Il clima autunno-invernale (piogge frequenti in concomitanza di temperature non eccessivamente basse) è stato particolarmente favorevole alla moltiplicazione di Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA), tanto che già alla fine di febbraio si potevano notare gli essudati batterici che fuoriuscivano dai cancri formati nell’anno passato. Ciò porta a prevedere che la malattia si possa presentare in forma particolarmente virulenta nel corso della stagione appena iniziata. La sanità dell’impianto alla ripresa vegetativa, a partire dal “pianto”, dipende dall’oculata gestione agronomica e fitoiatrica attuata in precedenza. Il controllo settimanale dell’impianto consente di individuare precocemente le piante infette ed intervenire tempestivamente asportando le parti colpite da bruciare in loco.
Rame a rottura gemme
È opportuno anche fare ricorso alla chimica, intervenendo fin dalla fase di rottura gemme con applicazioni rameiche, per ridurre il potenziale di inoculo batterico ed evitare, quanto più possibile la comparsa delle infezioni primarie caratterizzate dalle caratteristiche maculature fogliari in primavera e fino alla estate. Pertanto, dall’inizio del pianto fino alla prefioritura è consigliabile intervenire a gemma cotonosa, prima di ogni evento piovoso, subito dopo il diradamento dei bottoni fiorali e la potatura verde se seguita da pioggia o comunque da prolungati periodi di bagnatura. Occorre, inoltre, avere l’accortezza, per l’impollinazione, di impiegare polline appositamente controllato esente da PSA.
Induzione di resistenza
È buona norma inoltre trattare gli actinidieti con tre-quattro applicazioni di acibenzolar-s-metile, a distanza di 10-15 giorni non appena sia disponibile un discreto apparato fogliare in grado di assorbire e traslocare efficacemente il prodotto per indurre nella pianta trattata, una discreta resistenza sistemica acquisita nei confronti del batterio.