Produrre frutta e verdura in Italia costa almeno il 10% in più rispetto ad altri Paesi europei. Fra le criticità il costo del lavoro orario (13,7 €/ora contro i 9,4 €/ora della Spagna), dell’autotrasporto (1,6 €/km contro 1,22 €/km della Spagna), i giorni per esportare via nave (19 in Italia, 10 in Spagna, 7 nei Paesi Bassi) e il prezzo dell’energia (0,18 €/kwh). Dal punto di vista strutturale, le 491mila aziende del comparto sono di piccole dimensioni rispetto alla media Ue. L’organizzazione della produzione ortofrutticola in Op, sebbene in linea con i principali Paesi mediterranei (47% Italia, 52% Spagna, 45% Francia), è distante dai valori dell’area continentale (Paesi Bassi 95%, Belgio 86%). Altro tasto dolente è il farraginoso sistema burocratico.
Questo l’identikit del settore secondo il primo Rapporto Nomisma-Unaproa sulla Competitività del settore che peraltro è uno dei principali dell’agricoltura italiana, con una produzione in valore (dati 2013) di 12,8 miliardi di € (patate comprese) pari al 24% della produzione agricola nazionale.
Tre punti chiave - Il Rapporto individua tre punti chiave da affrontare: rilancio dei consumi, internazionalizzazione, semplificazione di normative e procedure. Vediamo nel dettaglio. Il calo dei consumi interni di prodotti ortofrutticoli freschi è un segnale preoccupante: 130,6 kg/anno contro i 148,2 del 2000, non più di 360 g/giorno (contro i 400 consumati nel 2000). Ben 500.000 t di frutta e verdura in meno consumate dagli italiani nel periodo 2000-2014, circa 18 kg pro capite in meno. Una tendenza negativa che necessita di una ri-educazione culturale prima di tutto.
Intanto cede anche l’export pari a 7,4 miliardi di € in valore (ortofrutta fresca e trasformata), il 21,8% rispetto al totale delle esportazioni agroalimentari, praticamente stazionario sul 2013 (+0,3%). Ma a livello mondiale la quota dell’Italia sull’export di ortofrutta nel 2004 era pari al 5,4%, nel 2014 è scesa al 3,8%, un terzo di quella della Spagna, che è al 10,3%.
Emergenze - Tra le emergenze da risolvere in fretta anche le differenti norme sull’utilizzo di prodotti fitosanitari tra paesi europei: «Serve un’armonizzazione della materia – ha spiegato Ambrogio De Ponti, presidente Unaproa –. Sia a livello comunitario che nazionale vi è una forte differenziazione delle prescrizioni contenute nei disciplinari che sta minando la competitività delle nostre aziende, incidendo notevolmente sui costi di produzione».