Quando si pensa al latte, la mente corre a una ricca colazione o a un bel pezzo di formaggio. Tuttavia, una buona parte del latte prodotto quotidianamente non finisce nel bicchiere e neppure nella cagliata. Riceve invece diversi trattamenti, che lo trasformano in un ingrediente fondamentale per preparazioni alimentari dolci e salate. La stalla che descriviamo in queste pagine, come del resto molte altre della zona, cede il proprio latte a un polverizzatore, che lo trasforma premiandone le caratteristiche qualitative. La stalla in questione appartiene alla famiglia Dellarossa, allevatori della provincia di Cuneo.
Quattro generazioni in stalla
A Centallo, i Dellarossa fanno allevamento da ormai quattro generazioni, come ci spiega Luca, che fa parte delle nuove leve assieme al fratello Marco e ad Andrea, loro cugino, ancora studente ma che già dà una mano in campagna. «Ad avviare l’allevamento fu il mio bisnonno, Francesco, agli inizi del Novecento. Attraverso mio nonno, l’azienda è arrivata a Claudio e Massimo, rispettivamente mio padre e mio zio, e da qualche anno noi della quarta generazione ci siamo inseriti nella stalla e nei lavori agricoli».
Attualmente, la mandria è composta da circa 200 capi in lattazione. «Siamo un allevamento che crede molto nella genetica aziendale – spiega Luca – e investe in tal senso, utilizzando i migliori riproduttori mondiali per migliorare sempre più le prestazioni e le qualità della mandria».
Latte che finisce in polvere
La destinazione del latte prodotto è in parte diversa dall’usuale. L’azienda Dellarossa conferisce infatti il prodotto al caseificio Inalpi di Moretta (Cn), che fu tra l’altro il primo ad attuare una filiera per il latte, nell’ormai lontano 2010. Filiera della quale i Dellarossa fanno parte. «Fondamentalmente il prezzo che otteniamo, oltre a essere legato all’andamento di mercato, è composto da alcune quote variabili, in base sia a parametri quali benessere animale e sostenibilità, sia ai valori qualitativi del latte che produciamo. Pertanto, grassi e proteine condizionano direttamente il prezzo finale del nostro latte e per questo è molto importante, per noi, massimizzarli».
Cosa serve per fare un buon latte
Alla luce di questo, è ovvio che i Dellarossa dedichino ancor più attenzione alla qualità del proprio prodotto. «In effetti è così: cerchiamo di tenere alti grassi e proteine per ottenere il miglior prezzo possibile. Lo facciamo innanzitutto grazie alla genetica, ma essa sarebbe insufficiente se non fosse adeguatamente sostenuta da una corretta alimentazione».
Sono principalmente due le caratteristiche che i Dellarossa chiedono al mais da insilato: tanto amido e una fibra altamente digeribile. «L’amido serve per fare produzione, ma la qualità si ottiene soprattutto con la fibra. Se non è digeribile, deprime le caratteristiche del latte».
Per ottenere alimenti di qualità, la famiglia di allevatori cuneesi cura con grande attenzione la produzione agricola. A fianco della stalla troviamo infatti 90 ettari di terreno, coltivati in parte con medica, ma principalmente a seminativi annuali. «Dividiamo i terreni in due gruppi: irrigui e non irrigui. Su questi ultimi coltiviamo grano foraggero seguito da sorgo, sempre da insilare. Le aree irrigue, invece, sono dedicate al mais. Facciamo granella o pastone nei campi più lontani dall’azienda, mentre in quelli più vicini alterniamo loietto e mais di secondo raccolto. Che, tuttavia, è quasi un primo raccolto, in quanto insiliamo tutti i loietti, in modo da avere i campi liberi attorno a fine aprile e seminare il mais a inizio maggio».
Annata anomala
Questo, in un anno normale. Ma, come sanno benissimo i nostri lettori, il 2024 è stato tutt’altro che normale, anche in provincia di Cuneo. «Abbiamo iniziato le semine del mais in marzo, ma ci siamo fermati per il clima troppo rigido. Quei campi, tuttavia, hanno avuto un’ottima resa, in quanto a giugno, con il terreno ricco d’acqua e le temperature elevate, hanno visto una crescita del prodotto impressionante». Maggiori difficoltà per il mais messo a dimora in aprile. «Abbiamo seminato tra un temporale e l’altro, dando la precedenza ai terreni più drenanti. Così facendo, un processo che solitamente dura meno di dieci giorni si è protratto per tutto il mese e le maturazioni, di conseguenza, sono state scaglionate».
