior libertà sul controllo delle infestanti – spiega Giovanni Chiò, risicoltore e presidente di Confagricoltura Novara –. Ma se non è praticabile, dobbiamo essere pronti a tornare rapidamente alla semina tradizionale. La quale nel nostro territorio, quest’anno, è aumentata almeno del 20% e ci ha permesso di assorbire il ritardo nelle lavorazioni. Un agosto caldo ha poi fatto il resto, per cui già a metà settembre sono iniziati i primi raccolti, con rese non eccezionali, ma comunque buone».

    Anche le patologie sono state presenti ma non invasive. «Abbiamo avuto principalmente Fusariosi a inizio ciclo e mal del collo verso fine estate – racconta Chiò –. Il clima ci ha comunque permesso di fare i trattamenti e contenere gli attacchi. D’altra parte, ha danneggiato fortemente alcune aziende, con grandinate anche devastanti. Purtroppo le compagnie assicurative quest’anno liquidano danni soltanto fino all’80%. È necessaria un’azione da parte governativa per incentivare le assicurazioni agevolate, unica garanzia per le imprese».


    1Scommessa sugli ibridi

    Piero Pedrazzini

    «I prezzi sono buoni, la stagione molto meno». Piero Pedrazzini, risicoltore di Pavia, sintetizza così una campagna indubbiamente anomala. Soprattutto per chi era ormai abituato alle semine in asciutta. «In molti sono corsi a cercare i vecchi attrezzi per seminare in acqua, visto che l’asciutta era improponibile», scherza al telefono. «Fortunatamente – aggiunge – l’abbondanza di acqua dovrebbe scongiurare i rischi di eccessivo assorbimento del cadmio da parte delle varietà più sensibili».

    Lui, da anni, per le se risaie ha fatto una scelta ben precisa: soltanto ibridi. «Sono risi di varietà Indica, con un seme molto più costoso del normale, ma che richiedono un investimento a metro quadrato molto inferiore e hanno una produttività superiore ai risi comuni. Estremamente superiore, in caso di stress idrici o termici. In carenza d’acqua, per mia esperienza, rendono almeno il doppio di un Indica tradizionale». A rendere speranzoso il risicoltore pavese sono le premesse del mercato: «Il fatto che si siano seminati meno ettari di Indica e che le importazioni siano diminuite fa pensare che il prezzo resterà sui livelli del 2023».


    2Biologico in affanno

    Paolo Calvi

    Se, pur con difficoltà, la risicoltura convenzionale è riuscita a tenere puliti i campi e a portare il prodotto fino alla raccolta, lo stesso non sempre si può dire, purtroppo, per chi si è convertito al biologico. Come Paolo Calvi, giovane coltivatore di Gaggiano (Mi), bio dal 2016. «Questa non è un’annata dignitosa – ci dice sconsolato – perché è mancato l’inverno e con esso la possibilità di coltivare l’erbaio con cui precediamo la semina del riso».

    La tecnica, ci spiega, prevede per l’appunto un erbaio come pacciamatura verde, con semina del riso sul medesimo, in asciutta. Si effettuano poi la distruzione della cover crop e l’immediata sommersione della risaia. «L’erbaio funziona da pacciamatura ed evita lo sviluppo di infestanti. Purtroppo la mancanza di un vero inverno ha impedito la sua crescita. Così abbiamo avuto grossi problemi con le infestanti: oltre al classico Giavone, vari tipi di Cyperus, che ci stanno dando molti danni». A questo punto, spiega, non resta che sperare in riassestamento del clima. «Settembre procede bene, ci auguriamo di avere un inverno normale, non secco ma senza eccessive piogge, per ripartire regolarmente a primavera 2025».


    3Seme certificato: +15% con l’obbligo Pac

    Giovanni Chiò

    Da 39.700 a quasi 50mila tonnellate. Numeri non del tutto ufficiali, ma praticamente definitivi. È l’incremento di seme certificato 2023-2024, ovvero lo scarto dovuto al primo anno di obbligo d’impiego per ottenere il contributo accoppiato della Pac. Interpolando i dati con le superfici (non definitive) diffuse da Ente Risi e con i dosaggi minimi imposti dal Ministero (DM 27/9/2023), si può stimare che circa un 20-25% dei risicoltori sia stato “costretto” ad abbandonare l’impiego di semente autoprodotta (o acquistata da qualche altro risicoltore, in una specie di mercato parallelo fortemente osteggiato dai sementieri). Numeri non enormi, ma comunque significativi.

    Il vincolo del pagamento accoppiato all’impiego di seme certificato ha dunque avuto l’effetto sperato. Ma sgradito a molti produttori, che vedono nell’obbligo di servirsi di seme acquistato per vie ufficiali l’ennesimo balzello da pagare alla burocrazia comunitaria. Soprattutto se, come denunciano alcuni, all’obbligo si abbina un subitaneo incremento dei prezzi. «In molti, qui in zona, autoproducevano il seme, anche per evitare rischi di portarsi in risaia i nematodi, che come sappiamo si propagano attraverso le sementi. Facevano analizzare il riso e, se era a posto, lo usavano in tranquillità. Con l’obbligo di acquistare seme, temo che i nematodi si diffonderanno ancora di più. Inoltre, guarda caso, i prezzi delle sementi sono schizzati alle stelle e per di più i quantitativi minimi imposti per decreto sono, spesso, ben superiori a quelli che comunemente si usavano in risaia», denuncia Piero Pedrazzini. Opinione non condivisa da tutti: altri produttori, da noi interpellati, giudicano gli aumenti di prezzo fisiologici. «Un aumento in ogni caso c’è stato. A mio parere, almeno del 15% sull’anno precedente. E concordo sul fatto che i quantitativi minimi siano da ripensare: non si può ragionare per macro-gruppi, si deve stabilire un quantitativo minimo per ogni varietà e pazienza se le varietà sono più di 100», ribadisce Giovanni Chiò.

    Riso, annata positiva dopo tanta sofferenza - Ultima modifica: 2024-09-24T09:38:33+02:00 da Roberta Ponci

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