Anche più complessa la gestione dei secondi raccolti: «Come ho spiegato, trinciamo i loietti ad aprile e in gran parte siamo riusciti a farlo anche quest’anno. Tuttavia, subito dopo la raccolta è iniziato il lungo periodo delle piogge, che ci ha impedito di entrare in campo per settimane. Il loietto ha avuto il tempo di ricacciare e crescere, per cui abbiamo fatto un secondo taglio, raccogliendolo in rotoballe fasciate. Siamo così finiti a seminare il mais nella seconda metà di giugno, come terzo raccolto».
Un raccolto che, tuttavia, è arrivato a maturazione, sebbene ad autunno inoltrato, dopo aver subito forti venti, e ha dato una buona produzione. «Abbiamo trinciato dopo la metà di ottobre, ancora una volta tra una perturbazione e l’altra. Non ci era mai capitato di dover comporre una trincea pezzo dopo pezzo. Chiudendola, riaprendola e raccogliendo di volta in volta il mais arrivato alla giusta maturazione. Fortunatamente, al di là del disagio logistico, abbiamo fatto comunque buone rese».
Silo Extra ha funzionato
Per il secondo anno, i Dellarossa hanno utilizzato mais Silo Extra, la linea di Dekalb dedicata espressamente agli allevatori e che racchiude ibridi caratterizzati da elevato stay-green, buona produzione di amido e soprattutto alta digeribilità della fibra. Ovvero, i due aspetti principali ricercati dai proprietari. «Abbiamo seminato DKC5911 e DKC6492, entrambi facenti parte della linea Silo Extra. Abbiamo aderito a questo progetto in quanto lo scorso anno avevamo già utilizzato il DKC5911 e le analisi fatte sull’insilato avevano evidenziato un tasso di amido leggermente superiore alla media.
Anche quest’anno dovremmo avere un buon amido. Il mais infatti si presentava molto bene, con spighe piene e dotate di 21 ranghi. L’amido – prosegue Luca Dellarossa – per noi è fondamentale e averne una buona quota nell’insilato ci permette di ridurre l’uso delle farine di mais».
La razione, qui a Centallo, varia infatti in base alla produzione della campagna. «Solitamente usiamo un quantitativo di silomais che va dai 14 ai 16 kg per capo, in dipendenza anche da quello che producono i campi. Quest’anno, per esempio, avremo molto loietto, che fornisce fibra di qualità in abbondanza, per cui ridurremo un po’ il volume dell’insilato di mais, per non sovraccaricare le vacche, e forniremo l’amido tramite pastone o sfarinati. Ma, in ogni caso, avere amido e fibra digeribile è per noi fondamentale e questi mais della linea Silo Extra sembra proprio che garantiscano questo».
Produzione e digeribilità
«Il DKC5911 è un ibrido di classe 500 che coniuga ottimamente performance produttive, contenuto di amido e digeribilità della fibra», spiega Ivan Donelli, tecnico di zona per Dekalb. «Si tratta – prosegue – di un mais adatto sia a una semina tradizionale, con raccolto precoce che dia rapidamente spazio sia a un secondo raccolto, sia a una semina tardiva, come nel caso dei Dellarossa: allevatori puri, che gestiscono una bellissima azienda, in cui il ricambio generazionale sta dando grandi risultati in termini di attenzione alle novità e alla tecnologia».
La capacità di accumulare rapidamente amido, spiega Donelli, permette di ottenere un prodotto di alta qualità anche con un tempo vegetativo ridotto. «Sebbene seminato il 20 giugno e dopo due tagli di loietto, il DKC5911 dei Dellarossa ha prodotto 530 quintali per ettaro di trinciato fresco, con un 33% di sostanza secca e 35,25 % di contenuto in amido
Per determinate zone della provincia di Cuneo un ibrido con queste caratteristiche è ideale, perché coniuga produzioni di qualità e vantaggi gestionali per l’azienda zootecnica».